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Dario Morello: «Io e Serena Brancale abbiamo ritmi diversi, ma stiamo bene insieme. E riesco a seguirla nei concerti»

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Dario Morello, nato a Cetraro in Calabria ma bergamasco d’adozione da oltre un decennio, sabato (8 novembre) salirà sul ring dell’Allianz Cloud di Milano per sfidare lo svizzero di origine albanese Faton Vukshinaj (14 vittorie, tutte per ko, una sconfitta al Mondiale e due pari). In palio il titolo europeo silver EBU dei pesi medi. Morello è pronto: «Vincerò io, poi ci sentiamo per la vittoria», butta lì prima di riprendere l’allenamento al M.A.D.Lab Training, di Brembate Sopra.

Morello, chiamato «Spartan», 31 anni, è un colosso dei pesi medi: 25-1, sconfitta nel 2019 contro l’inglese Luther Clay; titoli come WBO Global, WBC Mediterranean e, da maggio 2025, il tricolore conquistato in rimonta contro Yassin Hermi al Centro Pavesi di Milano. La carriera di Dario Morello parte da bambino: la boxe lo ha salvato dal bullismo, non per picchiare, ma dandogli consapevolezza e forza interiore. Oggi regala questa lezione ai giovani nella sua palestra, forte della sua esperienza.

Ottavio Caloi, leggenda della boxe orobica, lo accolse nel 2015 nel Team Boxe Caloi come un figlio. Esordio pro a Caivano con ko al croato Zoran Cvek in due round, poi vittoria ai punti su Italo Brussolo a Udine. Caloi, che ha forgiato campioni come Angelo Rottoli e Luca Marasco, gli diede tecnica e una figura familiare, fondamentale per un ragazzo lontano da casa. Il rapporto durò due anni, interrotto da divergenze, ma l’affetto resta: «Ci siamo voluti bene, e ce ne vogliamo ancora». Morello ha poi creato il suo team «alla Bruce Lee», con padre e cugini come coach a distanza. Nella vita affettiva c’è lei, Serena Brancale, musa barese di 36 anni, compagna da alcuni anni: polistrumentista, laureata in canto jazz, che ha rubato la scena a Sanremo 2025 con «Anema e core» (brano in cui Morello compare nel video). Insieme formano una coppia esplosiva: lei sotto i riflettori, lui tra i sacchi a Brembate, uniti da ritmi diversi che si armonizzano come un gancio da manuale.

L’intervista, rilasciata in vista del match milanese, dipinge un uomo che ha trasformato il dolore in dote, Bergamo in passione e tenacia e il ring in palcoscenico.
«A differenza di quanto si pensa, non ci sono molte differenze tra Bergamo e la Calabria, anche nel modo di fare delle persone comuni. Di base non ho vissuto un grandissimo scalino, o meglio un impatto particolarmente traumatico nel trasferimento. L’unico trauma è stato a livello puramente climatico. Con le persone? Ci sono più similitudini di quelle che uno può pensare. Una cosa che però mi ha colpito subito di Bergamo è il campanilismo sfrenato per la città: di questo mi sono letteralmente innamorato».

Hai detto che la boxe ti ha salvato dal bullismo. A un ragazzo che lo subisce oggi cosa diresti?
«Direi che, secondo il mio vissuto, la forza, l’essere forti, è una scelta: non si nasce forti, ma si sceglie di essere forti. Quindi, facendo questa scelta, una serie di situazioni si concatenano affinché si esca dalle circostanze brutte e sconvenienti. E come nello sport, parlare e farsi aiutare da chi ti vuole bene – come l’allenatore per l’atleta – rimane la base».

Prossimo obiettivo: titolo europeo? Ci sarà mai spazio per un futuro grande evento di boxe qui a Bergamo?
«In realtà sono anni che provo a organizzare un evento di pugilato a Bergamo in cui combattere da protagonista, ma servono risorse economiche importanti e un posto abbastanza grande per ospitare la tanta gente che sono sicuro accorrerebbe. Anche perché la città sente molto il pugilato e un evento che manca da oltre vent’anni sicuramente avrebbe una risonanza importante. Spero che le cose si allineino affinché si porti una grande serata di boxe internazionale a Bergamo, magari al Choruslife Arena».

Serena Brancale è un’artista di fama nazionale con una carriera in ascesa. Lei vive spesso sotto i riflettori, tu invece prepari i match nella tua palestra al M.A.D.Lab Training a Brembate Sopra, lontano dal clamore di Milano o Roma. Riesci a gestire la distanza, i ritmi diversi e la pressione mediatica?
«Nel silenzio e lontano dai riflettori relativamente: sono l’unico pugile italiano che fa oltre 5.000 persone e va ospite in programmi TV su testate importanti. Ognuno ha il suo seguito. I ritmi sicuramente sono diversi – io atleta, lei artista – ma esattamente come ho detto prima per l’essere forti, che è una scelta, anche stare bene ed essere una coppia equilibrata lo è altrettanto. Per adesso non abbiamo difficoltà a gestire le differenze. Tolta la preparazione all’incontro, riesco anche a seguirla nei concerti».

Tra un allenamento e l’altro a Brembate, qual è il piatto bergamasco che ti ha conquistato di più?
«Io, uomo del sud quale sono e mi ritengo – che adoro la mia terra e il cibo calabrese – amo la polenta con il coniglio alla bergamasca, che resta comunque uno dei miei piatti preferiti della tradizione locale, che mangio ogni volta che posso. Ovviamente questo è il primo classificato, poi ce ne sono un miliardo di altri: dai taglieri di salumi e formaggi tipici delle valli al casoncello. Diciamo che a livello culinario non sento la mancanza della mia terra».

Boxe Caloi ti ha adottato come pugile a Bergamo: qual è il consiglio di Ottavio che porti sempre sul ring?
«Ottavio Caloi è stato il mio primo maestro a Bergamo. Ne conservo il ricordo: ci siamo voluti bene e ce ne vogliamo ancora nonostante il rapporto lavorativo sia finito dopo soli due anni, per varie incongruenze. Ottavio è stata una figura veramente familiare, quando mi ero appena trasferito. Non scordo ciò che ha fatto per me, gliene sono riconoscente. Subito dopo il divorzio con la Boxe Caloi ho iniziato a comporre il mio team nella mia palestra, dove ho inserito pugilato, pilates, autodifesa e yoga: caratterialmente sono un po’ particolare e vivo il pugilato come Bruce Lee viveva il kung fu: sono io il coach di me stesso. Devo studiare l’avversario, le tecniche, quindi sono un po’ individualista. Ovviamente il team ha molte figure che mi consigliano: dopo Giorgio Schiavina (padman) si è unito Alessio Taverniti, che mi aiuta a trovare sparring partner e mi ha dato una mano anche a livello manageriale in un periodo particolare della mia carriera. Poi ho la famiglia che mi segue un po’ a distanza ma che è fondamentale: da mio padre Ercole che è al mio angolo, non perché è mio padre, ma perché a sua volta è uno dei coach più vincenti d’Italia degli ultimi 10 anni, passando dai miei due cugini, campioni italiani, Vincenzo e Roberto Lizzi, parte del gruppo con cui mi confronto per scelte tattiche, tecniche e di preparazione».

Sabato sera l’Allianz Cloud di Milano tiferà per il suo «Spartan». L’evento verrà trasmesso sul canale 20 di Mediaset alle 23,30; è un trampolino verso l’Europeo gold e una cintura in più non sarebbe solo un trofeo, ma la conferma che la forza, come dice Dario, è sempre una scelta. E Bergamo ha già scelto chi tifare.


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6 novembre 2025

6 novembre 2025

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