
A gennaio 2025 con due ordini esecutivi firmati a poche ore dall’inizio del suo secondo mandato, aveva ribadito la volontà di portare gli Usa non solo fuori dall’Oms, ma anche dagli Accordi di Parigi. Come già fatto durante il primo mandato. Donald Trump non hai mai nascosto la sua posizione fortemente critica sulla crisi climatica, tra scetticismo e negazionismo, «inevitabilità» del riscaldamento globale e accuse di complotti. E, a inizio settembre, poche settimane fa, non gli è bastato essere smentito da più di 85 climatologi di fama internazionale che hanno criticato il nuovo rapporto sul clima e il cambiamento climatico prodotto dal Dipartimento dell’Energia sotto la sua amministrazione. Definendo il documento «fuorviante, privo di sostanza e non scientifico».
Oggi, martedì 23 settembre, parlando all’Assemblea dell’Onu, il presidente americano è tornato a ribadire le sue posizioni, definendo il problema del cambiamento climatico «la più grande truffa al mondo». Il capo della Casa Bianca, ignorando l’evoluzione del mercato energetico degli ultimi decenni e i gravissimi danni ambientali provocati da estrazione, inquinamento, distruzione del paesaggio e deforestazione, ha ribadito l’importanza di riportare in vita un’industria abbandonata: quella del carbone. Voltando le spalle ad anni di battaglie. Un attacco diretto alle politiche europee e a quella che, senza mezzi termini, ha definito «la bufala del riscaldamento globale». Negando di fatto l’emergenza climatica, per difendere gli interessi delle vecchie lobby dell’energia. «È tutta una follia. Se non usciamo da questo scherzo che io chiamo il Green, non avremo scampo». Puntando il dito contro la Cina come principale responsabile dell’inquinamento.
Le sue parole hanno seguito di poco il discorso del segretario generale António Guterres che, invece, non poteva essere più netto sul tema ambientale, chiedendo ai Paesi un «rinnovato multilateralismo» e una risposta coordinata alla crisi climatica. Liquidata dal tycoon che, nelle ultime battute, ha definito le politiche ecologiche come «la strada per la bancarotta», citando la Germania come esempio di fallimento e riducendo l’impegno ambientale a una pura questione di spesa e di risparmio.
Il suo sostegno ai combustibili fossili e all’indipendenza energetica americana, che smonta anni di negoziati multilaterali, è un pericoloso ritorno al passato. Le sue decisioni, se non verranno contrastate con forza, potrebbero aggravare la crisi climatica e i danni alla biodiversità e a ecosistemi già vulnerabili. L’Europa, in primis, deve far sentire la propria voce anche in questo contesto per sostenere politiche ambientali responsabili e portare avanti il proprio impegno per la sostenibilità. Non c’è più tempo: senza obiettivi climatici chiari e vincolanti, l’Ue rischia non solo di presentarsi divisa, ma anche di essere poco credibile e fragile sullo scenario internazionale.
Il prossimo appuntamento, quello della Conferenza delle Parti sul clima (COP30) che si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025, sarà un banco di prova per dimostrare quanto il clima ci sta a cuore.
23 settembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
23 settembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA