
«Il mio miglior risultato? La reputazione che dal 2010 siamo riusciti a costruire per il Veneto a livello internazionale. Questo vorrei che restasse». Luca Zaia, presidente uscente dopo quindici anni ininterrotti, è sulle barricate. E allora con l’hashtag «orgoglio veneto» e il titolo «La mia eredità» posta sui suoi canali social parte delle dichiarazioni rilasciate ieri a Vicenza.
Dichiarazioni che girano tutte intorno a una serie di quesiti concatenati: correrà alle prossime Regionali? Se sì, in tutti i sette collegi provinciali o solo nella sua Treviso e, soprattutto, la scelta di correre sarà subordinata al suo nome sulla lista Lega?
Nei giorni scorsi aveva detto «prendo atto di essere un problema» dopo che era trapelato il diktat nel «suo» centrodestra: vietato inserire il nome di Zaia nel simbolo del partito. Nel frattempo gli uscenti del consiglio regionale eletti con la Lista Zaia di cinque anni fa si riunivano per chiedere invece un logo «zaiano», logo, ci risulta, peraltro già pronto. Lo smacco finale di cassarlo avrebbe fatto imbufalire Zaia. Così ora la decisione (se e come correre, ndr) «la comunicherò quando sarà ora di comunicarla, – insiste sibillino il presidente – l’importante è far capire ai veneti che l’unica cosa che farò è essere dalla loro parte». Da un lato l’orgoglio, dall’altro il braccio di ferro per tentare di far tornare in pista il simbolo «Lega-zaiana». Dalle parti dei vertici regionali, invece, si darebbe per chiuso il «capitolo simbolo». E qualcuno insiste a sussurrare che sarebbe stato lo stesso Zaia a preferire così per non rischiare di perdere preferenze personali.
Ricostruzioni opposte che rappresentano plasticamente il «caso Zaia» in Lega e il clima che si respira in questi giorni. Tant’è che non è ancora chiaro quando verrà presentato il simbolo che comparirà sulle schede elettorali. Tecnicamente c’è tempo fino al 23 ottobre con il deposito delle liste, politicamente lo si attende almeno per domani, con la serata di lancio ufficiale della campagna elettorale del candidato Alberto Stefani al Gran Teatro Geox. A patire lo stallo sono anche i tanti leghisti pronti a correre che attendono, da un lato, l’ufficializzazione delle liste, dall’altro proprio quella del simbolo, condizione indispensabile per poter stipulare i contratti per maxi affissioni e pubblicità elettorale. Mancano esattamente quaranta giorni al voto, tempo di accelerare per chi deve puntare alle preferenze.
Del resto, ragiona qualche colonnello, sarebbe bizzarro se il nome sul simbolo della Lega fosse quello del presidente uscente e non quello del candidato Stefani. Zaia sembra interpretarla in maniera opposta: «Alberto (Stefani, ndr) ha bisogno del sostegno di tutti, del mio sostegno principalmente, per ovvi motivi, ma anche di tutti i cittadini».
Incalzato dai giornalisti Zaia aggiunge: «Indipendentemente da chi ha deciso di togliere il mio nome, non ne faccio una malattia. Mi dispiace perché Stefani avrebbe avuto bisogno anche di questo aiuto ulteriore, non perché i cittadini siano degli allocchi ma perché c’è una linea di continuità che potevamo dimostrare. Fermo restando che lista Lega e lista Zaia, sondaggi alla mano, avrebbero vinto come prima forza della coalizione. Il sacrificio lo sta facendo, alla grande, la Lega».
L’amarezza, nelle parole di Zaia, è palpabile. Inutile girarci intorno. Tanto che all’ennesima domanda: «Quando deciderà?», risponde prudente «a tempo debito, io ho sempre detto che sostengo Stefani e su questo non c’è dubbio, dopodiché la mia eventuale discesa in campo la comunicherò con le modalità che mi contraddistinguono». Quell’«eventuale» suona come una minaccia. Dal punto di vista di Zaia, l’ipotesi di una corsa solitaria di Lega e Lista Zaia ha funzionato, il Carroccio ha strappato il candidato, ma ora quell’«arma segreta» sta diventando ingombrante. E allora, alla domanda «una volta eletto rimarrebbe in consiglio regionale?» Zaia sbotta: «Ma se dobbiamo ancora decidere se mi candido?». Nel frattempo Stefani lancia un «campus per i giovani, della durata di almeno 15 giorni, da trascorrere insieme alla Protezione Civile, su base volontaria». Scopo: «Insegnare a ragazze e ragazzi lo spirito di servizio, il senso del dovere, la disciplina, l’amore per il territorio». Un training anti baby-gang chiamato «Servizio veneto».
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14 ottobre 2025
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