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Leopardo delle nevi, il «fantasma» che fugge dall’uomo. Ed è sempre più in pericolo

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Le popolazioni locali lo chiamano il «fantasma della montagna» perché riuscire a vederlo è cosa davvero rara. Un po’ perché la sua popolazione è in declino. E un po’ perché gli esemplari rimasti in natura si sono spinti sempre più in alto. Il leopardo delle nevi (Panthera uncia) è il predatore al vertice della catena alimentare negli ecosistemi montani dell’Asia. Ma pur non avendo concorrenti diretti, deve fare i conti con un temibile antagonista: l’essere umano. Assieme al cambiamento climatico, la pressione antropica e la frammentazione degli habitat da essa causata hanno costretto questo magnifico felino a cercare riparo a quote sempre maggiori

«Tra le attività umane, quella che causa maggiore interferenza ultimamente è l’allevamento di bestiame, che in Mongolia è una delle principali attività di sostentamento della popolazione e che da almeno 20 anni sta crescendo in modo significativo a causa della maggiore richiesta di cachemire sui mercati internazionali» spiega Francesco Rovero, ecologo e docente all’università di Firenze, che guida un progetto di ricerca sul campo sostenuto dalla Fondazione Arca e che coinvolge anche il MuSe di Trento e alcune organizzazioni locali.   

Il numero dei capi allevati è sempre più alto ma questo, paradossalmente, non sembra essere una buona notizia per il nostro cacciatore che agisce da solo e che per questo tende a non avventurarsi contro mandrie composte anche da centinaia di capi, magari protette da cani da guardiania e da persone, spesso a cavallo, capaci di incutere timore anche ad un predatore  come lui. Un esempio a cui forse sarebbe utile guardare anche sulle nostre montagne, dove la convivenza con il lupo non è facile. Sugli altipiani mongoli, invece, sembra essere  il leopardo a battere in ritirata, confinandosi nelle aree più desolate, dove si spostano anche stambecchi e argali, anch’essi disturbati dalla presenza massiccia di erbivori allevati «domestici» che fanno incetta di risorse alimentari e impoveriscono i terreni frammentando le aeree verdi. Ma mentre questo secondo aspetto era da tempo evidente, la relazione complicata tra allevamenti e leopardo andava certificata in modo scientifico. E ci ha pensato proprio il team del prof. Rovero che ha attivato un sistema di fototrappole in 476 siti in otto diverse aree per studiare simultaneamente il comportamento di bestiame e mammiferi selvatici. «Nel complesso, il nostro studio suggerisce che l’invasione del bestiame nelle aree protette influisce negativamente sul leopardo delle nevi e su altri mammiferi – spiega Rovero, che nei giorni scorsi ha presentato lo studio al convegno nazionale dell’Uiza ad Assisi -. I risultati sono rilevanti per orientare le strategie di conservazione volte a migliorare la gestione delle aree protette dove dovrebbe essere limitato il pascolo e cercata una collaborazione con i pastori nella conservazione della fauna selvatica, anche tramite sussidi governativi». Che dovrebbero essere utilizzati anche per opere di prevenzione delle predazioni, per quanto non ricorrenti, così da prevenire conflitti.

Il leopardo delle nevi è presente, oltre che in Mongolia, in altri 11 Paesi dell’Asia centrale e meridionale. Con una popolazione stimata tra 3.920 e 6.390 individui, la specie è classificata come «vulnerabile» dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), con un ulteriore declino del 10% previsto per i prossimi vent’anni. Nonostante segnali positivi in Bhutan e Kazakistan, dove si registrano piccoli aumenti delle popolazioni, la minaccia resta alta e non ci sono molti segnali che possano far pensare ad una inversione di tendenza. Anche il clima, del resto, fa la sua parte. La riduzione della parte nevosa, terreno che gli è più congeniale, fa sì che il «fantasma» vada a cercare rifugio a quote sempre più alte.

Leopardo delle nevi, il «fantasma» che fugge dall'uomo. Ed è sempre più in pericolo

«I conflitti con l’uomo rischiano di essere esacerbati dai cambiamenti climatici – sottolinea il Wwf in una nota in occasione della Giornata mondiale del leopardo delle nevi, che si celebra oggi – e a questo si aggiunge l’azione di bracconaggio». Se le grandi mandrie presidiate della Mongolia possono infatti incutere timore, non altrettanto si può dire dei piccoli allevamenti di villaggio nel resto dell’areale. Le predazioni, in questi casi, scatenano le ritorsioni degli allevatori. I due fenomeni insieme, bracconaggio e giustizia sommaria, fanno sì che ogni anno venga registrato un numero di abbattimenti compreso tra i 220 e i 450 individui. Una quota enorme, , circa il 7% calcolando i valori massimi delle forbici sopra indicate. 

In Pakistan, il Wwf ha avviato un progetto innovativo che integra tecnologia, ricerca e coinvolgimento delle comunità locali. Tra le soluzioni adottate: fototrappole con sensori AI per prevenire attacchi al bestiame, collari satellitari per il monitoraggio e strategie per migliorare la connettività ecologica. «La conservazione del leopardo delle nevi è strategica per gli ecosistemi d’alta quota – spiega una nota dell’associazione del panda -. Educazione, sensibilizzazione e cooperazione internazionale sono fondamentali per garantire un futuro in cui uomo e natura possano convivere in equilibrio».

Leopardo delle nevi, il «fantasma» che fugge dall'uomo. Ed è sempre più in pericolo

23 ottobre 2025 ( modifica il 23 ottobre 2025 | 19:15)

23 ottobre 2025 ( modifica il 23 ottobre 2025 | 19:15)

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