
Il primo luglio di dieci anni fa un cacciatore di trofei americano colpì a morte, con una freccia, Cecil, un leone maschio di tredici anni, simbolo del parco nazionale di Hwange in Zimbabwe. L’uccisione insensata dell’animale, studiato dagli scienziati e amato dai visitatori della riserva, scatenò un dibattito globale. Eppure, altri leoni come Mopane, abbattuto nella stessa zona nel 2021, e Xanda, figlio di Cecil, ucciso nel 2017, hanno continuato a morire per colpa della stessa pratica crudele: la caccia agli animali selvatici come trofeo.
In questi dieci anni, Humane World for Animals non hai smesso di chiedere anche all’Europa di adottare normative che vietino l’importazione di trofei di caccia nei rispettivi territori. L’Ue rappresenta il secondo maggior importatore, dopo gli Stati Uniti, di trofei provenienti da specie protette dalla Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione: dal 2014 al 2023, ne ha importati 27.384. Dal 2015, Francia, Paesi Bassi, Belgio e Finlandia hanno compiuto passi avanti per vietare l’importazione di alcuni trofei. L’Ue, al contrario, ha ignorato le richieste di vietare l’importazione di trofei provenienti da specie protette o in via di estinzione. «L’uccisione di Cecil ha provocato indignazione in tutto il mondo e ispirato l’azione di cittadini, governi e oltre 40 compagnie aeree e società di trasporti che oggi si rifiutano di trasportare trofei e parti di animali selvatici cacciati», spiega Ruud Tombrock, direttore esecutivo di Humane World for Animals Europe. «Proteggere le specie minacciate non è facoltativo: è un dovere morale e legale che non possiamo ignorare. Non ci sono scuse per l’inazione politica», aggiunge.
I leoni non sono le uniche vittime della caccia al trofeo. Altre specie protette dalla Cites come elefanti, rinoceronti, leopardi, zebre, ippopotami e giraffe, vengono regolarmente cacciate e i loro resti esportati come trofei. Solo tra il 2019 e il 2023, sono stati commercializzati oltre 3.100 trofei di leone a livello globale. Il 90% proveniva dal Sudafrica, con oltre l’80% dei leoni allevato in cattività.
L’allevamento in cattività, specialmente quello di leoni, in Paesi come Sudafrica, Thailandia e altri, alimenta sia il commercio legale sia quello illegale, compresa la cosiddetta «caccia in scatola» (canned hunting), una pratica che vede i bracconieri uccidere legalmente animali allevati e tenuti in cattività, nonché i mercati della medicina tradizionale asiatica e africana. Dopo che il Governo sudafricano ha annunciato nel 2021 l’intenzione di porre fine al business dell’allevamento di leoni in cattività, gli esperti hanno sottolineato che l’industria venatoria potrebbe rivolgere la sua attenzione verso altre specie come le tigri pur di continuare a generare profitti.
1 luglio 2025 ( modifica il 1 luglio 2025 | 15:16)
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