
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA – «Non siamo il tipo di Paese che chiede i documenti alla gente», aveva chiosato una volta un ministro britannico (per giunta ultra-conservatore): ma adesso Keir Starmer ha deciso di rompere lo storico tabù.
Oggi il primo ministro laburista annuncia un piano per introdurre una carta d’identità digitale (la BritCard), che sarà necessaria per ottenere un lavoro e magari in futuro accedere anche ad altri servizi: finora infatti in Gran Bretagna non esiste la carta d’identità, così come non ci sono documenti o certificati.
La svolta – perché Starmer in passato, da avvocato dei diritti umani qual è, si era detto scettico sull’introduzione di documenti personali – è stata dettata dalla necessità di contrastare l’immigrazione illegale: infatti uno dei motivi per i quali la Gran Bretagna è un magnete per i clandestini è che, in assenza di carte d’identità o altri documenti, è molto facile scivolare indisturbati nelle pieghe dell’economia in nero.
Un’altra mossa, dunque, che mira a contrastare l’ascesa della destra populista di Nigel Farage, che ha nell’immigrazione il suo cavallo di battaglia: non a caso Starmer ha accompagnato l’annuncio delle carte d’identità digitali con parole molto dure sul fatto che per troppo tempo la sinistra «si è tenuta lontana dalle preoccupazioni della gente per l’immigrazione illegale».
La nuova BritCard sarà un documento virtuale conservato sulla smartphone e non sarà obbligatoria per tutti: ad esempio i pensionati non ne avranno bisogno.
Ma l’annuncio ha scatenato comunque la reazione della destra (che in Gran Bretagna è libertaria, non securitaria), così come dei gruppi di difesa della privacy: Farage l’ha bollata come un attacco alle «libertà di britannici che rispettano le leggi», mentre il conservatore Daily Mail ha addirittura evocato lo spettro della Germania Est. Anche i Liberaldemocratici, per ovvie ragioni, sono fieramente contrari.
La Gran Bretagna è un Paese profondamente liberale, dove ogni intrusione nella vita dei cittadini è guardata con sospetto: si immagina con orrore la prospettiva che anche la polizia possa chiedere di esibire il documento, cosa qui considerata inammissibile. «I laburisti rischiano di creare una infrastruttura di sorveglianza digitale – ha attaccato uno dei gruppi per la difesa dei diritti umani – che cambierà la vita quotidiana di tutti e stabilirà uno Stato in cui dovremo costantemente provare chi siamo».
Tuttavia, secondo i sondaggi, la maggioranza della popolazione sarebbe ormai favorevole all’introduzione di qualche forma di identificazione: già Tony Blair aveva a suo tempo provato a introdurre le carte d’identità, ma il progetto era stato abbandonato perché troppo controverso. Eppure questa idea era rimasta il pallino dell’ex premier laburista e infatti molti vedono il suo zampino nella decisione di Starmer: di recente il Tony Blair Institute aveva pubblicato un rapporto in cui si evidenziavano i vantaggi delle carte d’identità. Per alcuni, è il segno che Blair è diventato sempre più il suggeritore occulto di Starmer, alla ricerca di una direzione precisa per un governo percepito come sempre più alla deriva.
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26 settembre 2025 ( modifica il 26 settembre 2025 | 11:42)
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