
La presentazione è stata doppia. Da un lato il saluto al Birrificio Angelo Poretti, azienda storica diventata top sponsor della Pallacanestro Varese (il partner principale rimane comunque Openjobmetis), e dall’altro il “welcome” a Olivier Nkamhoua, 25 anni, finlandese con radici camerunesi dalla parte del padre e scozzesi da quella della madre. Olivier è passato dall’ottimo Eurobasket (quarto posto) con i compagni della Nazionale — l’ormai famoso “branco di lupi” — alla nostra serie A. Ma il benvenuto è caduto a due giorni dalla terribile amichevole con Tortona in Valsesia, un’umiliazione da 54 punti di scarto che rimarrà negli annali di un club abituato a ben altro. Quindi, tolto il dente, tolto il dolore.
«È stata una partita inaccettabile — dice il giocatore —, non abbiamo scuse. Ma la lezione deve farci trovare una spinta migliore».
Il campionato, al via il 5 ottobre, ci dirà. Intanto in pochi giorni Olivier Robinson Nkamhoua ha già fatto capire quanto sia importante per Varese. È stato di fatto il colpo d’inizio estate («Ho parlato con i general manager, con coach Kastritis, ma anche con uno che qui ha fatto il capitano: Teemu Rannikko. È il vice-allenatore della Finlandia, è importante per la mia carriera: mi ha parlato della cultura cestistica di questo club») e sarà un jolly grazie alle sue doti fisico-atletiche: «Sono un’ala, un numero 4, ma posso giocare pure da centro o da ala piccola. E in difesa mi occupo di avversari sia grossi sia agili». Perciò circolano già i timori: dovesse arrivare una proposta dall’Eurolega, che cosa succederebbe? «Offriamo a Nkamhoua una chance di crescita e non valuteremo offerte di altre squadre», taglia corto il g.m. Max Horowitz. «Io sono felice di essere qui», aggiunge Olivier con un sorriso, a dire il vero enigmatico. Nel dubbio, a Varese toccano ferro.
In principio nella vita di Nkamhoua non c’era il basket. «C’era il calcio. Ma non ero bravo. È stato papà, cestista, ad avviarmi a questo sport grazie al quale aveva conosciuto mia mamma. Mi sono subito trovato bene, ma in Finlandia il basket è cresciuto solo di recente. A 17 anni sono andato negli Usa per l’High School e l’Università: è un percorso che benedico. L’anno scorso, in Germania a Chemnitz, ho debuttato come professionista. Adesso eccomi qui, spero di essere d’esempio per altri giovani finlandesi che scelgono il basket».
Anche se il “branco di lupi” non ha vinto una medaglia, l’Europeo è stato griffato pure dalla Finlandia. E da Nkamhoua, capace di una media a partita di 11 punti, 5 rimbalzi e 3 assist. Olivier, dopo aver raccontato la curiosa abitudine di prendersi a schiaffi nel momento di andare in campo («Prima del match con la Polonia il capitano mi ha dato una sberla: gli ho chiesto perché l’avesse fatto solo a me, perciò ha coinvolto gli altri. Dato che abbiamo vinto, abbiamo ripetuto il rito»), dimostra di essere un ragazzo umile e intelligente, giovane dalle grandi prospettive («La Nba è nei miei progetti? Certo») che sa che cosa fare («Devo crescere nella lettura dei vari momenti di una partita») e come mettere a frutto quanto appreso affrontando Mvp dei “pro”, vale a dire Nikola Jokic, sconfitto assieme alla Serbia negli ottavi, e Giannis Antetokounmpo, che con la Grecia ha invece negato il bronzo: «Giocando contro di loro, dopo aver visto i filmati di quando erano giovani, ho capito che il basket è una scala da salire, con tanti gradini».
Per farlo è utile un concetto riassumibile con la parola finlandese “«sisu»: sta per resilienza, coraggio, determinazione.
«È un valore che nasce dalla storia della mia Nazione, costretta a superare momenti duri. Ecco, il “sisu” servirà pure a Varese: al momento ci manca la durezza del collettivo. Faccio l’esempio delle dita di una mano: sono tutte forti, ma prese singolarmente si possono rompere mentre se le chiudi a pugno non si rompono più».
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27 settembre 2025
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