Home / Sport / Katia Ancelotti: «Mio padre Carlo mi ha fatto anche da madre. Gattuso? Non lo ha più chiamato, ci è rimasto male. Le critiche a mio fratello Davide? Del figlio di Pioli non si parla»

Katia Ancelotti: «Mio padre Carlo mi ha fatto anche da madre. Gattuso? Non lo ha più chiamato, ci è rimasto male. Le critiche a mio fratello Davide? Del figlio di Pioli non si parla»

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Katia Ancelotti, chieda un regalo a suo padre Carlo.
«Mi piacerebbe vederlo arrabbiato. Una volta, solo una».

È davvero così come appare: non si scompone mai?
«In campo e nello spogliatoio succede, dicono. Mio fratello Davide e mio marito Mino raccontano di sfuriate pazzesche, una versione di papà a me sconosciuta. Vorrei vederlo nella vita così, ogni tanto».

Invece?
«Non si espone. Non vuole mai scontentare nessuno. Un uomo troppo sereno, probabilmente è avanti. Tende ad evitare i conflitti, però ogni tanto bisogna prendere una posizione, che può non star bene a tutti».

Con Gattuso ha chiarito? Gli subentrò a Napoli dopo l’esonero senza dirgli nulla. Erano molto amici.
«Non si sono più sentiti, nè visti. Papà ci è rimasto male e non fa finta di niente. Rino non lo ha mai più chiamato, probabilmente si rivedranno al Mondiale, ci auguriamo tutti che l’Italia ci vada. Sarebbe bella una finale Brasile-Italia, l’ultima c’era stata nel 1994, papà era il secondo di Sacchi. Gattuso dov’era?!».

Questa è tagliente.
«È un dato di fatto, storia».
 
A Napoli, a Torino con la Juventus, Carlo ha ricevuto scortesie dai tifosi. Come ha reagito?
«Non gli ha dato peso. Intanto, lui non guarda i social. Mica leggeva o sentiva che a Napoli dicevano che era venuto a prendere la pensione? Quella cosa lì a me ha fatto malissimo, per esempio. A lui dispiace soltanto quando non riesce a fare il suo lavoro».

Tutti i suoi ex calciatori lo amano?
«Mai sentito un commento negativo. Eppure dai racconti che ricevo quando si arrabbia è terribile. Di papà resta impressa la persona».

Il primo ricordo d’infanzia che le viene in mente.
«Di sera papà mi addormentava sulle sue ginocchia, mi è rimasta quella sensazione di protezione. Chiudevo gli occhi e lui usciva. Mi metteva sul letto piano piano, temeva che lo scricchiolio delle ginocchia malandate mi facesse svegliare».

Carlo usciva di sera?
«Ma sì, si è goduto la sua età, ci mancherebbe. Si è fidanzato giovanissimo con Luisa, mia mamma. Mi è stato raccontato che si sono amati tanto. Poi però col tempo i caratteri diversi li hanno allontanati e si sono lasciati».

Succede che i figli si schierino, lei lo ha fatto? Se sì da che parte stava?

«Carlo ha fatto da padre e da madre, la sua presenza si è percepita in casa. Mamma, che purtroppo non c’è più, era sempre via. Giocava anche lei a calcio, poi a softball, donna piena di interessi. Insomma non la mamma che vedi in cucina a preparare la merenda, che si preoccupa di fare la spesa. Non ho ricordi di Natali a tavola in famiglia. All’epoca pensavo che lei fosse sbagliata, la vedevo strana e anche molto distante da me. Non era così e quando sono cresciuta, ho imparato a conoscerla. L’indipendenza è un valore come la libertà, l’ho capito dopo. I nostri Natali erano a Milanello, una bellissima famiglia per tutti noi, ricordi indelebili».

Poi la separazione.
«All’epoca vivevo a Londra, assorbivo a distanza le lamentele dell’uno e dell’altro. Hanno costruito tanto insieme, la scelta di separarsi a un certo punto è stata inevitabile. Si sono rifatti entrambi una vita, purtroppo per mamma la sua è durata poco».

Era accanto a lei quando è morta?
«Se n’è andata in pieno Covid, noi eravamo a Liverpool ed era difficile anche viaggiare. Sono tornata in Italia ma non la potevo vedere, toccare. Nel momento finale della malattia è stata da sola, resta un mio dolore grande. Ammirerò sempre la grande indipendenza, la donna autonoma e combattiva che è stata. La sento molto vicina».

Katia, quanto è pesante chiamarsi Ancelotti?
«Per me non lo è, mio fratello Davide ne ha subite di critiche per aver cominciato ad allenare con papà. Credo che abbia fatto più fatica degli altri, proprio perché gli hanno sempre puntato il dito. Adesso allena, da solo, il Botafogo, è anche lui in Brasile. Mi secca che parlino di lui e non di altri figli che pure sono con i papà allenatori. Pioli, tanto per fare un esempio».

Torniamo a lei…
«Col mio cognome ho dovuto selezionare le amicizie. E alla fine quelle vere sono le più datate, quelle di sempre insomma, che non mi chiedono maglie o biglietti. Se intuisco che sono interessate taglio subito. È un atteggiamento che mi dà fastidio».

Laureata in comunicazione, passione per la musica, partecipa ad Amici da ragazzina, oggi è imprenditrice con un suo marchio di abbigliamento sportivo. Ha tre figli.
«Mi sento una donna normale, che fa le cose che fanno tutte nella quotidianità. Ecco, una persona semplice, spero una buona mamma».

Il complimento più bello che le fa suo padre.
«Proprio questo. Che sono una brava madre».

Aveva altri sogni?
«Volevo fare la giornalista o la psicologa, e in effetti credo che ci sia similitudine fra le due cose. Poi, però… mi sono dovuta tappare la bocca un milione di volte con i giornalisti e ho lasciato perdere. Le critiche ok, ma gli insulti no».

È rimasta a vivere a Madrid dopo la separazione di suo padre con il Real, come mai?
«È una città internazionale, che mi piace. Abbiamo fatto sempre i girovaghi ma i bambini hanno bisogno di stabilità. Madrid ti permette di raggiungere l’Italia in maniera veloce. E l’Italia è casa».

Ha vissuto il calcio da piccolissima: dalla Reggiana, del Milan e poi delle grandi piazze europee. Lo trova cambiato?
«È diventato un business a tutti gli effetti ma a ben guardare è rimasto uguale: tutto ruota attorno alla passione del tifoso, all’emozione che una partita di calcio a qualsiasi livello regala. Ancora oggi è questo che tiene in vita la baracca».

Papà e il Brasile, dove c’è anche suo marito Mino nel suo staff. Sta bene lì?
«Mi ha colpito una cosa. Papà dice che gli è sembrato di tornare indietro nel tempo, a quando lui era calciatore. Nella sua Nazionale ci sono giocatori che vivono realtà calcistiche europee anche importanti, ma quando tornano nella loro terra sentono il richiamo alle origini. Non vedono l’ora di allenarsi, giocano, hanno voglia di stare insieme. Non si alzano subito da tavola dopo il pranzo, non sono con la testa nel cellulare o con il pc sempre acceso. Questa è una cosa che gli piace. Tutto sommato papà è un semplicione».

Non è cambiato, nonostante sia l’allenatore più titolato d’Europa?
«Macchè. Naturalmente si è evoluto nel suo lavoro ma come persona resta quello di sempre: il semplicione che mangia male, veste così così, non sa guidare bene e non mi ascolta. Ecco, questa è un’altra cosa di lui che detesto».

Carlo, il re di Coppe è felice e innamorato.
«Molto innamorato di Mariann, la sua seconda moglie. Quando li ho visti la prima volta insieme li ho guardati e ho pensato subito: l’amore a 50 anni è una cosa meravigliosa. A distanza di 20 anni son rimasti uguali».

Si dice che Carlo Ancelotti sia bravo ma anche fortunato. Lei cosa pensa?
«Che ha c…! È stato un uomo fortunato, è vero. Ma non è un caso. La fortuna te la devi meritare».

Va ancora al Bernabeu a vedere il Real?
«Se capita, sì. Ora tengo anche al Botafogo di mio fratello. Tifo per le squadre di famiglia ma la passione vera resta il Milan. Avete visto Modric, un ragazzino a 40 anni! Che bella persona».

24 ottobre 2025

24 ottobre 2025

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