
Politica e scrittura sono scindibili? È «no» la prima risposta che Antonio Scurati deve dare a Marcello Fois nel gremito incontro di ieri al Festivaletteratura. Lo scrittore
si concede toni più rilassati, persino qualche battuta, dopo l’agonismo che lo scorso anno ha caratterizzato i mesi successivi alla censura da parte della Rai al suo monologo sul 25 aprile, ma il titolo dell’incontro,
Il romanzo è democrazia
, va fatalmente in quella direzione. «Sono uno scrittore — dice —. Credo nel romanzo come forma di letteratura democratica, aperta a tutti. Come può uno scrittore rimanere isolato dal mondo, dalla società , anche dalla politica?».
Scurati rivendica il suo essere «un ragazzo degli anni Ottanta», epoca del disimpegno, del riflusso, ma anche figlio dell’ultima generazione che l’antifascismo l’ha assorbito dall’aria: «Non vengo da una storia di militanza politica — dice — e il fatto che, per aver scritto romanzi su un argomento esplosivo come il fascismo, mi sia trovato a essere bersaglio di accaniti attacchi di fazione, di una campagna di aggressione verbale da parte di alcuni dei più alti rappresentanti istituzionali, ci dice che la letteratura è forma di conoscenza, perché se non lo fosse non si sarebbero presi il disturbo. Ma questo ci dice anche che la qualità della vita democratica di questo Paese è sulla via di un veloce scadimento».
Fois riporta la conversazione sul tema letterario, sulla genesi e sulla struttura della serie M, i cinque libri dedicati a Benito Mussolini e pubblicati con Bompiani dallo scrittore che dal prossimo titolo passa a Feltrinelli. Alla fine la maglietta con la scritta «Free Palestine» esposta sul palco da Fois porta l’attenzione su Gaza, sul «senso di impotenza e di inadeguatezza a dire o scrivere di quell’orrore che l’esercito israeliano sta perpetrando in nome del governo, dello Stato e ora anche del popolo israeliano», come lo definisce Scurati. «Ti sembra così poca cosa la parola, eppure bisogna continuare a parlare, non solo esibire simboli. Bisogna parlare per tantissime ragioni. Uno degli aspetti terribili di questo scellerato genocidio — e io non ho esitato a usare questa parola avendo studiato i genocidi — è che Israele sarebbe nominalmente una democrazia. Siamo doppiamente sgomenti perché eravamo convinti che una democrazia mai avrebbe potuto macchiarsi di un crimine di questa portata, che quelle fossero azioni delle dittature, degli Stati totalitari».
La Palestina è stata il convitato di pietra di un’edizione che ha chiuso con un totale di 69 mila presenze come nel 2024, con un piccolo scarto tra eventi a pagamento e gratuiti: 47 mila biglietti venduti e 22 mila ingressi liberi, mentre l’anno scorso erano mille in più i biglietti venduti. Alessandro Della Casa del comitato direttivo è soddisfatto: «Anche perché forse quest’anno avevamo autori importanti ma meno famosi, più di scoperta». Nessuna anticipazione sull’edizione del trentennale, tranne le date, dal 9 al 13 settembre 2026, ma Della Casa promette un ulteriore «sforzo creativo», oltre ad annunciare il potenziamento di iniziative come le Lezioni orizzontali dove 35 persone si ritrovano con uno scrittore-docente a cui fare domande come a scuola. Chiude la lezione, di scrittura e di vita, di Elizabeth Strout con Laura Imai Messina: «Quando scrivo non giudico. Questa libertà è una cosa bellissima».
8 settembre 2025 (modifica il 8 settembre 2025 | 08:19)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
8 settembre 2025 (modifica il 8 settembre 2025 | 08:19)
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