
Mentre il presidente Michele Emiliano ufficializza la data delle elezioni regionali (il 23 e 24 novembre) si preparano ore decisive nel centrodestra per la scelta del competitor di Antonio Decaro. Ma che accade? Fa il punto della situazione della rovente estate pugliese, Fabrizio Tatarella, presidente della Fondazione «Tatarella», associazione culturale di area conservatrice.
A 60 giorni dal voto, il centrodestra brancola nel buio. Qual è la sua spiegazione?
«Non c’è una spiegazione. C’è solo da fare presto. Nel giugno 2024, un minuto dopo la conclusione delle elezioni al Comune di Bari, che hanno rappresentato la peggiore sconfitta di sempre per il centrodestra, mi permisi sommessamente di dire che serviva subito occuparsi del candidato presidente della Regione, immaginare un programma, aprire alla società civile. E questo proprio per evitare di ripetere gli errori e i ritardi che si erano verificati con la scelta tardiva del candidato sindaco, Fabio Romito, che va ringraziato per aver accettato in estremo ritardo».
Cosa è successo dopo il suo appello?
«Per averlo lanciato sono stato attaccato da molti. Oggi mi limito ad osservare che tutti dicono la stessa cosa, ma con una tempistica diversa, dato che siamo fuori tempo massimo. Mi auguro che il centrodestra, in queste ore, riesca a fare sintesi per trovare il miglior candidato possibile».
Si dice che si attende il voto di domenica nelle Marche e la divisione delle Regioni tra i partiti. Ai cittadini quale messaggio sta arrivando?
«La Puglia da capitale dell’impero della destra politica italiana non può arrendersi a diventare estrema periferia dell’impero, condannata a perdere sempre e a vantarsi di dati che alle Politiche e alle Europee sono merito esclusivo di Meloni. In Puglia la destra, per senso di responsabilità e rispetto verso i suoi tanti elettori, deve riconquistare i suoi spazi che si costruiscono con visione e coraggio».
L’ultima voce, smentita, riguardava la presunta candidatura di Vannacci per la corsa solitaria della Lega. Ogni partito va per la sua strada?
«Il centrodestra deve presentarsi unito. Vannacci ha smentito questa ipotesi. Proprio in Puglia dove il centrodestra è nato non possiamo presentarci divisi. Sarebbe la fine di tutto. Il centrodestra locale deve aiutare il governo Meloni, non può diventare un problema. Sono certo che andremo uniti con la migliore proposta possibile».
I possibili candidati della società civile si sono tirati indietro. Non proprio un bel segnale, non crede?
«Un candidato civico va costruito nel tempo. Dopo le politiche del 1994 Pinuccio aveva già deciso chi sarebbe diventato l’anno dopo, nel 1995, sindaco di Bari, presidente della Provincia di Bari e presidente della Regione. Di Cagno Abbrescia, Sorrentino, Distaso: il famoso triplete, fu costruito con un anno di anticipo».
Quali dovrebbero essere a suo avviso i punti salienti del programma che il centrodestra dovrebbe proporre ai pugliesi?
«Il centrodestra in modo credibile deve costruire un programma che metta in evidenza i ritardi e lo sfascio nella sanità regionale».
D’Attis, Annese o Gemmato: chi dovrà sacrificarsi?
«A questo punto il problema non è più quale nome tra i tanti che si sono recentemente alternati in questi mesi, ma un nome. Ho sempre detto che visto il poco tempo a disposizione, la mia opzione preferita è quella politica. Quelli che lei indica sono tre amici e tre ottime candidature. Ovviamente preferisco quella espressione del mio partito (FdI, ndr)».
Tante manifestazioni per ricordare il centenario della nascita di suo zio Pinuccio Tatarella. Qual è l’eredità che ha lasciato per creare una destra moderna, libera dei residui del passato?
«Tatarella aveva una visione culturale, prima che politica, di Bari e della Puglia. Non a caso per ricordare i suoi 90 anni abbiamo presentato il suo libro “Bari, la cultura nella piazza Mediterranea”. Fu scritto da lui pochi mesi prima della sua prematura scomparsa, quando era assessore alla Cultura della città di Bari. È – come scrive nella prefazione – “un saggio antologico di documentazione, contestazione e sfida, nata a caldo nelle ore dell’assalto critico-culturale della sinistra”. La “piazza mediterranea” era per Tatarella un modello di democrazia partecipativa e dialogo interculturale, utile per comprendere anche le sfide contemporanee dell’integrazione, ma anche un invito a riscoprire Bari come laboratorio di convivenza ed esempio concreto di come il Mediterraneo possa unire invece di dividere».
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25 settembre 2025
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