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A lezione di conti in tasca con Annalisa Bruchi e Carlo D’Ippoliti

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La fatica ma anche l’essenza di una trasmissione quotidiana di economia è vivere la vita delle persone, passare dai mercati rionali a quelli internazionali, raccontare come l’economia globale condizioni la vita di tutti i giorni. È quello che fa ogni mattina su Rai Tre Annalisa Bruchi, coadiuvata da un giovane economista della Sapienza, Carlo D’Ippoliti. Ora Bruchi e D’Ippoliti hanno scritto insieme per Rai Libri un saggio, che prova fin dal titolo a rispondere a una domanda che ci facciamo da sempre: Ricchi o poveri?. Il soggetto, ovviamente, siamo noi italiani. La storia parla di noi.

Un tempo si diceva che l’Italia fosse un Paese povero abitato da ricchi. Infrastrutture superate, investimenti insufficienti in sanità, istruzione, formazione, debito pubblico sempre in aumento; ma consumi alti, grande risparmio privato, e capacità di quasi ogni cittadino di trasformarsi in imprenditore. È ancora vero?
Gli autori calano la loro analisi nella contemporaneità.

Da Erdogan a Trump, e da Orbán a Putin e Xi Jinping, sembra di essere in un’epoca di grandi individui e masse quasi impotenti. E certo nel determinare gli eventi mondiali l’opinione di Musk o Bezos conta più di quella di un elettore italiano o americano. Ma è importante anche guardare oltre i singoli per capire da dove arrivano e provare a immaginare dove stiamo andando. Senza pregiudizi.

Vediamo così che nei dazi contro la Cina, o nello spostare l’impegno anche militare dall’Europa all’Asia, Trump non è una rottura così radicale dalle precedenti amministrazioni di Obama e Biden. Certo, i dazi contro l’Europa sono un’altra cosa, ma il punto è che gli Stati Uniti sono sempre meno in grado di svolgere il ruolo benevolo e paternalista di poliziotto del mondo e consumatore dei nostri prodotti. Questo non giustifica i metodi aggressivi e le politiche ostili dell’attuale inquilino della Casa Bianca, ma spiega che Trump non è arrivato lì per caso, e attorno a lui c’è un certo numero di grandi imprenditori e finanziatori, che ormai non si nascondono più, e una classe media che vuole meno tasse e meno immigrati.

Interpretare i trend di lungo periodo, spiegarli in un linguaggio semplice e accessibile ai non economisti, ed evidenziare le interdipendenze globali è quanto si propone di fare il libro. Bruchi e D’Ippoliti partono da una diagnosi tutto sommato equilibrata della nostra economia: all’inizio del Novecento avevamo un livello di benessere simile a quello dell’Argentina, poi con il miracolo economico del secondo dopoguerra siamo arrivati tra le sette economie più grandi del mondo, infine abbiamo tirato il freno a mano. Oggi la nostra economia è come Giano Bifronte: ha una faccia efficiente, orientata al futuro e che collabora con la Nasa per mandare una sonda su Saturno, e una faccia incrostata dall’evasione, la criminalità, o la banale incapacità di competere nell’economia globalizzata.

Entrambe le facce di quest’economia devono oggi affrontare tre grandi sfide: la transizione verde, perché il riscaldamento globale non aspetta le nostre decisioni politiche, ma certo ha dei costi ed è ipocrita far finta che la transizione porterà solo benefici; la transizione digitale, con la grande domanda se l’intelligenza artificiale è arrivata per rubarci il lavoro, ma anche quella più banale, di perché non c’è una Google o un’Amazon europea; e il ruolo dello Stato, perché stiamo diventando simili ai Paesi in via di sviluppo, con buoni consumi privati e pessimi servizi pubblici.

Queste priorità richiedono scelte importanti, da cui il titolo Ricchi o poveri?: la prosperità non è assicurata per sempre, ma anche un futuro di ristagno non è inevitabile. Il contesto è sempre meno favorevole all’Italia: da un lato il commercio internazionale si riduce gradualmente su scala regionale, e questo è un danno per un Paese come il nostro, che vive di esportazioni; d’altro lato, la finanza internazionale non si riduce affatto, e impone limiti importanti a quello che i governi possono fare, e soprattutto al debito pubblico. E poi ci sono le guerre: sia quelle commerciali che quelle vere, combattute con le armi. Bruchi e D’Ippoliti sottolineano che gli Stati Uniti hanno perso le ultime in cui si sono infilati (Iraq, Afghanistan, in fondo le stesse primavere arabe, anche se lì non c’è stato un intervento massiccio di truppe americane). Questo non è sfuggito alle medie potenze, come la Russia. Dobbiamo prepararci a un mondo più multipolare e quindi più instabile e difficile da comprendere. Tranne che per il grande conflitto freddo tra Cina e Stati Uniti: questo sì chiaro e visibile a tutti.

Cosa aspettarci, quindi? Gli autori indicano grandi trend della storia recente, per poi lasciare la parola a una serie di protagonisti (da Carlo Cimbri a Paolo Savona, da Pierpaolo Bombardieri a Luca de Meo), per evidenziare ragioni di ottimismo. Un primo passo per tutti è capirne di più e provare a discutere su un livello più alto delle polemiche quotidiane. Informazione e comprensione: questo è il contributo che gli autori cercano di dare. Il volume è scritto da esperti, ma è destinato a chi esperto non è: conviene iniziare a interessarsi di economia, perché l’economia certo si interessa di noi.

12 aprile 2025 (modifica il 12 aprile 2025 | 15:52)

12 aprile 2025 (modifica il 12 aprile 2025 | 15:52)

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