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Ron Hubbard, il re dei bunker anti-atomici che costruisce rifugi per Zuckerberg e per i «prepper» americani

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Negli Stati Uniti c’è un uomo che ha trasformato la paura in un business. Si chiama Ron Hubbard ed è il fondatore di Atlas Survival Shelters, un’azienda che, a Sulphur Springs, sul confine rovente della Tornado Alley, nel cuore del Texas, da oltre un decennio realizza bunker sotterranei su misura per chi vuole garantirsi un futuro anche quando tutto il resto intorno crolla.

Da semplici capsule in acciaio per famiglie della classe media a complessi sotterranei con sale cinema, cucine in granito e sistemi di filtraggio dell’aria, i rifugi anti-apocalisse di Hubbard sono oggi tra i più noti e apprezzati non solo tra i predicatori della fine del mondo ma anche tra i milionari. Come Marc Zuckerberg, che nell’agosto 2014 ha acquistato un terreno sufficientemente grande, sull’isola hawaiana di Kauai, per poterci edificare un complesso lussuoso da 600 ettari, sotto il quale ha chiesto a Hubbard di realizzare il suo rifugio sotterraneo. Insomma, dalla paura allo status symbol.

300 rifugi all’anno

Quello dove primeggia Hubbard, ex saldatore e designer la cui storia è stata appena raccontata dal Times, è un mercato in crescita, spinto da tensioni geopolitiche, crisi climatiche e quella sensazione di precarietà che attraversa anche gli strati più ricchi della società americana. Intervistato nel dicembre scorso dall’Associated Press, Hubbard ha spiegato che soprattutto il Covid, l’invasione russa dell’Ucraina e lo scoppio della guerra Israele-Hamas stanno guidando le vendite. Secondo dati raccolti da analisti del settore, la sua azienda realizza ogni anno circa 300 rifugi. I prezzi oscillano tra poche decine di migliaia di dollari e cifre a sei zeri, quando si tratta di soddisfare le richieste dei clienti appartenenti alla nuova aristocrazia tecnologica e finanziaria.

Chi sono i «prepper»

La corsa ai rifugi, tuttavia, non riguarda solo i miliardari. Negli Stati Uniti, i prepper (in italiano: survivalisti), che si preparano concretamente alle emergenze, future o eventuali, legate a profondi mutamenti dell’ordine sociale, politico o ambientale, sono in continua crescita. Qui da noi, li conosciamo solo grazie ai film di fantascienza, ma in America sono tante le famiglie che accumulano scorte, armi, tecnologie di sopravvivenza, alimentando un’industria che, secondo alcune stime, vale oltre 11 miliardi di dollari l’anno. Hubbard, che si definisce «il Batman dei bunker», ne è diventato il volto più riconoscibile, una sorta di imprenditore-guru capace di vendere protezione in tempi di irrazionalità e ansia collettiva.

Tutti contro tutti

Non mancano, ovviamente, polemiche e rivalità. Inchieste giornalistiche americane hanno raccontato scontri durissimi tra costruttori di bunker, accuse reciproche e persino episodi sospetti di sabotaggio. Un ambiente, insomma, che riflette lo stesso clima di diffidenza che alimenta la domanda dei clienti: chi si prepara alla catastrofe, diffida di tutti, persino dei suoi simili. Gli esperti di emergenza, intanto, frenano gli entusiasmi: un bunker non garantisce l’invulnerabilità promessa. Il vero tema — avvertono — non è chi può scavare più a fondo, ma come si costruiscono società più resilienti in superficie.

Sia come sia, Ron Hubbard, che è quasi omonimo del fondatore di Scientology, continua a ricevere ordini. Per i suoi clienti, un rifugio non è solo acciaio e cemento: è la certezza di poter chiudere il mondo fuori. Un privilegio costoso, che racconta meglio di tante analisi la nuova geografia della paura.

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22 agosto 2025

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