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Nomine e sanità, così parlava Cuffaro: «Abbiamo Enna, Palermo e Siracusa»

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PALERMO – La sanità come una succulenta torta da spartirsi. Le nomine dei manager delle aziende ospedaliere — pedine fondamentali nella gestione degli appalti e dei concorsi pubblici — oggetto di trattative riservate. E al centro l’ex governatore siciliano Totò Cuffaro che continuerebbe a decidere le sorti di settori nevralgici per la vita dell’Isola, nonostante non abbia da anni incarichi istituzionali. Un potere che esercitava anche grazie agli agganci nelle istituzioni: un tenente colonnello dei carabinieri, Stefano Palminteri, e la dirigente regionale Maria Letizia Di Liberti, sono stati indagati. L’ufficiale avrebbe rivelato al politico di indagini in corso nei suoi confronti, la donna gli avrebbe fatto avere, tramite un uomo di fiducia, i bandi della Regione. In cambio avrebbe ottenuto un aiuto per la moglie.

 «Noi abbiamo Enna, Palermo e Siracusa», diceva l’ex presidente della Regione, non sapendo di essere intercettato, in una delle tante conversazioni finite agli atti dell’indagine per corruzione, turbativa d’asta e associazione a delinquere in cui è coinvolto. Secondo i magistrati, aveva progettato di accaparrarsi un terzo delle posizioni di vertice delle Asp siciliane. E non ne faceva mistero, specie con gli amici fidati come Saverio Romano, ex ministro del governo Berlusconi coinvolto nell’inchiesta. Anche per lui è stato chiesto l’arresto.

Le mire sul «Civico»

«Tranne il rapporto con Caltagirone (Alessandro Maria Caltagirone, poi nominato direttore generale dell’Asp di Siracusa, ndr) non mi interessa di valorizzare… ma se si fa un quadro complessivo, perché il Civico a Palermo se lo devono prendere Forza Italia o Fratelli d’Italia?», diceva Romano, deputato e coordinatore di Noi Moderati, ignorando che Cuffaro fosse «ascoltato». Il parlamentare, secondo i pm, avrebbe avuto particolarmente a cuore la sorte di Caltagirone. E con lui si ritrova ora indagato per un appalto bandito proprio dall’Asp aretusea e vinto dalla Dussmann srl. Una aggiudicazione pilotata, dicono gli inquirenti, ottenuta dalla società grazie alla intermediazione di Romano.

«A sto punto però… se noi facciamo una battaglia ferma sul Civico, se questa cosa può servire utilizziamolo pure… perché a noi una casella ce la devono dare a Palermo», commentava l’ex governatore. Sempre continuando a parlare di sanità, Romano rilanciava: «È giusto che io ti dico quello che faccio. Io intanto a Lombardo gli faccio una chiamata e gli dico, ma ti sei preso i direttori. Ho portato ventimila voti giusto?». Romano ieri ha dichiarato: «Ho letto su di me tante imprecisioni, cose non corrette, perché la procura di Palermo è incorsa non in un errore, ma in un orrore giudiziario. Nel merito non c’è nulla riferito a me che possa essere reato».

Gli «amici»

Ma nell’inchiesta spunta anche il Ponte sullo Stretto: si tratta di un capitolo degli accertamenti, pieno di omissis, dedicato agli interessi suscitati dall’opera. Anche se è la sanità l’interesse principale, come provano decine di conversazioni. Come quella in cui l’ex governatore rassicura l’amico Roberto Colletti di star lavorando per la sua nomina al vertice all’azienda ospedaliera Villa Sofia di Palermo. «Stanno cominciando le danze», gli dice Cuffaro, assicurandogli che avrebbe parlato col presidente della Regione Renato Schifani. «Alla fine — sbotta — sarò costretto a rinunciare ad Agrigento, se no il Civico non me lo danno ma… va beh, troviamo una soluzione. Io voglio confermato Colletti». Un sodalizio, quello con il commissario, che si ritrova anche nella parte dell’indagine riservata a un concorso bandito proprio dalla azienda diretta dall’amico. Cuffaro voleva che a vincerlo fossero suoi protetti. E del manager fedele aveva bisogno.

 Come aveva bisogno di scongiurare il rischio di finire indagato, mettendo in posti chiave della Nuova Dc, il suo partito, persone al di sopra di ogni sospetto. «Ma sai che faccio ora? diceva a un amico – Faccio presidente del partito la moglie di (omissis), una che si chiama (omissis) … moglie del (omissis)». Il riferimento è a Laura Abbadessa, moglie del magistrato Massimo Russo. «Cioè io sto mettendo le cose che devo mettere… ma bastano?», si chiedeva, temendo, però, che non sarebbe stato sufficiente a proteggerlo dalle inchieste.


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6 novembre 2025

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