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Polonara, la grande paura del coma: «Mi sembrava di essere in un’altra città». Cosa è successo e come sta ora

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Se l’era immaginato tutto in discesa il decorso post-operatorio, invece la strada di Achille Polonara ha cambiato pendenza, terribilmente in salita. Aveva atteso con trepidazione per più di tre mesi il trapianto di midollo come intervento vitale per guarire dalla leucemia mieloide acuta diagnosticatagli lo scorso 10 giugno. «Cavolo ma com’è possibile se due anni fa sono guarito da un tumore al testicolo?». La prima reazione di sgomento, la famiglia come stimolo supremo con la primogenita Vitoria che gli ripete: «Ti voglio vedere sempre con il sorriso», come raccontava al Corriere lo scorso 27 giugno. Dai primi accertamenti al Sant’Orsola-Malpighi di Bologna al trasferimento di due mesi a Valencia per i cicli di chemio e l’assunzione di pastiglie per abbassare il rischio di recidive. Attaccato alla flebo e alle bottigliette antinausea, l’iniziale paura di Achille veniva scalzata dal coraggio, quello che ha sempre messo sul campo da basket, abituato a buttarsi su ogni pallone, a trasmettere energia ai compagni di squadra.
 
Il ritorno a Bologna, il midollo compatibile al 90% di una donatrice americana, il trapianto effettuato il 25 settembre. Nel reparto di ematologia dell’Ospedale Sant’Orsola sembrava tutto scadenzato con ottimismo, la degenza prevista per almeno tre settimane caratterizzata da debolezza e dolori, con la trasfusione di globuli rossi e piastrine, e la protezione da infezioni.

L’incubo si palesa il 16 ottobre quando insorge bruscamente la complicazione più grave, una embolia cerebrale: il cervello di Polonara va in carenza d’ossigeno. Viene indotto in coma farmacologico proprio per proteggere il cervello, riducendo il metabolismo e il consumo di ossigeno. Si teme il peggio, sono momenti drammatici per la moglie, Erika Bufano, dalla paura che il marito non si risvegli all’incognita di possibili danni permanenti. «Mi avevano detto che al 90% sarei morto. Quando ero in coma mi sembrava di essere in un’altra città. Ma non vi liberate così facilmente di me: ho fatto una promessa a Erika», Achille sorride e si commuove rivivendo quei drammatici giorni nel servizio de «Le Iene» andato in onda ieri sera su Mediaset.

Perché la notizia non è uscita prima? Perché il mondo del basket e dello sport ha un cuore enorme, ha messo in atto la più ferrea e premurosa marcatura a zona. Amici e colleghi hanno difeso il «Pupazzo», soprannome di Polonara, facendo pure la voce grossa con chi si dimentica che la violazione della privacy è un reato. Ha ancora una mobilità ridotta del braccio destro, un passo alla volta. Domenica scorsa, a due settimane dall’embolia, per la prima volta è uscito dall’ospedale, è tornato a casa per mezza giornata. Così anche lunedì, sempre scortato dall’amore di Erika. La pendenza è cambiata, la strada è tornata ad essere un lungo rettilineo verso il graduale ritorno alla normalità del campione che ha vestito 94 volte la maglia dell’Italia. Dopodomani rivedrà i figli, negli ultimi due mesi gli sono dannatamente mancati, Vitoria ha appena compiuto 5 anni, Achille Junior ne ha 3. Il papà ha bisogno anche della potenza dei loro abbracci.

5 novembre 2025

5 novembre 2025

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