
A differenza di Jay Kelly, il personaggio che interpreta nell’omonimo film diretto da Noah Baumbach (una superstar del cinema americano che intraprende un viaggio in Europa con il suo manager, che lo porta a interrogarsi sulle scelte passate, sulla sua vita fuori dal set e sull’eredità che lascerà, ndr), George Clooney non ha mai avuto un manager («sono troppo vecchio. Ho solo un assistente, un agente e un addetto alle relazioni con la stampa») ma, soprattutto, non colleziona rimpianti. «Quando invecchi, molti tuoi amici invecchiano e la tua famiglia invecchia, scopri che l’unica cosa tossica è il rimpianto – spiega l’attore in un’intervista al settimanale “Chi” – . Il fallimento è facile: a quante audizioni vai e non si ottiene la parte ogni volta? Ma si va avanti. I fallimenti o ti fanno crescere o ti fanno rendere la pelle più dura. Io venivo da Augusta, nel Kentucky, dove facevo il coltivatore di tabacco. Ti presenti a tutte quelle audizioni e, se non funziona, è più facile quando invecchi dire: “Ci ho provato, non ha funzionato».
Guardandosi indietro, però, la star di Hollywood non cambierebbe nulla della sua carriera. «Ho dei figli a cui ancora piaccio, hanno otto anni. Sappiamo che andranno in terapia dopo aver visto “Batman & Robin”, ma mi ritengo fortunato», scherza Clooney, aggiungendo però di non avere affatto paura di invecchiare. Anzi, si potrebbe quasi dire che la cosa lo diverta pure. «Nel mio lavoro ho avuto molti alti e bassi, molti fallimenti e molte cose che avrei voluto fare meglio – sottolinea infatti l’attore – . Negli ultimi dieci anni, per la maggior parte del tempo ho fatto il regista, mentre questa primavera ho recitato a Brodway, non lo facevo da quarant’anni. Ogni sera ero preoccupato perché, invecchiando, diventa difficile ricordare le battute. Quindi avevo paura, ma è bello avere 64 anni e non essere sicuri di potercela fare».
19 novembre 2025
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