
Gli italiani, attori e registi, sbucano ovunque alla ventesima edizione della Festa del Cinema di Roma (15-26 ottobre). Abbondano thriller e casi di cronaca. Con una certa riluttanza, quasi di malavoglia, soffermandosi invece sulle opere prime (ben 5 in gara) e i documentari, contraddicendo l’anima popolare della rassegna, si calano gli assi, citando solo due nomi: Jennifer Lawrence in «Die My Love» di Lynne Ramsay (passato a Cannes), ritratto di una donna travolta dall’amore e dalla follia. E Christoph Waltz con la nostra Matilda De Angelis in «Dracula» di Luc Besson. Matilda sarà anche in «La lezione» di Stefano Mordini, assieme a Stefano Accorsi.
In totale, 150 film da 38 paesi. Ma la parte del leone, nelle varie sezioni, la fanno gli italiani. In concorso, su 18 titoli, sono quattro quelli del nostro paese: Gli occhi degli altri di Andrea De Sica, con Jasmine Trinca e Filippo Timi, sesso e potere nella bellezza selvaggia di un’isola di un ricco marchese, «in un mondo decadente, dannunziano»; 40 secondi di Vincenzo Alfieri sulle 24 ore che precedono l’omicidio del 20 di Willy Monteiro Duarte; Sciatunostro di Leandro Picarella, l’amicizia di due adolescenti a Linosa; il documentario di Ilaria De Laurentiis, Andrea Paolo Massara e Raffaele Brunetti Roberto Rossellini, più di una vita.
Gli italiani sbucano ovunque. Anna, esordio alla regia di Monica Guerritore che ne è anche interprete, sulla Magnani; La camera di Consiglio di Fiorella Infascelli, sul maxi processo di Palermo, con Sergio Rubini e Massimo Popolizio; Elena del Ghetto con Micaela Ramazzotti che tutti chiamavano la matta e non fu creduta nel rastrellamento dei nazisti; Cinque secondi di Paolo Virzì, con Valerio Mastandrea in versione misantropo; Il falsario con Pietro Castellitto; Fuori la verità con Claudio Amendola, Claudia Pandolfi; Breve storia d’amore di Ludovica Rampoldi con Pilar Fogliati, Adriano Giannini e Valeria Golino, dove «il desiderio si fa catalizzatore di verità dolorose»; Illusione di Francesca Archibugi con Jasmine Trinca e Michele Riondino.
Omaggi, da Pasolini a Carlo Rambaldi, nel centenario della nascita. Alcuni progetti in collaborazione con Alice nella città , rassegna parallela con cui si è «fatto pace». Tra le opere più attese, le serie: Miss Playmen con Carolina Crescentini, La preside con Luisa Ranieri, Prima di noi di Daniele Luchetti, Guerrieri (dai romanzi di Carofiglio) con Alessandro Gassmann.
Premi alla carriera al grande regista dissidente iraniano Jafar Panahi e al produttore David Puttnam. Presidente di giuria Paola Cortellesi, il presidente della Festa del Cinema Salvo Nastasi dice che lei «ha ricevuto tante proposte come giurata nei festival, ma a Roma, ci ha detto, non poteva dire no, perché il primo passo per C’è ancora domani è avvenuto alla Festa». Ed esprime la speranza di superare le 110 mila presenze dello scorso anno, per una rassegna che, dal quartier generale dell’Auditorium, si estende a macchia d’olio in tanti luoghi della città .
Quanto all’identità , che ogni anno ritorna a galla, Malanga dice che la Festa «ha avuto tante anime perché ogni direttore ha la propria linea editoriale». E Nastasi aggiunge che «se cambiamo spesso linea è un elemento di forza, perché Roma cambia in continuazione. Questo è un festival differente da tutti gli altri. Non è un difetto: è carattere». La Festa, com’è noto, si apre con il film La vita va così di Riccardo Milani, marito della Cortellesi, con Virginia Raffaele e Diego Abatantuono, e si chiude con l’ultimo capitolo di Vita da Carlo, la fortunata serie di Verdone.
19 settembre 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA