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Affitti, con le tasse in aumento rendono più quelli brevi o i tradizionali? I conti per i proprietari

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Quanto si guadagna con gli affitti brevi? Della questione si dibatte molto dopo la modifica delle aliquote della cedolare secca per queste forme di locazione prevista dal disegno di Legge di Bilancio; se il testo della norma venisse convertito (ma è tutto da vedere) nella versione proposta dell’Esecutivo l’aliquota sarebbe del 26% in tutti i casi, eccezion fatta per gli affitti che riguardano una sola casa e purché nell’anno non vi sia mai stato ricorso alle piattaforme telematiche.

Il confronto con la locazione tradizionale

Diciamo subito che mai come in questo caso un’analisi fondata su valori medi corre il rischio di risultare estremamente approssimativa. Però ci sono alcuni aspetti incontrovertibili da tenere sempre presenti se ad esempio si vuole fare un confronto con il rendimento della locazione tradizionale. Il primo, a monte di tutto, è che non sempre l’aspettativa di un maggior rendimento è la motivazione principale di chi opta per gli affitti brevi. Un fatto che viene messo sul piatto della bilancia è l’assenza di rischi di insoluto e di ritardato o addirittura mancato rilascio dell’immobile, che richiedono l’avvio di lunghe e costose procedure legali. Non si tratta certo di un timore ingiustificato. Il decreto sugli sfratti che l’Esecutivo si appresterebbe a varare avrebbe l’obiettivo di rendere più appetibili le locazioni ordinarie per rendere meno interessanti quelle brevi senza provvedimenti restrittivi

Le spese di chi affitta a breve termine

Ciò premesso veniamo alle spese che decurtano gli incassi apparentemente ghiotti derivanti dalle locazioni brevi.

1) L’Imu, che viene applicata quasi ovunque con le aliquote della seconda casa. Si paga anche per l’affitto tradizionale a canone libero e anche per gli affitti a canone concordato, per i quali però la legge prescrive uno sconto del 25%.

2) La cedolare secca, nella misura del 26% se si affittano fino a 4 case (per un numero superiore si ricade nelle regole fiscali sulle attività di impresa); con le regole in vigore fino al 31 dicembre prossimo per una delle abitazioni il contribuente può scegliere di applicare la cedolare al 21%; con la norma prevista dal disegno di Legge di Bilancio, come abbiamo detto, questa facilitazione rimane solo per le case affittate senza intermediazione. Nelle locazioni tradizionali a canone libero la cedolare è del 21%, per quelle a canone concordato si scende al 10%. Se per un affitto breve ci si serve di una piattaforma di intermediazione questa ha l’obbligo di effettuare una ritenuta d’acconto del 21%. In alternativa (ma il caso è pressoché teorico) il contribuente può optare per la tassazione con le regole Irpef e conguagliare rispetto a quanto gia trattenuto dalla piattaforma.

3) Tutte le spese relative a condominio, utenze (compreso il wi fi, di fatto obbligatorio) e Tari, con la locazione tradizionale sono a carico del proprietario solo le spese di manutenzione straordinaria dell’immobile.

4) La percentuale di intermediazione della piattaforma di prenotazione (salvo nel caso in cui si ricorra solo al passaparola): ad esempio se una casa viene offerta a 100 euro per notte il proprietario ne riceverà in media 85

5) La percentuale richiesta dalla società di gestione dell’immobile: il costo varia molto a seconda dei servizi che si richiedono. Su questo punto è meglio essere molto chiari: se si gestiscono in proprio annunci, pulizie, gestione di check in, permanenza e check out dell’ospite sicuramente si guadagna di più sul singolo soggiorno ma si ottiene una quota di occupazione dello stabile minore e soprattutto quel che si guadagna non è più solo in ritorno di un investimento ma è anche il corrispettivo di un lavoro. Con l’investimento in Btp, tanto per rendere l’idea, l’unico lavoro da fare è controllare se le cedole vengono accreditate sul conto corrente.

Il confronto del rendimento

Se si mette tutto insieme si può stimare che difficilmente rimanga nelle tasche del proprietario di una casa data in gestione per gli affitti brevi più del 25% del prezzo pagato dall’inquilino. Vogliamo essere più ottimisti rispetto all’analisi pubblicata qui si farebbe fatica addirittura a incassare il 10%. Il ritorno per il proprietario da un affitto ordinario 4+4 può essere stimato nell’ordine del 60-65% del canone lordo; sull’affitto concordato si può arrivare anche un po’ sopra il 75%

Di fatto il basso rendimento reale degli affitti brevi sta portando a una diminuzione dell’offerta, un fenomeno che ad esempio a Milano è segnalato da tutti gli osservatori, e a un ritorno a forme più tradizionali di locazione; l’aggravio di cinque punti della cedolare sulla prima casa affittata non potrà fare altro che accentuare il fenomeno.

I numeri ufficiali

E veniamo ai numeri. Le cifre ufficiali di cui disponiamo sono relative all’anno di imposta 2023: dalle statistiche tributarie delle Entrate si ricava che l’imponibile medio dei redditi da affitti brevi (voce redditi diversi, cedolare secca 21% della dichiarazione dei redditi) è stata di 14.270 euro. Le Entrate pubblicano i dati fino al dettaglio regionale; da cui si ricava che nel Lazio (con Roma che con tutta evidenza rappresenta la maggior parte del business) si arriva a 22.810 euro. Pur essendo dati ufficiali dobbiamo rilevare che le piattaforme hanno l’obbligo di incassare l’anticipo di imposta solo dal 1° gennaio 2024 e quindi il dato dell’anno prima potrebbe essere sottostimato a causa di qualche contribuente per così dire distratto.

Le differenze tra chi affitta saltuariamente e chi lo fa con frequenza

Il dato medio però mette nello stesso computo chi affitta saltuariamente e chi lo fa con frequenza. Numeri più approssimati alla realtà, pur con tutti i limiti delle medie, sono quelli offerti dal sito insideairbnb.com. Per cinque città il sito fornisce i dati sull’offerta per gli affitti brevi, distinguendo tra stanze e interi appartamenti e segnalando anche il dato medio dell’affitto per notte e dell’incasso annuo, estrapolando anche i dati riguardanti gli appartamenti affittati con frequenza (e quindi presumibilmente per buona parte dati in gestione). 

Cosa succede a Milano

A Milano l’incasso annuo medio è stimato in 22.092 euro. Se consideriamo un netto del 25% si arriva a 5.500 euro all’anno. Come termine di confronto possiamo prendere i numeri dell’Agenzia delle Entrate nell’ultimo rapporto sul mercato residenziale. L’affitto medio 4+4 ha reso al lordo in media 14.372 euro, considerando un netto al 60% si scende a 8.624 euro. A canone concordato 3+2 l’incasso lordo annuo è di 11.592 euro, che al netto, con la riduzione del 25%, arriva a 8.694 euro. Entrambi i contratti tradizionali presentano quindi un chiaro vantaggio e non meraviglia il fatto che i segnali di maggiore disaffezione dei proprietari verso gli affitti brevi arrivino dal capoluogo lombardo

Cosa succede a Roma

Nella Capitale lo scenario è diverso. L’incasso medio annuo da affitti brevi è di 30.159 euro, che al netto sono 7.540 euro. Il contratto ordinario 4+4 rende in media 7.536 euro netti, il concordato 8.536 euro. Anche qui non è un caso il fatto che a Roma la maggioranza dei contratti ordinari sia a canone concordato e non libero. 

Cosa succede a Napoli, Firenze e Bologna

A Napoli gli affitti brevi rendono al lordo 17.121 euro, che al netto sono 4.280 euro. I contratti ordinari liberi rendono 6879 euro, che al netto sono 4.127 euro, i concordati 7.856 euro, che al netto si riducono a 5.892 euro. A Firenze, la città dove la presenza di case in affitto breve è la maggiore in Italia in rapporto allo stock abitativo, gli affitti brevi rendono 31.538 euro lordi, che al netto diventano 7.839 euro. I rari contratti a canone libero rendono 8650 euro all’anno (le dimensioni delle case affittate però sono molto ridotte) che al netto diventano 5.190 euro. Il confronto con il concordato è meno attendibile, perché la dimensione media delle abitazioni arriva a 100 metri quadrati. Infine a Bologna gli affitti brevi rendono secondo insideairbnb 29.876 euro, pari a 7469 euro all’anno. I contratti ordinari liberi (a trovarli) secondo le Entrate permettono un incasso lordo di 10.891 euro, che al netto sono 6.535 euro. Infine i concordati fruttano 8547 lordi, pari a 6410 euro all’anno.

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5 novembre 2025

5 novembre 2025

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