
Empatia e vulnerabilità sono due parole chiave nella musica di Tom Odell, fin dai suoi esordi di cantautore, nel 2012, quando si è fatto conoscere con «Another Love», brano che poi è diventato virale 10 anni dopo, colonna sonora di migliaia di video sui social.
Oggi, al traguardo del settimo album «A Wonderful Life» (che lo porterà in Italia il 27 novembre, al Forum di Assago), il 34enne inglese racconta di voler celebrare la vita «con tutte le sue fragilità, le ambiguità morali, il dolore, la gioia e l’euforia», e a dispetto del titolo positivo continua a rimanere maestro delle ballate malinconiche «perché la vita è un accumularsi di eventi malinconici».
Ispirato dalla poesia di William Blake, Tom Odell riversa tutto il suo mondo interiore nella musica: «Sono sempre stato molto sensibile e ho trovato un luogo in cui andava bene esserlo. La musica è stata la mia fortuna», racconta.
Nel singolo «Don’t Cry, Put your Head on my Shoulder» riflette sulla compassione, sul «cercare sempre, anche da arrabbiato, di ricordare che siamo tutti esseri umani che provano a fare del loro meglio», spiega: «Quel brano è per una persona che stava attraversando un momento difficile perché mi sono reso conto che quando voglio bene a qualcuno e lo vedo stare male, il mio primo istinto è dire “ok, farò tutto quel che posso per aiutarti a uscirne”. Pensavo fosse un atteggiamento nobile, ma recentemente ho capito che a volte la cosa più potente che puoi fare è sederti accanto a quella persona nella sofferenza e non cercare di risolvere proprio nulla, essere semplicemente una spalla».
In «Ugly», invece, Odell esorcizza «alcuni momenti in cui non penso in modo molto positivo a me stesso e non amo il mio aspetto fisico», racconta: «Ci sono delle volte in cui ci si sente orrendi e si vorrebbe solo assomigliare a chi si vede su uno schermo. Ci sono momenti molto tristi, forse possiamo chiamarli anche depressivi, che ho affrontato, e finché li si attraversa non c’è nulla di romantico, anzi sono proprio raccapriccianti, tutto diventa orribile e più di tutto se stessi. Il desiderio di essere bellissimi e di non avere sentimenti complicati di ansia credo esista in tutti noi».
I social non aiutano: «Vedendo quanti teenager combattono con problemi di salute mentale, non si può dire che facciano bene, eppure ormai sono parte del mondo e della vita. Hanno anche aspetti positivi, ma quel che mi colpisce negativamente è proprio la mancanza di compassione che vedo in quegli spazi, la cattiveria della gente permessa dall’anonimato».
La sua «Another Love», però, è riemersa 10 anni dopo proprio grazie ai social: «Ha viaggiato lontanissimo e ciò non sarebbe accaduto senza TikTok, ne sono rimasto davvero sorpreso». Online è diventata la colonna sonora di tante cause sociali: «Ci sono video virali ovunque e se da un lato ne sono molto fiero, dall’altro è impossibile per me dire qualcosa su ogni istanza a cui il brano viene associato. Posso solo essere felice per la canzone».
Teme di rimanere impigliato a un unico brano? «Come cantautore, è molto meglio avere un brano così importante che non averlo. Mi ha donato una carriera, ha portato nuovo pubblico alla mia musica. Ma non faccio questo lavoro per avere una hit, è stato un puro incidente e non mi aspetto né mi preoccupa che accada di nuovo».
Il suo approccio è più profondo: «Mi piacciono le canzoni senza tempo, se posso dire una sola cosa ai giovani artisti è “scrivi brani che avrai ancora voglia di cantare fra 15 anni” – spiega -. Se ripenso al me degli esordi, c’erano tanti tagli di capelli e vestiti orrendi, ma ho sempre provato a creare canzoni di qualità, mettendoci grande cura. Forse non sono mai andato di moda, ma ciò che è trendy per me non è interessante».
27 settembre 2025
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