
Anche la velocità ha un capolinea. La sprinter più vincente della storia dell’atletica si ferma: a quasi 39 anni Shelly-Ann Fraser, giamaicana, 3 ori olimpici e 10 iridati, smetterà di masticare il tartan a Tokyo, in occasione del suo decimo Mondiale, dopo aver realizzato tutti i sogni, forse addirittura qualcuno in più. Due atlete hanno corso i 100 metri più veloci di lei (Flo Jo in 10”49 nell’88 ed Elaine Thompson in 10”54 nel 2021), lei ha fermato il cronometro a 10”60 ma nessuna ha avuto la sua longevità, i suoi successi.
Il Giappone nel destino, signora Fraser.
«Ho iniziato a Osaka nel 2007, chiudo a Tokyo nel 2025. Ricordo che mi ero piazzata sesta ai campionati nazionali: arrivai senza sapere chi ero, cosa volevo, quanto valevo. Ero solo felice di esserci. Sono trascorsi quasi due decenni: che avventura… Tendiamo a credere alle definizioni che la gente dà di noi, ma oggi so perfettamente l’atleta, la moglie, la madre e la sprinter che sono diventata».
Era la sorellina di Bolt. Insieme avete strappato Olimpiadi e Mondiali agli Usa. Poi Bolt ha smesso, lei no.
«Non c’è niente di più bello che svegliarsi avendo la giornata programmata. Ogni volta che sono andata al campo per un allenamento l’ho fatto con la volontà di fare il massimo. E se non ci riuscivo, riprovavo il giorno dopo. L’atletica ti offre sempre un’altra chance, è la sua grande lezione. Dio mi ha dato la velocità, io ci ho messo la resilienza. Finire alle mie condizioni è un privilegio».
Ai Giochi 2024 ha saltato i 100, la sua gara.
«Un imprevisto che non ci voleva, mi si è spezzato il cuore. Avevo già avuto infortuni e momenti difficili in carriera ma a Parigi ho avuto un attacco di panico. Resilienza, d’altronde, è rimettersi in piedi dopo ogni scivolone, ricominciare a correre. Accettare i propri limiti, andare avanti. Ebbi un infortunio anche nel 2016, l’anno di Rio. Poi è arrivato mio figlio e mi ha fatto riscoprire il mio potere. Non sempre la vita è giusta, l’importante è avere ben chiari gli obiettivi».
Quattro lustri di atletica: quali sono i suoi ricordi più indelebili?
«A Pechino 2008 ero una sconosciuta, il mio sogno era la finale: quello è stato l’inizio, l’evento che mi ha cambiato la vita. Ma l’atletica non è tutto: ho voluto studiare, erudirmi, crescere. Per una donna non c’è niente di sbagliato ad essere ambiziosa, non dobbiamo sentirci in colpa se vogliamo carriera e famiglia. Sono stata operata di appendicite, mi sono sposata, sono diventata mamma, sono tornata a correre. Nulla è stato facile».
Zyon è nato nel 2017, l’anno del Mondiale di Londra.
«È questione di mentalità: volere le cose e avere fiducia che possano accadere. Le mie amiche di Kingston dicono che sono speciale, io non ho mai dubitato di poter riprendere l’atletica dopo la maternità. Non ho smesso di avere fiducia nel mio corpo. La pazienza nella vita è importante. Mio figlio è la mia più grande motivazione ma i sogni non finiscono dopo che si diventa madri. Non prendo prigionieri quando si tratta di gareggiare, anche per divertimento. Le mamme della scuola di mio figlio si ricordano ancora di quella volta che mi hanno sfidata per gioco…».
Dopo Tokyo cosa ci sarà nel suo futuro?
«La mia Fondazione, vorrei continuare ad avere un impatto, a incidere. L’empowerment delle donne della mia isola, la Giamaica, e dei Caraibi è una delle mie priorità. Vivrò a Kingston facendo l’imprenditrice. Finisce l’atletica, non la mia vita».
A proposito eredità: la fenomenale 15enne italiana Kelly Ann Doualla, oro Under 20 nei 100 all’Europeo, è stata chiamata come lei.
«Conosco la sua storia! Io porto il nome di mia nonna, la vostra Kelly il mio: wow… che responsabilità! È esattamente questo l’impatto di cui parlavo: sono felice di aver aiutato una ragazzina italiana a pensare in grande. La grandezza non è nella normalità: se Kelly si impegnerà, se lavorerà duro, se non smetterà mai di divertirsi, potrà aprire nuove porte alla velocità al femminile in Italia».
Qual è il suo rapporto con l’Italia?
«Con la Nazionale giamaicana per anni siamo andati in raduno a Lignano Sabbiadoro, un posto che amo. In Friuli abbiamo fondato una comunità, creato una famiglia allargata. E gli italiani hanno sempre saputo prendersi ottima cura di noi».
Ha già scelto il look per Tokyo?
«Capelli rossi, gialli, verdi, unicorno: mi baso sul Paese in cui corro, mi piace variare. Porto in pista lo stile giamaicano, non mi vergogno di esibire la mia personalità. Avrò due look: per le selezioni e per la finale. Sono parrucche voluminose: spero che non farà troppo caldo!».
11 settembre 2025 ( modifica il 11 settembre 2025 | 06:59)
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