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Il presidente di Act, Gino Cocchi: «Illuminiamo lo scalo di Hong Kong con una commessa da 40 milioni di euro»

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Si definisce «un antico giovane». Gino Cocchi, classe 1940, è il presidente di Aretè&Cocchi Technology, gruppo industriale con la missione di innovare e internazionalizzare. Per vent’anni amministratore delegato di Carpigiani, leader nella produzione di macchine per il gelato, è stato protagonista del rilancio di Cattabriga, altra storica impresa del settore acquisita da Carpigiani. Fondatore nel 2010 di Act, specializzata in tecnologie di nicchia per meccanica, elettronica e applicazioni scientifiche, parla quattro lingue: inglese, spagnolo, francese e tedesco. Con «l’obiettivo di chiudere il 2026 con 250 milioni di fatturato e 300 milioni di ordini», annuncia una commessa da 40 milioni da parte dell’aeroporto di Hong Kong per due anni.

Quali sono i particolari dell’operazione?
«La divisione bolognese Ocem Airfield si è aggiudicata il contratto per l’ammodernamento del sistema di illuminazione a terra della la pista Sud e le vie di rullaggio dell’aeroporto. Il progetto prevede la sostituzione di oltre 8 mila luci Led e 150 regolatori di corrente, la posa e il collaudo di circa 1.200 chilometri di cavi, l’installazione di quadri Mccb, Ups, piattaforme di test e sistemi software di controllo, configurazione e collaudi. Si consolida così la collaborazione di Ocem con l’Airport Authority di Hong Kong che dura da oltre vent’anni».

Come si svolgeranno le installazioni?
«Quello di Hong Kong è uno dei più trafficati hub al mondo. Le lavorazioni in pista avverranno tre notti a settimana per solo sei ore, senza interferire con l’operatività dello scalo».

Act come sta affrontando il disordine internazionale?
«Reagiamo, lavorando sul lungo respiro. La tragedia della guerra in Ucraina ha cancellato il nostro mercato in Russia, che valeva oltre 20 milioni l’anno, ma continuiamo con gli investimenti: rappresentano il 10% delle entrate. Nel 2023 abbiamo rilevato il ramo d’azienda di automazione integrata di Kuka, rilanciando il marchio tedesco Reis Robotics. Così si è rafforzata la nostra divisione robotica».

Quali sono le altre divisioni?
«Le principali divisioni sono: soluzioni di packaging; sistemi di illuminazione aeroportuali e dispositivi spaziali; applicazioni scientifiche e ricerca, in particolare per la medicina e la fusione per l’energia nucleare pulita; robotica, automazione e l’elettronica di potenza. Collaboriamo col Cern di Ginevra e i più importanti istituti di ricerca».

Da quanti addetti è formata la comunità di Act?
«Diamo lavoro a 800 persone nel mondo, di cui 150 a Crespellano, per il 65% ingegneri, 29% under 35 e 21% donne, in 13 business units e 11 siti fra Italia, Germania, Francia, Stati Uniti, Cina, Messico e Svizzera. Grazie a loro, formati costantemente, tutto è possibile».

Come iniziò la sua avventura di imprenditore?
«Sono un perito industriale. Da ufficiale dell’Aeronautica, in un centro Nato sardo, durante la guerra fredda studiavamo il primo lancio satellitare: il San Marco del 1964. La curiosità, il desiderio di fare e girare il mondo mi hanno sempre accompagnato. Nel 1970 Poerio Carpigiani mi chiamò per gestire Cattabriga, concorrente in crisi appena acquisita. Nel 1990 fui nominato ad di Carpigiani. Infine nel 1995 ho fondato la Cocchi Technology Packaging».

Cosa sogna?
«Spero che la Provvidenza mi dia l’energia per portare l’azienda al passaggio di una seconda generazione. C’è una grande trasformazione e, con l’intelligenza artificiale, potremmo crescere come civiltà. Sogno di creare ricadute positive sull’impresa e sulla vita dei giovani del territorio».


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13 ottobre 2025

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