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Quando Giorgio Armani disse stop alle pellicce: «Basta pratiche crudeli contro gli animali»

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Giorgio Armani, morto oggi a 91 anni, verrà ricordato anche per la sua attenzione per la natura. È stato uno dei primi tra i grandi stilisti italiani a dire addio alle pellicce nelle sue collezioni. La decisione di voltare pagina venne venne annunciata nel 2016 e fece molto scalpore sia perché in quel momento il mondo della moda e dell’alta moda non era ancora, salvo il caso di  qualche stilista attivista – come Stella McCartney e Elisabetta Franchi – molto sensibile alla sofferenza degli animali allevati e uccisi per il loro mantello; sia per le parole da lui utilizzate, non proprio di circostanza. 

«Il progresso tecnologico ci permette di avere alternative che rendono inutile il ricorso a pratiche crudeli nei confronti degli animali – aveva spiegato Armani -. Proseguendo il processo virtuoso intrapreso da tempo, la mia azienda compie un passo importante a testimonianza dell’attenzione verso l’ambiente e il mondo animale». Insomma, una svolta senza mezze misure e senza reticenze, che riconosceva esplicitamente la crudeltà insita nell’allevamento degli animali da pelliccia a cui pure fino a quel momento aveva fatto ricorso. 

La mossa di «Re Giorgio», che aveva aderito alle linee guida della Fur Free Alliance, aveva indotto poi anche altri a seguirne l’esempio, orientandosi su collezioni in cui le materie prime di origine animale erano state sostituite da ecopellicce, realizzate con materiali sintetici in grado riprodurre la stessa sensazione tattile delle pellicce animali ma in qualche caso anche con materiali di origine vegetale. Del resto anche l’opinione pubblica era ormai sempre più orientata verso scelte più etiche anche nell’abbigliamento. Quell’anno un sondaggio di Eurispes stimava nell’86,3% la quota di popolazione italiana contraria all’uccisione di animali per la produzione di pellicce.   

L’impegno verso il mondo animale non finì lì. Qualche anno dopo, nel 2021, decise di fare a meno anche della lana d’angora «a testimonianza di un impegno tangibile per il controllo delle produzioni rispetto alla tutela del mondo naturale». Una scelta che aveva lasciato annunciare alla Lav, che gli aveva segnalato una serie di criticità nella filiera della lana ricavata dai conigli d’angora.  

Non aveva però mai compiuto fino in fondo  l’ulteriore passo avanti, quello della rinuncia anche alle pelli esotiche, che a lungo gli è stata chiesta dalla Peta (People for ethical threatment of animals) che da tempo pungola gli stilisti affinché si orientino per le loro collezioni su tessuti e collezioni «cruelty free». 

4 settembre 2025 ( modifica il 4 settembre 2025 | 16:07)

4 settembre 2025 ( modifica il 4 settembre 2025 | 16:07)

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