
Per gli uomini con un tumore della prostata metastatico, resistente alla castrazione e con mutazioni BRCA 1/2 fino a 7-8 anni fa non c’era molto da fare: con questa malattia aggressiva la prognosi era infausta e spesso ai pazienti restavano pochi mesi di vita. Oggi molto è cambiato, le terapie disponibili ci sono e l’orizzonte temporale dei malati si è allungato parecchio, arrivando a raggiungere diversi anni. Come dimostrano anche gli esiti degli studi che hanno portato l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ad approvare una nuova cura, ora rimborsata dal Sistema sanitario nazionale: una compressa a doppia azione a base di niraparib e abiraterone acetato, che si è dimostrata in grado di rallentare notevolmente la progressione della neoplasia.
I vantaggi per i pazienti con la nuova compressa
«Per anni l’unica strategia disponibile in Italia in questa fase di malattia e per questa fase specifica di carcinoma prostatico è stata l’aggiunta della chemioterapia con docetaxel alla terapia di deprivazione androgenica – ricorda Marco Maruzzo, direttore dell’Oncologia 3 all’IRCCS Istituto Oncologico Veneto di Padova -. Già l’introduzione nella pratica clinica, tre anni fa, di apalutamide ha rappresentato un passo avanti che ha consentito ai nostri pazienti di affrontare con maggiore serenità la loro malattia: si tratta tuttora di un farmaco ben tollerato, anche in fase avanzata, con un chiaro beneficio in termini di sopravvivenza, oltre che di qualità di vita. Poi sono arrivati i risultati dello studio MAGNITUDE che hanno dimostrato come fosse possibile ritardare sia la progressione del cancro che il peggioramento dei sintomi rispetto all’attuale standard di cura grazie alla nuova compressa a doppia azione a base di niraparib (un inibitore di PARP) e abiraterone acetato (inibitore della biosintesi degli androgeni)». Il nuovo farmaco sfrutta le caratteristiche di entrambe le molecole, impedendo alle cellule tumorali di riparare il DNA e, allo stesso tempo, bloccando la produzione di testosterone, necessario alle cellule tumorali per crescere. La nuova terapia è indicata in associazione con prednisone o prednisolone per il trattamento di pazienti adulti con cancro della prostata metastatico e resistente alla castrazione e con mutazioni BRCA 1/2 (germinali e/o somatiche), per i quali la chemioterapia non è clinicamente indicata.Â
Test BRCA anche per i maschi
Con oltre 40mila nuovi casi diagnosticati in Italia nel 2024, quello alla prostata è il tipo di cancro più frequente nel sesso maschile dopo i 50 anni.
Grazie a diagnosi precoce e terapie sempre più efficaci, oggi oltre il 90% dei pazienti riesce a guarire o a convivere anche per decenni con la malattia, tanto che sono oltre 485mila connazionali dopo aver ricevuto una diagnosi. Molte nuove opzioni sono disponibili oggi anche per quei pazienti che hanno una neoplasia metastatica, ma è determinante conoscere con precisione il sottotipo di cancro presente nel singolo uomo.
«Quando ci troviamo davanti a un paziente con carcinoma prostatico metastatico, il test BRCA è uno step fondamentale – sottolinea Elena Verzoni, dirigente medico in Oncologia genito-urinaria e Programma prostata alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano –. Il test BRCA, ben noto per il rischio di tumori femminili come seno e ovaio, ha infatti un legame anche con prostata e pancreas. È importante che venga eseguito tempestivamente in tutti i pazienti in quanto l’identificazione di varianti nei geni BRCA permette non solo di indirizzare la scelta terapeutica più adatta, ma anche di intraprendere un percorso di consulenza oncogenetica nei familiari per identificare i portatori ad alto rischio. Oggi riusciamo a individuare con precisione diverse informazioni biologiche e possiamo conoscere meglio anche le varie condizioni cliniche in cui si presenta il cancro, sulla base della quali possiamo definire il percorso di cura migliore per il singolo paziente».
Una neoplasia difficile da trattare
Il tumore alla prostata metastatico e resistente alla castrazione resta, ancora oggi, una neoplasia difficile, soprattutto se sono presenti mutazioni dei geni BRCA1/2, una tipologia di alterazioni genetiche della riparazione mediante ricombinazione omologa (HRR), che rappresentano il 10-15 per cento dei casi, rendendo questi pazienti più suscettibili a sviluppare una malattia aggressiva, con esiti negativi e prognosi sfavorevoli. Ma la nuova combinazione (come è emerso dai risultati dello studio di fase 3 MAGNITUDE, sui quali si è basata l’approvazione di Aifa) ha migliorato significativamente la sopravvivenza libera da progressione radiografica in tutti i pazienti HRR-positivi, con un miglioramento ancor più pronunciato nel caso delle mutazioni del gene BRCA1/2. Il farmaco è inoltre in fase avanzata di studio anche per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma prostatico metastatico sensibile agli ormoni (HRR-positivi). Lo studio di fase 3 AMPLITUDE, infatti, ha valutato l’efficacia e la sicurezza di niraparib e abiraterone acetato più predniso(lo)ne nel trattamento di questo sottogruppo di pazienti rispetto al placebo più abiraterone e prediso(lo)ne da soli, evidenziando i benefici clinici di questa terapia.
Promuovere la diagnosi precoce
«È molto importante che queste cure innovative, sempre più mirate ed efficaci, siano disponibili in tempi rapidi per tutti i pazienti che ne hanno bisogno – conclude Ferruccio Buora, consigliere di Europa Uomo, associazione dedicata alla tutela del diritto alla prevenzione e alla cura del tumore della prostata -. La nostra missione è prima di tutto promuovere la diagnosi precoce, per evitare terapie invasive e aumentare le probabilità di guarigione. E in secondo luogo far sì che ogni paziente abbia accesso alle innovazioni prodotte dalla ricerca, per ottenere un incremento non solo dell’aspettativa di vita ma anche della sua qualità , come la nuova terapia presentata oggi promette agli uomini affetti da una forma di tumore della prostata particolarmente aggressiva».
15 ottobre 2025 ( modifica il 15 ottobre 2025 | 12:14)
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