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Morto a Pyongyang il dignitario che aiutò Kim a prendere il potere in Nord Corea

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Lutto nazionale a Pyongyang per la morte di Kim Yong-nam, che per decenni era stato uomo di punta nella strategia internazionale del regime. Ha stabilito una serie di record per la politica nordcoreana il compagno Kim Yong-nam, formalmente capo dello Stato che in realtà è dominato dalla Dinastia Kim (nessun legale di parentela, solo omonimia). Anzitutto è vissuto per 97 anni, oltre 70 trascorsi a un passo dal vertice del potere senza mai subire una delle frequenti purghe. Il suo ultimo incarico pubblico è stato di presidente del Presidium della Suprema Assemblea del Popolo, il numero due di Pyongyang dopo Kim, almeno sulla carta del cerimoniale.

Ha servito tutti e tre i dittatori della famiglia Kim: il fondatore Kim Il Sung, il figlio Kim Jong-il, e dal 2011 il nipote e attuale leader Kim Jong-un. Del Rispettato Maresciallo Kim con il quale il mondo deve fare i conti ora (Trump in testa), il dignitario per tutte le stagioni è stato puntello al momento del trapasso generazionale.

Era il dicembre 2011 quando Kim Jong-il morì per un ictus e molti pensavano che Kim Jong-un fosse troppo giovane e inesperto e sarebbe finito sotto la tutela dagli anziani gerarchi e magari deposto dietro suggerimento di Pechino. Entrò in scena il già anziano Kim Yong-nam: pronunciando il discorso funebre dichiarò che il ragazzone non ancora trentenne meritava la stima e l’amore incondizionato del popolo e dello Stato e lo proclamò «Nuovo leader supremo». 

Grazie a questo appoggio che gli garantiva almeno la fedeltà di una buona parte dell’establishment del Partito, Kim Jong-un ha smentito tutte le previsioni di sventura, ha consolidato il potere con una serie di purghe spettacolari, la più famosa di tutte ai danni dello zio Jang Song-thaek, che a quanto pare tramava per metterlo da parte e finì di fronte al plotone d’esecuzione nel 2013. Facile immaginare che nel suo ruolo di presidente del Presidium Kim Yong-nam abbia partecipato alla pianificazione della resa dei conti all’interno della famiglia.

Era nato nel 1928, quando la penisola coreana non era ancora divisa ma era una colonia del Giappone. Veniva da una famiglia mista, sino-coreana, che risiedeva nella Manciuria, anch’essa ai tempi controllata dall’impero nipponico. Il giovane entrò in Corea solo nel 1950, durante la guerra tra Nord e Sud, inquadrato nell’«Esercito volontario cinese» spedito da Mao Zedong al soccorso delle forze comuniste di Kim Il Sung. Dopo il conflitto, Kim Yong-nam decise di stabilirsi definitivamente nella Repubblica democratica popolare di Corea (nome ufficiale del Nord).

Scalò la gerarchia del Partito dei lavoratori di Pyongyang che lo distaccò al ministero degli Esteri: era già viceministro nel 1962, quando aveva 34 anni. Nel 1983 fu promosso ministro e per quindici anni diresse la diplomazia prima di Kim Il Sung e poi di Kim Jong-il. Nel 1998 la nuova promozione, a capo del Presidium, il numero due della nomenklatura, un ruolo mantenuto per ventuno anni, fino al 2019 quando si era finalmente ritirato.

La carica di Presidente del Presidium della Suprema Assemblea del Popolo era solo cerimoniale, ma siccome Kim Jong-il aveva remore a presentarsi davanti a grandi folle e parlare in pubblico, l’anziano dignitario veniva incaricato di ricevere i (rari) capi di Stato stranieri in visita: nel 2007 fu lui ad accompagnare il presidente sudcoreano Roh avventuratosi in visita a Pyongyang. Nel 2018, già novantenne ma senza un capello bianco (grazie alla tintura) Kim Jong-un lo inviò in Sud Corea in occasione dei Giochi olimpici invernali. Era il capo delegazione, ma siccome nel gruppo spiccava la giovanissima Kim Yo-jong, sorella e consigliera del Rispettato Maresciallo, il vecchio si prestò a farle da deferente accompagnatore. 

Di lui, un diplomatico fuggito da Pyongyang disse agli americani che lo interrogavano: «Se Kim Il Sung avesse puntato un dito verso un muro sostenendo che ci fosse una porta aperta, Kim Yong-nam non avrebbe esitato a cercare di passarci». Prudenza ossequiosa che gli ha permesso di morire nel proprio letto il 3 novembre a 97 anni e di ricevere un funerale di Stato il 5 novembre. Ma secondo tutte le informazioni raccolte dall’intelligence occidentale nel corso dei decenni, il vecchio era intelligentissimo oltre che astuto e una figura di peso tra le ombre di Pyongyang.

5 novembre 2025

5 novembre 2025

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