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Pierluigi Brivio, il calcio e la vita nella Russia in guerra: «Qui trasferte sempre a rischio, viviamo con gli alert sui telefoni per gli attacchi di droni»

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Vivere e lavorare in un Paese in guerra. Pierluigi Brivio, ex portiere di lungo corso e oggi preparatore dei portieri dello Spartak Mosca, vive da mesi una situazione professionale e umana particolare. Milanese di nascita, con un passato tra Serie A e B (ha difeso fra le altre i pali di Atalanta, Venezia e Vicenza, ha fatto il preparatore dei portieri a Bolzano nel Südtirol), Brivio ha scelto di proseguire la propria carriera tecnica in Russia, in un contesto complesso segnato dal conflitto e dalle tensioni internazionali. Lontano dall’Italia ma sempre legato ai valori del calcio e del lavoro quotidiano sul campo, racconta cosa significa oggi fare il proprio mestiere in un Paese in guerra, tra passione, prudenza e senso di responsabilità.

Brivio, com’è lavorare in un Paese in guerra?
«Noi dello staff di Dejan Stankovic, l’allenatore dello Spartak Mosca, viviamo nella capitale in un contesto bello, dove non manca nulla. Qui ci sentiamo al sicuro, poi ci sono delle situazioni in cui il senso di sicurezza viene meno».

Le sono mai capitati episodi particolari, in cui ha avuto paura?
«In un’occasione la federazione russa ha invertito i campi di gioco di una partita. Abbiamo giocato a Mosca, quando inizialmente avremmo dovuto essere di scena in trasferta. Una sacca ucraina era penetrata in territorio russo a Voronezh ed è stato deciso per non rischiare di evitare che si giocasse».

Altre situazioni a rischio?
«A volte quando ci troviamo a dover giocare in città di confine con l’Ucraina, ci è capitato di ricevere alert sui telefonini russi legati all’attacco di droni. Ma poi, una volta sul posto, gli stadi non sono mai stati presi di mira».

Le pesa questa situazione?
«Non faccio e non do giudizi sulle diverse responsabilità. Penso di poter dire interpretando il sentimento più comune che tutti sperino che questa guerra finisca presto. Un pensiero condiviso anche da noi tutti. Dispiace che si sia creata questa situazione».

Le manca l’Italia?
«Se devo essere sincero sì. Per il contesto, per i profumi, per il cibo, un po’ per tutto. E lo dico con l’ammirazione che nutro per Mosca, la capitale in cui trovi tutto ciò che ti serve».

A livello contrattuale come vanno le cose?
«Abbiamo un contratto fino alla fine della stagione. Se le cose non dovessero andare bene a dicembre c’è la possibilità di una rescissione, ma mi auguro che i risultati siano dalla nostra».

Segue il calcio italiano?
«Con grande interesse e piacere: un occhio di riguardo lo do a tutte le mie ex squadre».

Fra tante, Vicenza e Venezia..
«Sono entrambe squadre che seguo con grande affetto. Soprattutto il Vicenza, visto che ci sono stato sei anni quando giocavo, vivendo una delle parentesi più belle della mia carriera. Quest’anno sono partiti benissimo, spero e penso che possa essere l’anno buono per tornare in Serie B».

Il Venezia?
«Seguiamo con grande attenzione Filip Stankovic, il figlio di Dejan. È bravo, sta crescendo tantissimo passo dopo passo, sta facendo passi da gigante. La squadra è forte, ha tutto per tornare in Serie A».

A Bolzano come andò?
«Un’altra piazza dove mi sono trovato molto bene. Mi sento ancora spesso con il direttore sportivo Paolo Bravo e con l’attuale preparatore dei portieri biancorosso. È un ambiente compatto, dove si può lavorare alla grande. Non sono in B per caso e secondo me possono crescere ancora».

23 ottobre 2025 ( modifica il 23 ottobre 2025 | 17:36)

23 ottobre 2025 ( modifica il 23 ottobre 2025 | 17:36)

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