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Le parole sbagliate di Conte, quelle comprensibili di Spalletti

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Antonio Conte è il miglior allenatore italiano. Dopo Carlo Ancelotti che ha una dimensione internazionale sconosciuta per vittorie al grande Antonio. Luciano Spalletti ritorna prepotentemente sulla scena, anche europea, con la Juve. Anche lui preparatissimo e vincente, il disastro azzurro è stato un incidente, grave, ma che non può e non deve minare il giudizio sul talento tecnico del neo allenatore bianconero: e sarà proprio la Juve, presa in corsa, a darne conferma. Parliamo di comunicazione, aspetto fondamentale di questo loro mestiere, strapagato: i presidenti dovrebbero iniziare a risparmiare sui contratti degli allenatori. Se pensiamo che per Pioli, anche lui stimatissimo professionista, ballano 18 milioni lordi in tre anni, ci si sente male. E quello dell’ex allenatore della Fiorentina è ancora un esempio moderato quanto a investimento economico, certi stipendi corredati da staff giganteschi (che non ha nemmeno un luminare di cardiochirurgia che opera a cuore aperto tutti i santi giorni) superano i confini della decenza. Ecco, un po’ come la comunicazione di Conte che nel misero pareggio con l’Eintracht, squadra modesta, ha avuto ancora una volta toni sbagliati: invece di analizzare le fatiche e gli stenti del Napoli se l’è presa col catenaccio dei tedeschi. Ma è da qualche giorno che Conte, abilissimo in panchina e fuori, nelle conferenze stampa non dà il meglio di sé. La polemica creata ad arte contro Marotta dopo aver beneficiato di un rigore almeno fantasioso è stata stonata da ogni parte la si ascoltasse. Goduto un rigore artefatto, il classico «rigorino» (il termine geniale è stato battezzato per la prima volta dal nostro Paolo Casarin che ha sempre disprezzato questa scelta arbitrale), il buon senso avrebbe richiesto un intelligente silenzio. Niente, Conte è andato oltre. E ha proseguito, sbagliando ancora, quando nella vigilia con l’Eintracht si è impegnato in un giro di parole da teatro dell’assurdo che tirava in ballo misteriose e irreali critiche ai danni del Napoli. Meglio avrebbe fatto a concentrarsi sui tedeschi che poi ha scoperto catenacciari. Il grande Conte, quello che vince ovunque vada, quello che stimiamo, non ha bisogno di simili mezzucci. 

E un passo in avanti quanto a comunicazione, riflessione, dialettica, lo ha fatto Spalletti alla Juve. Aveva preso una piega sbagliata, soprattutto in Nazionale, dove ogni parola assume un peso particolare: i giocatori che convocava e schierava facevano fatica a seguirlo, a capirlo. Alla Juve non sta succedendo, è più equilibrato. Mai banale, mai «inzaghiano» insomma, uno Spalletti che si fa comprendere. Da tutti. In particolare da Vlahovic che appare rigenerato. La comunicazione è fondamentale quanto uno schema ben riuscito: Chivu, quattro lingue parlate (romeno, italiano, inglese e olandese), lo ha capito subito. Però non esageri nemmeno lui con iperboli e immagini. Curi meglio l’aspetto difensivo.

6 novembre 2025 ( modifica il 6 novembre 2025 | 07:17)

6 novembre 2025 ( modifica il 6 novembre 2025 | 07:17)

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