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I malumori di Confindustria per la manovra, Orsini: «Manca la parola crescita»

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«Credo che manca molto la parola crescita nella legge di bilancio che stiamo affrontando», attacca il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, nel corso dell’assemblea di Assolombarda. «La parola crescita – aggiunge – è fondamentale per creare certezza. Apprezzo il lavoro fatto dal ministro Giorgetti sul contenimento dei conti pubblici. Ma la crescita si fa con
investimenti. Investimenti che ci servono per essere competitivi. Noi abbiamo l’obbligo per essere più competitivi». Quindi per correre sugli
investimenti «lo possiamo fare solo inserendolo nelle leggi di bilancio. Ed è quello che noi stiamo chiedendo», evidenzia il presidente di Confindustria.

Il piano per il Paese

«Abbiamo bisogno – ha proseguito Orsini – di avere un piano industriale del paese». Un elemento è anche «far continuare a crescere il Sud perché abbiamo visto gli investimenti al Sud con la Zes Unica. Torno al ragionamento della legge di Bilancio, sottolineando che gli investimenti sono come un debito buono perché se li metto al centro mi rende oltre cinque volte quello che ho dato. In questo Paese questa è la via, perché se vuoi crescere l’unico modo è incentivare gli investimenti per diventare più competitivi», rileva il presidente di Confindustria. Rincara il vicepresidente dell’associazione di viale dell’Astronomia, Angelo Camilli, dopo l’incontro con il governo sulla manovra, avvertendo che «da gennaio terminano tutti gli incentivi e l’industria italiana è nuda, senza strumenti per competere in uno scenario dominato da incertezza, dazi e rischio delocalizzazione». E ancora: «Servono otto miliardi l’anno per non fermarsi».

Il pressing agli industriali

«Che senso ha sostenere il governo e averlo amico se poi non ascolta le tue imprese?» esordisce così al telefono il direttore di una importante territoriale di Confindustria del Nord Ovest. Si tratta di un sentire diffuso. Ma attenzione: il pressing degli industriali sul governo in vista della legge di Bilancio non va, almeno per ora, scambiato per una rottura con palazzo Chigi. Si tratta più che altro di un appello al confronto.

Gli investimenti alle imprese

Ma vediamo i fatti. Confindustria ha presentato un prospetto dei suoi desiderata attraverso un documento già a settembre. La richiesta è quella di sostenere gli investimenti delle imprese con un piano da 8 miliardi l’anno in tre anni. I dossier principali sono: credito d’imposta in ottica pluriennale per finanziare una nuova Transizione 5.0 con i fondi inutilizzati del Pnrr (4,1 miliardi); mobilitare risorse su contratti di sviluppo e accordi di innovazione; rifinanziare la Zes unica per il Sud che in realtà riguarda una zona allargata del Mezzogiorno (comprese per intenderci le Marche e l’Umbria); rendere strutturale e allargare l’Ires premiale. Poi ci sarebbe il costo dell’energia da abbassare.

Il ruolo del ministero dell’Economia

Risposte soddisfacenti agli occhi degli industriali per ora non ci sono. Ovviamente è cruciale il ruolo del ministro dell’Economia sulla gestione delle risorse. Ma Giorgetti all’ultimo ha declinato l’invito all’assemblea di Verona e Vicenza (due sabati fa). Stesso discorso alle assise dei giovani industriali di Capri. La doppietta a molti è sembrata troppo. Soprattutto in una fase in cui l’industria si aspetta attenzioni. Il meno 2,7% tendenziale della produzione industriale di agosto dice molto, con automotive alle strette, l’Ilva in bilico e il settore moda in cerca di direzione.

L’incontro con le associazioni

In tutto questo è da capire che cosa pensi la premier Meloni della determinazione con cui Giorgetti tiene stretti i cordoni della borsa nei confronti dell’industria. Forse qualcosa si chiarirà oggi in occasione dell’incontro del governo con le associazioni datoriali sulla manovra. Ma anche stavolta Giorgetti e Orsini non si incontreranno, con il secondo a Milano per l’assemblea di Assolombarda.

La questione Irpef

Certo è che Confindustria è in una posizione complessa. Misure come la riduzione dello scaglione Irpef dal 35 al 33% per il cento medio sono in linea con quanto serve a Confcommercio in quanto sostengono i consumi, oltre al consenso. Ma l’industria ha bisogno in questa fase di supporto sul fronte dell’offerta, non della domanda. Ultimo ma non trascurabile: il governo avrebbe intenzione (su spinta della Lega) di introdurre in manovra una misura che obblighi le imprese al riconoscimento degli aumenti dei rinnovi contrattuali dal mese successivo alla scadenza dei contratti. In realtà l’accordo più importante del perimetro confindustriale, quello dei metalmeccanici, lo fa già. Ma non è solo questo. Le rappresentanze delle imprese vedono in una misura del genere una riduzione del loro campo d’azione. E questo non aiuta.

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13 ottobre 2025

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