
Stress, sovrappeso, obesità, diabete, tumori. Parole temute e molto più interconnesse di quanto si creda. Obesità e diabete di tipo 2 sono addirittura forme epidemiche del nostro tempo. Con la caratteristica che si determinano a vicenda, in connessione con lo stress fisico e psichico.
A questa rete di condizioni, correlate con un altro fenomeno considerato sempre più importante, l’infiammazione, è stato dedicato il convegno La fenomenologia dello stress nelle malattie croniche quali diabete e obesità, tenutosi a Pavia il 5 e 6 settembre sotto la direzione scientifica di Nadia Cerutti (Nutrizione clinica, diabetologia e malattie endocrine dell’Asst di Pavia), Paola Silvia Morpurgo (Diabetologia e malattie endocrine dell’Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano) e Sebastiano Bruno Solerte (Endocrinologia del Centro diagnostico italiano di Milano).
Le alterazioni neuroendocrine legate allo stress e le alterazioni infiammatorie tipiche di queste malattie croniche portano, in un circolo vizioso, allo sviluppo di complicanze a lungo termine, quali malattie oncologiche e malattie cardiovascolari che incidono su morbilità e mortalità. Di fondamentale importanza, quindi, prevenzione e attenzione agli stili di vita. «Queste patologie, spesso silenziose nelle fasi iniziali, possono evolvere nel tempo provocando danni cardiovascolari, neurologici o renali» sottolinea Nadia Cerutti. «Agire in maniera precoce consente di prevenire disabilità croniche e limitare l’impatto sulla vita quotidiana».
Donne più a rischio
Più della metà degli italiani dichiara di essere stressato. E ci sono mille e un motivo per esserlo. «A parte lo stress generato dall’epidemia Covid-19, oggi si può essere stressati per incertezza economica e lavorativa, sovraccarico informativo, ecoansia da cambiamenti climatici e ambientali, ondate di calore, disastri naturali legati al cambiamento climatico e inquinamento ambientale, guerre lontane e vicine, ma anche per l’isolamento sociale, soprattutto tra giovani e donne» dice lo psichiatra Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia e della Fondazione Onda. «Sono infatti i giovani adulti a mostrare i livelli più alti di stress e ansia, donne soprattutto, che devono anche bilanciare lavoro e accudimento familiare. Alcuni di questi stressor sono diventati più incisivi negli ultimi cinque anni, come incertezza lavorativa, precarietà sul lavoro e riduzione del reddito, technostress, sovraccarico informativo, e il trovarsi sempre connessi, la cosiddetta technoinvasion. In ogni caso non tutte le forme di stress sono negative. Molto dipende dall’intensità, dalla durata e dalla capacità della persona di affrontarlo. Certamente lo stress diventa dannoso oltre una certa soglia, ma invece spesso è un positivo stato di attivazione che migliora le prestazioni, stimola la concentrazione e aiuta ad affrontare sfide, come un esame o una gara. Se però lo stato di tensione diventa prolungato ed eccessivo, genera malessere, senso di sopraffazione e impotenza, attiva il sistema psicofisiologico di allarme dell’organismo, causando nel tempo danni psicologici e fisici». Quando si arriva a superare la soglia dello stress positivo, l’organismo tenta risposte biologiche o comportamentali finalizzate a ridurre l’intensità e la durata dell’esposizione allo stimolo stressante. Raramente oggi ci si trova nella condizione di dover rispondere con la lotta o la fuga per la sopravvivenza, tuttavia l’organismo a fronte di stress prolungati, specie se percepiti come difficili da controllare, può reagire con alcuni sintomi, quali insonnia persistente, irritabilità, difficoltà di concentrazione, tensione muscolare, sintomi psicosomatici, perdita di piacere nelle proprie attività.
Disturbi metabolici
Se la condizione di stress tende a diventare cronica, iniziano a comparire anche effetti sul metabolismo. «Lo stress può contribuire a diversi disturbi metabolici, influenzando il sistema endocrino, nervoso e immunitario» dice Angelo Avogaro, presidente della Fondazione Diabete e Ricerca della Società italiana di diabetologia. «Uno dei principali disturbi metabolici associati allo stress è il diabete di tipo 2. Lo stress cronico aumenta il livello di cortisolo, che favorisce l’insulino-resistenza e la formazione di glucosio nel fegato, inducendo iperglicemia. Ma lo stress favorisce anche l’obesità, soprattutto quella a livello viscerale, e aumenta il rischio di bulimia nervosa. Difficoltà nel gestire le emozioni mediano il rapporto tra stress, ansia, depressione e bulimia. E l’insoddisfazione per la propria immagine corporea può aumentare a sua volta lo stress in un circolo vizioso. Lo stress induce anche un’alterazione del livello dei grassi nel sangue, la dislipidemia, caratterizzata da un aumento dei trigliceridi, del colesterolo Ldl e da una riduzione del colesterolo protettivo legato alle Hdl.
Infine, lo stress può indurre un aumento dei livelli di pressione arteriosa, per il suo effetto sul sistema nervoso simpatico e sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene». La relazione tra stress e malattie metaboliche viene indagata attraverso ricerche complesse, che devono essere protratte nel tempo. Infatti si tratta di una relazione multifattoriale, che può dipendere da cause molteplici, difficili da individuare. «Vengono realizzati degli studi prospettici, che tengono sotto osservazione nel tempo gruppi di persone nei quali si rileva se lo stress percepito, misurato attraverso specifici questionari, come il Perceived Stress Scale, è associato all’insorgenza di disturbi metabolici» dice ancora Avogaro.
Fattore di rischio per lo sviluppo dei tumori
«Un’altra possibilità è la determinazione di biomarcatori dello stress, parametri biologici quali il cortisolo salivare, la frequenza cardiaca, la variabilità del ritmo cardiaco, che consentono di quantificare lo stress in modo oggettivo. Da diversi anni è nota anche una relazione biunivoca fra stress e tumori, dal momento che lo stress è considerato un fattore di rischio per lo sviluppo dei tumori, mentre ansia e stress sono reazioni psicologiche comprensibilmente frequenti tra persone che hanno sviluppato un tumore. Il legame fisiopatologico fra stress e sviluppo di malattie oncologiche è rappresentato ancora una volta dall’attivazione cronica dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, oltre che delle connessioni nervose tra il sistema nervoso simpatico e la porzione midollare del surrene. Questo network di effetti modifica il rilascio di molecole che influenzano il sistema immunitario, come catecolamine e cortisolo, capaci di ridurre significativamente la risposta immunitaria nei confronti dei tumori» spiega Avogaro. «In particolare, il cortisolo riduce l’attivazione dei linfociti e può contribuire allo sviluppo di tumori in persone che vengono esposte alle radiazioni, ma può anche favorire la crescita e la metastatizzazione delle cellule tumorali mammarie. Le catecolamine noradrenalina e adrenalina, quando sono in eccesso, contribuiscono ad avvio, progressione e disseminazione dei tumori e alla loro resistenza a molte terapie».
Il ruolo dello stile di vita
Esiste una forma di intervento potenzialmente alla portata di tutti, che riduce molto il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, obesità, malattie cardiovascolari e altri disturbi metabolici. È la prevenzione, che può tenere lontane condizioni spesso silenziose nelle fasi iniziali, ma che nel tempo mostrano tutti i danni che sono capaci di causare.
«Agire in maniera precoce consente di prevenire disabilità croniche e limitare l’impatto sulla vita quotidiana» dice Nadia Cerutti. «Uno stile di vita sano consente non solo di ritardare, ma talvolta di evitare del tutto l’insorgenza di queste condizioni croniche, migliorando così la qualità della vita e garantendo un invecchiamento attivo. A tutto ciò si aggiunge una minore necessità di ricorrere a trattamenti farmacologici, spesso complessi e costosi, e anche una riduzione del rischio di ricovero in ospedale. I vantaggi della prevenzione sono evidenti non solo per le persone, ma anche per il sistema sanitario, con un contenimento dei costi sia diretti sia indiretti indotti da queste malattie. Diabete e obesità generano infatti spese ingenti, causate da ricoveri ospedalieri, trattamenti specialistici, accertamenti diagnostici e dalla gestione a lungo termine delle complicanze. Un’efficace strategia preventiva permette anche di ridurre la pressione su ambulatori e ospedali, liberando risorse da destinare alla cura di patologie acute o rare, e di migliorare l’efficienza complessiva del sistema.
In una società la cui popolazione invecchia rapidamente, la prevenzione è davvero l’unico strumento efficace per contenere l’escalation dei costi sanitari, garantendo sostenibilità nel lungo periodo». Ma non è solo una questione di costi ed evitamento dei ricoveri. Una corretta prevenzione dei disturbi metabolici promuove il benessere generale e favorisce una maggiore produttività. «Programmi di prevenzione ben strutturati e accessibili contribuiscono a ridurre le disuguaglianze sanitarie, colmando i divari esistenti tra diversi gruppi sociali ed economici, e stimolano la costruzione di una cultura della salute. È necessario promuovere comportamenti virtuosi nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nelle comunità locali, per diffondere sane abitudini che possono consolidarsi nel tempo e tramandarsi alle generazioni future. «Prevenire le malattie metaboliche quindi non è semplicemente una scelta auspicabile, ma una vera e propria necessità. Dal punto di vista clinico, economico e sociale, si tratta di un investimento strategico in grado di produrre benefici tangibili e duraturi per il singolo individuo, per il sistema sanitario e per l’intera società», conclude.
Dall’endocrinologo al dietista: tutti gli specialisti coinvolti
«Studiare il rapporto tra stress e malattie croniche richiede un approccio multidisciplinare» dice Nadia Cerutti. «C’è innanzitutto bisogno dell’endocrinologo, in quanto esperto degli assi ormonali coinvolti nella risposta allo stress e in grado di analizzare l’impatto dello stress cronico su metabolismo, insulino-resistenza, obesità e diabete. Inoltre l’endocrinologo coordina la gestione clinica delle comorbidità croniche, come diabete, ipertensione, broncopneumopatia cronica ostruttiva, e studia le connessioni tra stress cronico e infiammazione di basso grado che caratterizza le malattie metaboliche e che è implicata nello sviluppo di complicanze quali malattie cardiovascolari e tumori. Con lui operano lo psicologo e lo psichiatra che hanno il compito di valutare il livello di stress, sia acuto che cronico, di individuare e trattare i disturbi psichici connessi; dietologo e dietista valutano gli effetti dello stress sul comportamento alimentare, e il laureato in scienze motorie è importante per il ruolo cruciale che l’attività fisica svolge nella gestione dello stress».
Diabete sempre più diffuso nel nostro Paese
Soffre di diabete circa il sette per cento della popolazione adulta, secondo i dati Istat 2022, quasi quattro milioni di persone. La prevalenza più elevata si registra nel Sud-Italia e nelle isole, e aumenta con l’età, arrivando al 21 per cento nelle persone che hanno più di 75 anni» illustra Angelo Avogaro. «Esiste poi una fetta consistente di cittadini a rischio di sviluppare il diabete, il cosiddetto prediabete, stimata attorno al quattro per cento della popolazione nazionale, ossia circa due milioni e mezzo di persone» precisa l’esperto. «Il prediabete, se non gestito, spesso evolve in diabete, un passaggio che può essere evitato attraverso interventi preventivi come dieta e attività fisica. Per quanto riguarda invece l’obesità, la sua prevalenza è di circa il 12 per cento nella popolazione adulta, mentre quella del sovrappeso supera il 35 per cento. Complessivamente, un po’ meno della metà degli adulti è in sovrappeso o obeso. In Italia le cause dell’incremento dei disturbi metabolici sono molteplici, in particolare scarsa attività fisica, stress, sonno disturbato».
Così il cervello si attiva davanti al pericolo
«Tutto inizia dal cervello, ovviamente. Quando percepiamo un potenziale pericolo nell’ambiente circostante, occhi e orecchie inviano un segnale alla sede di elaborazione delle emozioni, l’amigdala, che lo valuta, e se il pericolo è confermato lo passa all’ipotalamo, una struttura di coordinamento che controlla e integra i meccanismi autonomici periferici», spiega Claudio Mencacci. Si tratta di un meccanismo velocissimo. Il pericolo alle volte potrebbe essere anche solo immaginato, ma nel frattempo il sistema di allarme è già attivato. L’obiettivo è portare al massimo la possibilità di anticiparlo, per avviare le risposte necessarie prima che sia troppo tardi.
Una rapidità che tuttavia espone ad attivazioni inappropriate che, se ripetute, possono generare forme di stress prolungato. Dice ancora Mencacci: «L’ipotalamo regola l’attivazione delle risposte periferiche allo stress innanzitutto attraverso il sistema nervoso autonomo: la parte denominata “simpatico” funziona come un acceleratore e fornisce un’intensa iniezione di energia per la risposta al pericolo; quella detta “parasimpatico” fa invece da freno, promuovendo una risposta di riposo quando il pericolo è terminato. «Ma l’ipotalamo attiva anche una via ormonale in caso di pericolo, stimolando, da parte della componente midollare della ghiandola surrenale, il rilascio di adrenalina e noradrenalina, che causano aumento della frequenza cardiaca, maggior afflusso di sangue ai muscoli e accelerazione del respiro, preparando a un’eventuale lotta o fuga. La vista, l’udito e gli altri sensi si fanno più acuti. Tutto avviene in modo così rapido che a volte se ne ha una coscienza parziale. Ma andiamo avanti nel percorso: dopo l’iniziale rilascio dell’adrenalina, se il cervello continua a percepire la persistenza del pericolo, l’ipotalamo stimola l’ipofisi a rilasciare l’ormone Acth, che a sua volta induce la parte corticale della ghiandola surrenale a liberare cortisolo, noto come l’ormone dello stress prolungato. Il cortisolo resterà elevato finché il sistema nervoso parasimpatico, il pedale del freno dello stress, non riporterà la situazione alla normalità». Quando il sistema di difesa dallo stress è attivato a lungo, il livello di cortisolo resta elevato in maniera anomala, causando vari disturbi, come obesità, disturbi psichici, malattie cardiovascolari, aumentata sensibilità alle infezioni per riduzione delle difese immunitarie, ulcere e sanguinamenti, soprattutto a livello di stomaco e duodeno, per l’azione lesiva sulle mucose di questi organi.
6 settembre 2025
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