
Lo hanno soprannominato il nuovo Hachiko. E in effetti, nonostante Giorgio non abbia la stazza dell’Akita giapponese – il cane diventato famoso in tutto il mondo per aver aspettato il suo padrone anche dopo la morte fuori la stazione di Shibuya, a Tokyo, e reso ancora più celebre dall’omonimo film che aveva Richard Gere come protagonista – ne incarna la fedeltà. Questo meticcio di piccola taglia esce ogni mattina alle 7.30, percorre le strade di Scortichino, una frazione del comune di Bondeno in provincia di Ferrara, e arriva nella piazza principale. Qui entra nel bar e si siede sempre sotto la stessa sedia, la preferita del suo compagno umano. Una routine che i due hanno ripetuto per 12 anni. Insieme, fino a circa un mese fa, quando l’uomo è morto.
Eppure Giorgio, nonostante ora non abbia nessuno a guidarlo verso quella caffetteria, continua a presentarsi lì, quasi come a onorare quell’appuntamento e forse nella vana speranza di rincontrare l’uomo che lo ha salvato dal canile, adottandolo e donandogli una vita migliore. E così puntuale, al solito orario, entra al bar e resta in attesa. Poi si arrende e va via. Ma il mattino seguente è di nuovo in quel luogo, accolto e coccolato da chi un tempo sorseggiava il caffè con il suo padrone.
Giorgio, come Hachiko, è una testimonianza concreta di fedeltà e devozione, ma anche del dolore che gli animali possono provare per il distacco da un compagno di vita. Due cani che a distanza di anni hanno «cercato ininterrottamente il proprio padrone lì dove l’avevano lasciato – spiega Federico Coccìa, medico veterinario e autore del libro Con gli occhi del tuo cane (Sperling & Kupfer) -. Questo perché per i cani non si può parlare di elaborazione del lutto. Loro non hanno la consapevolezza di cosa sia la morte. Quando l’umano di riferimento muore, però, avvertono una fortissima mancanza fisica. Una sofferenza data da un’assenza improvvisa che non riescono a spiegarsi e per la quale restano profondamente confusi».
Una condizione di disorientamento, che provoca nell’animale «un profondo stato di stress, che può manifestarsi con inappetenza, letargia, insonnia, aumento di richieste d’attenzione o ansia da separazione». Tutti sintomi che «possono essere curati mantenendo la routine che il cane aveva prima della scomparsa del padrone». Ma non solo: «Vanno anche distratti e stimolati con nuove attività, amati e coccolati sempre più». E se tutto questo non dovesse bastare «bisogna rivolgersi a un veterinario comportamentista, che analizzi nello specifico il suo dolore emotivo. Ogni cane ha un’anima: Giorgio e Hachiko ce lo hanno dimostrato».
19 novembre 2025 ( modifica il 19 novembre 2025 | 18:54)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
19 novembre 2025 ( modifica il 19 novembre 2025 | 18:54)
© RIPRODUZIONE RISERVATA




