
Ormai è chiaro: la campagna elettorale nelle Regionali si giocherà tra alleati, prima che tra fronti opposti. Intanto perché alcuni risultati appaiono, se non scontati, altamente prevedibili. E dunque la competizione è tra alleati-avversari. Poi, perché le prossime elezioni locali saranno una prova generale dei rapporti di forza in vista delle Politiche. Vale per le opposizioni, benché gli equilibri si stiano delineando con un Pd che guida tra molte tensioni e gli altri dietro, col M5S sempre più in affanno.
Ma ancora di più, la competizione influisce sugli equilibri nella maggioranza, dove il protagonismo leghista è sfidato da percentuali magre; FdI è saldamente in testa, e FI sicura del secondo posto nella coalizione. È questo a spiegare una «strategia del battibecco» della quale gli alleati di governo appaiono prigionieri. C’è uno scontro preoccupante sulla politica estera, tra l’appoggio all’Ucraina di FdI e FI, e l’indulgenza filorussa e la anti-riarmo del Carroccio, simile a quella del M5S.
Nel sottobosco del potere, invece, affiorano tensioni su ogni misura: si tratti di manovra economica, banche, tasse, pensioni. E perfino metrò di Roma e autorità portuali. Col vicepremier e ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, infuriato perché le nomine dei presidenti dei porti sono bloccate da mesi al Senato. «Siamo incagliati», accusa, «per la scelta politica di uno dei partiti della maggioranza, non mia né del premier. Oggi leggo: “Nomine dei porti ferme per dissidi tra Lega e FI”…».
Poi, l’affondo: «Essere attaccati dalle opposizioni ci sta, ma essere infastiditi da chi non è all’opposizione ci sta di meno. E siccome la pazienza ha un termine, il mio si è esaurito». L’«esaurimento», tuttavia, sa più di frustrazione che di vera minaccia. Non porterà a una crisi di governo, e nemmeno a un rimpasto. Non perché la Lega non vorrebbe un ministero per il governatore uscente del Veneto, Luca Zaia. Anzi, le risolverebbe un problema interno. Ma è già arrivato un veto di fatto dell’altro vicepremier, il leader di FI, Antonio Tajani.
Tajani, che come ministro degli Esteri si scontra di continuo su Ucraina e Ue con Salvini, fa sapere che non si opporrebbe a Zaia nel governo. Ma avverte che in quel caso il suo partito dovrebbe avere più ministri della Lega. «Bisognerebbe fare un rimpasto. E non credo sia possibile, perché in quel caso dovremo essere rappresentati per i consensi che FI ha oggi: dopo le Europee e le Regionali sono cambiati i rapporti di forza». Tajani ne è così convinto da avere già prenotato assessorati di peso nell’ex feudo leghista del Veneto, dove si vota a fine novembre.
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23 ottobre 2025 ( modifica il 23 ottobre 2025 | 21:22)
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