
Oltre la finanziaria, oltre Landini e il «campo largo» abbiamo anche altri problemi, e forse persino più importanti, anche se ce ne occupiamo poco o nulla. Ad esempio che l’Italia è un Paese ignorante. Siamo infatti tra gli ultimi in Europa come numero di diplomati di scuola superiore, al penultimo posto per numero di laureati (il 42 per cento degli iscritti all’Università abbandona dopo il primo anno) e con forti squilibri tra Nord e Sud (nel Mezzogiorno solo un giovane su cinque è laureato). Ma non si tratta solo del puro possesso di un pezzo di carta: dall’inizio del nuovo secolo è la qualità complessiva dell’istruzione, anche primaria, che è letteralmente collassata. Altrimenti non ci troveremmo davanti i dati drammatici che ci offre il Censis, secondo il quale sono sempre di più gli italiani che non capiscono un testo scritto e non sanno esporre ciò che vorrebbero dire: praticamente un popolo di semianalfabeti, incapaci di comprendere il contenuto di un qualunque avviso pubblico o di raccontare la trama di un film.
Che razza di futuro può avere un Paese del genere? quale luminoso sviluppo economico prepara una simile ignoranza?
Premessa e conseguenza ovvia di quanto sopra, una sua misura oggettiva è il progressivo abbandono della lettura. Sempre di più l’Italia è un Paese che non legge. Secondo un recente rapporto dell’Associazione degli editori negli ultimi 12 mesi il 38 per cento degli italiani tra i 15 e i 74 anni non ha comprato neppure un libro (e si può a ragione dubitare che ne abbia letto qualcuno), e sempre in questa fascia di età solo il 73 per cento dichiara di aver letto almeno un libro negli ultimi dodici mesi. In compenso il 77 per cento della popolazione fa uso di uno smartphone: praticamente quasi tutti coloro che hanno più di 15 anni (siamo il quinto Paese al mondo per diffusione di telefoni cellulari). Ma anche per fare un buon saldatore o un bravo spedizioniere forse serve un libro. L’idea che qualunque tipo di conoscenza possa prescindere dalla carta stampata grazie alle slides, al power point, ai tutorial o alle lavagne interattive multimediali è solo una sciocca illusione. L’Italia che non legge non è un avamposto della modernità, insomma, è semplicemente la scena di una catastrofe annunciata.
Una catastrofe culturale in un Paese dove tuttavia esiste (ma da decenni, è opportuno precisare: giusto per non fare dell’ultimo arrivato il capro espiatorio di turno) un ministero e quindi un ministro della Cultura. Ora, naturalmente nessuno ignora che la Scala, o la Biennale, o gli Uffizi, o Pompei, o il cinema — Sua Maestà il Cinema Italiano! — sono tutte cose che suscitano l’interesse dei giornali, della tv, gli appetiti dei partiti, dei sindaci, dei presidenti, la caccia ai posti e ai finanziamenti da parte degli amici e dei loro amici, laddove invece il misero «tascabile» da 10 euro, il manuale di vattelapesca, o la nobile collana di classici, non suscitano niente di paragonabile, diciamo pure che non gliene frega niente a nessuno. E però — oso rivolgermi direttamente al ministro —non si sente attratto proprio per questo, gentile Giuli, dal fascino donchisciottesco della difesa del debole, di presidiare le Termopili della cultura, di stare salgarianamente dalla parte votata alla sconfitta, cioè dalla parte della tribù in via di estinzione dei librai nella loro disperata battaglia contro i James Brooke di Cinecittà?
Ma c’è poco da scherzare. Ciò di cui stiamo parlando infatti è una realtà drammatica, una vera e propria «emergenza lettura» che sta davanti al Paese. Per affrontare la quale non bastano i pannicelli caldi di un paio di centinaia di migliaia di euro distribuiti a pioggia qua e là. Serve ben altro. Serve un vero e proprio Piano Nazionale per la Lettura, uno sforzo coordinato e continuo, su più livelli, utilizzando più strumenti, e cercando di far lavorare la fantasia.
Il principale obiettivo dovrebbe essere, io credo, quello di togliere i libri dall’arca santa delle librerie (tra l’altro in numero sempre minore) e immaginare viceversa luoghi e modi i più diversi d’incontro tra la gente e l’oggetto libro. Ad esempio sistemandone qualche decina qua e là nei luoghi più diversi — in migliaia di tali luoghi — e offrendoli gratuitamente alla lettura di chi ne vuole prender uno a suo piacere con l’invito (ma non l’obbligo) a riportarlo poi dove l’ha preso o magari portarne un altro, secondo il modello del «book crossing». Libri acquistati dallo Stato dalle case editrici ma anche, per abbassare la spesa, dai grandi rivenditori di libri usati; libri collocati in appositi contenitori segnalati da un logo molto visibile e riconoscibile, posti nei luoghi più diversi. Negli atri delle stazioni, sui treni, negli ospedali, nelle università e negli istituiti scolastici, sulle metropolitane, nei centri commerciali, alle fermate dei mezzi pubblici (come avviene già oggi in alcune località dell’Alto Adige), negli uffici comunali, nelle grandi mense aziendali, negli autogrill, nei supermercati. Molti verrebbero rubati o abbandonati? Può essere ma sono sicuro che almeno i tre quarti rimarrebbero a disposizione dei lettori.
Insomma inondare il Paese di libri in una grande campagna nazionale adeguatamente pubblicizzata, e se il costo è giudicato troppo alto si chieda l’aiuto di privati. Ce ne sono molti che hanno le case piene di libri che non sanno più dove mettere, e che certo sarebbero contenti di donarne una parte per un’iniziativa del genere.
Comunque non basta: i bambini ancora leggono (i dati editoriali lo dimostrano), è invece nel passaggio all’adolescenza che l’abitudine a leggere subisce un tracollo: è dunque proprio lì che un ministero della Cultura degno di questo nome dovrebbe intervenire facendosi venire qualche idea. Tradizionalmente il potere italiano non brilla per fantasia, è restio a cercare vie nuove, è sempre pronto a trovare mille motivi per dire «non si può».
Ma qui ne va davvero dell’avvenire del Paese, della qualità civile e umana degli italiani. Solo la lettura risveglia la mente, alimenta l’intelligenza, rende liberi. Tutte cose di cui c’è un gran bisogno.
12 novembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
12 novembre 2025
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