Home / Sport / Sofia Goggia: «Avevo perso il fuoco, pensai di smettere, Baggio mi disse: “Decidi per stessa, il resto sono grandi seghe”. Brignone? Infortunio peggiore del mio, ma è stato il primo e può aiutarla di testa: dopo 7 operazioni avrei avuto il rigetto»

Sofia Goggia: «Avevo perso il fuoco, pensai di smettere, Baggio mi disse: “Decidi per stessa, il resto sono grandi seghe”. Brignone? Infortunio peggiore del mio, ma è stato il primo e può aiutarla di testa: dopo 7 operazioni avrei avuto il rigetto»

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A un mese dalla Coppa del Mondo di sci, con le Olimpiadi italiane che incombono (mancano quattro mesi e mezzo a Milano Cortina 2026), Sofia Goggia ha raccontato la sua carriera, fatta di discese ardite e di risalite, a Gianluca Gazzoli che l’ha ospitata nel suo podcast BSMT.

Tanti i temi trattati, a partire dalla preparazione estiva delle sciatrici: «La preparazione a secco in estate è pesante (palestra, gradoni, bici), vanno messe le basi a livello fisico: a settembre in Argentina quasi mi riposo. Pur essendoci tanti momenti conviviali per me l’estate è una sofferenza, io amo l’inverno. Giornate sugli sci con i miei amici? Due in tutta la mia vita. E preferisco un bel pesciolino in tavola al canederlo: stiamo 230 giorni all’anno in hotel e ci salviamo sempre con le ceasar salad…».

Quindi il rapporto con l’amica e rivale Lindsey Vonn: «Ci vogliamo bene e ci stimiamo come persone, la competizione finisce al traguardo. Le Olimpiadi saranno nella sua pista preferita, il suo obiettivo è quello, a me ha detto che dopo i Giochi smetterà. Lei è stata super coraggiosa, ha già fatto anche un podio da quando è rientrata. Prima del ritorno le scrissi che sarebbe stato bellissimo fare un podio insieme: ero apprensiva nei suoi confronti perché non sapevo quali rischi avrebbe corso, ma lei se si mette in testa di fare qualcosa resta Lindsey Vonn, una leggenda. I suoi risultati subito positivi hanno stupito altre, ma non me. Tra noi c’è stato un muto e tacito riconoscimento della forza di entrambe, soprattutto legato al nostro passato con gli infortuni: ci accomuna la sofferenza, nel 2018 a Pyeongchang mi disse che, se qualcuno avesse dovuto batterla, era contenta fossi stata io”.

Poi, il lungo racconto dei suoi guai fisici, soprattutto dell’ultimo, il più grave, avvenuto durante un allenamento sulle piste della Valle Camonica: «Il resoconto dei miei infortuni? Alle ginocchia ho fatto due crociati a destra e un’altra operazione ai menischi: una a sinistra dove mi ero rotta un po’ tutta, poi la mano, l’avambraccio e l’ultima alla tibia. Mi sono fatta male già a 14 anni e sono entrata in una dimensione per cui sapevo che, prima o poi, avrei dovuto superare il trauma. Quello dello scorso anno però è stato emotivamente pesantissimo, ho pensato di non farcela. Ero in forma, sbagliai di pochi centimetri e mi si incastrò il piede: ho avuto subito la sensazione di essermi rotta tutto, ho avuto una fitta al cuore, il dolore fisico fu enorme. Tirai fuori in qualche modo il piede dallo scarpone e il profilo della tibia, perpendicolare, era diventato una C. “Ragazzi il sogno quest’anno finisce qui”, dissi subito ai miei allenatori. Il pilone tibiale era frantumato, come quando prendi un pacchetto di cracker che è stato sotto i libri e lo trovi in mille pezzi. L’ho patito molto. Uscirono le frasi di circostanza con un mio “Tornerò anche stavolta” sul sito della Fisi, ma ebbi uno scatto di rabbia perché io dentro di me pensavo: “Stavolta non torno più”».

Lo switch a casa Baggio: «Ero in blackout, solo lui poteva capirmi»

Il primo switch dopo l’incontro con Roberto Baggio: «Mi chiedevo il perché mi fosse capitata questa cosa, non riuscivo a uscirne. Lui fu gentilissimo, mi ospitò a casa sua, lo avevo contattato tramite Bergonzi della Gazzetta che parlò con il suo manager. Ci sedemmo al tavolo di casa, mi guardò e mi disse: “Quindi?”. Io gli dissi: “Penso che tutti gli infortuni siano sempre figli di un conflitto emotivo, all’interno di noi ci sono delle emozioni che poi ti fanno un bluff e esplodono fisicamente”. Ero in totale blackout, pensavo che la mia carriera fosse finita, ero spenta, non c’era il fuoco, anche se clinicamente ero guarita. Baggio mi disse: “Non pensavo avessi questa consapevolezza”. Quell’incontro mi ha dato tanto, ci ho messo tempo a metabolizzarlo, io sono andata dall’unica persona che potesse capirmi. Per me è una leggenda, sono cresciuta nel suo mito. Lui ha trovato tantissima pace interiore attraverso il buddismo, mi portò anche nella stanza in cui prega ogni giorno. A un certo punto siamo in un angolo, mi guarda con i suoi occhi verdi glaciali e mi dice (lo imita con l’accento veneto, ndr): “Decidi tu per stessa, il resto sono solo grandi seghe”. E aveva ragione. Mi trovò, me lo disse anche sua moglie, in uno stato di stress spirituale emotivo molto alto, non pensavo ce l’avrei fatta”.

La svolta: «Per un caso fortuito, decisi di togliere la piastra»

E invece… «Ho avuto anche fortuna. Dopo quattro mesi e 20 giorni ho rimesso gli sci, ma il problema era la piastra: era terribile, mi faceva malissimo. Non riuscivo a sciare in estate, sentivo le vibrazioni sulla neve e mi chiedevo dove volessimo andare in quella situazione. Mi venne un’idea, parlando con la moglie del mio skiman che ebbe un infortunio simile al mio: lei mi disse che senza piastra era tornata a stare benissimo, pensai potesse essere una soluzione anche per me e proposi di toglierla, rinunciando alla preparazione estiva per poi andare a Copper Mountain a novembre. Sembrava un’idea bizzarra, lo era, ma era l’unica opzione perché non riuscivo a sciare. Me la tolsero dopo un mese, avevo ancora 50 giorni prima di sciare: ho iniziato a fine ottobre, in Val Senales ho rimesso lo scarpone e non sentire dolore mi ha liberato. All’inizio ho faticato, poi in America sono cresciuta e sono tornata velocemente ai miei livelli. Il clic è stato quando ho smesso di pormi domande, ho capito anche la grazia che scaturiva da questo incidente: non c’è niente di più bello che provare gratitudine, mi ha dato una leggerezza bellissima, mi sono sentita in pace. Prima faticavo a convivere con me stessa, mi rimproveravo per essere ancora in quella situazione, alla settima operazione: stavolta non avevo peccato di hybris come altre volte, era stata un’inforcata in gigante. Ero grata per essere riuscita ancora una volta a prendere la strada giusta all’ennesimo bivio».

Olimpiadi a Cortina: «Il mio posto magico, ma prima mi qualifico»

Ora le Olimpiadi, ma non solo: «Lo scorso anno ero in equilibrio, mi sono prese soddisfazioni. L’urlo che ho fatto a Pechino, con l’argento in discesa ai Giochi 23 giorni dopo un infortunio, fu il frutto di un recupero matto e disperatissimo: era stato uno scarico di tensione potente, anche se sapevo che qualcuna mi avrebbe superata. Per un argento avrei firmato. Nel villaggio olimpico ero persino inciampata, un’altra botta di dolore…Le Olimpiadi sono un sogno, lo spirito olimpico è aura speciale nell’aria, ma io nel villaggio non ho mai cercato la socialità. In Asia ero in missione, andavo in giro con le cuffiette per non sentire nessuno. Milano Cortina? A quella pista ci penso ogni giorno, è nella mia testa, ma prima mi qualifico e poi penso all’Olimpiade. La chiave è ragionare di gara in gara e focalizzarsi sull’inizio della Coppa del Mondo. Come dice Alberto Tomba, sono Giochi e allora prendiamo la parte ludica anche. Il divertimento nello sport deve esserci. Cortina poi per me è un posto magico, la pista è una poesia, è una seggiovia che mi fa sentire dentro la natura, è un’immagine eterna, è pura bellezza».

Lei e Brignone: «Solidarietà prima di ogni cosa, una batosta»

La speranza è che insieme a lei possa esserci anche Federica Brignone. Sul rapporto tra le due regine dello sci italiano, si è sempre scritto molto: «Lei ha avuto un infortunio peggiore del mio dopo una stagione incredibile. In un giorno qualunque ti si ribalta la situazione: non so come ci sia approcciata mentalmente perché per 34 anni non ha avuto infortuni seri, una batosta simile nel suo periodo migliore non è facile. Io so benissimo quello a cui è dovuta andare incontro, la solidarietà in quel momento arriva prima di ogni cosa: pensare a una riabilitazione o alle terapie mi provoca rigetto, per lei è una novità ma resta una cosa pesante. In questi momenti capisci quante persone siano pronte a supportarti».

I riti? «Le mutande alla prima gara: se vinco le tengo tutto l’anno»

Poi qualche curiosità sparsa: «Non vado a messa, ma la preghiera è nel mio quotidiano. Ora in Italia sono tutti tennisti, a febbraio saranno tutti sciatori…io sono restia ad affidare a altri la gestione dei social, ma ci penso io perché voglio preservare la mia autenticità e poi a me piace scrivere pensieri miei. Sacrifici? Io ho sempre voluto fare questo nella vita. Sacrificio vuole dire fare con sacralità, non ho rinunciato a nulla perché ho scelto io di farla. Se ti concentri solo sulle rinunce significa che una parte di te non è focalizzata su quel percorso. Io mi definisco un’ottima ladra, perché prendo spunto da quello che fanno le altre in passaggi che a me riescono meno bene: c’è sempre da imparare da tutti. Mi è capitato nel 2018, alle Olimpiadi: a Nadia Fanchini riusciva perfettamente un passaggio dopo un dosso che io sbagliavo. Lei aveva un timing perfetto, ho rivisto tante volte il suo video e l’ho fatto mio. Il freddo? soffro i principi di congelamento agli alluci, quando arriva mi serve subito un calorifero. E ho il rito delle mutande: se vado forte alla prima gara in una disciplina, la tengo. Più che scaramanzia è importante la comfort zone, cioè quella serie di riti che ti fanno entrare in una bolla».

Il gossip: «In Italia, se una gara va male, è colpa del tuo partner» 

Infine, il gossip legato allo sport. Su questo tema, Goggia esprime un pensiero articolato a 360 gradi: «Penso di non essere una persona complicata, stare accanto a noi non è semplice. Alle gare non voglio quasi neanche la mia famiglia, siamo sempre in hotel, è un carrozzone con tanto stress. Non mi piace il gossip, la vita privata riguarda me, è un’invasione di spazi. Salvaguardare la propria vita privata vuole dire anche evitare che una gara sbagliata possa essere associata a una relazione con una persona: è successo a molti. In Italia non ti perdonano i passi falsi più che il successo. Se dai in pasto te stesso agli altri, a te cosa rimane? Stiamo andando al ribasso, ci interessiamo di cose di poco conto…»


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26 settembre 2025

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