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Pavel Podkolzine, dal basket (Varese) al calcio: è l’attaccante più alto del mondo (226 centimetri)

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Chi l’ha detto che per giocare a calcio non si deve essere troppo alti (salvo, in questo caso, tentare la carriera di portiere)? La smentita arriva dalla Russia, da un omaccione oggi di 40 anni che in realtà è stato un cestista, in forza anche alla Pallacanestro Varese e nella Nba ai Dallas Mavericks (per quanto in Texas, dal 2004 al 2006, abbia disputato appena 6 partite segnando la «bellezza» di 4 punti…). Pavel Podkolzine, classe 1985, siberiano di Novosibirsk, nelle scorse ore – come riportato da vari siti – si è lanciato in una sorta di nuova vita sportiva, a dispetto della non tenera età. Lo ha fatto in una squadra di calcio, l’Amkal di Mosca, formazione come minimo originale perché costituita anche da giocatori-influencer (Podkolzine ora nella vita fa l’attore). Quindi non stiamo parlando di professionismo puro, però l’Amkal è stato ammesso alla Coppa di Russia. 

Pavel ha giocato da centravanti titolare e la cosa fa strabuzzare gli occhi perché stiamo parlando di un tipo alto 2 metri e 26 centimetri, anzi forse perfino qualcosa di più perché se quella è la misurazione ufficiale – certificata pure dagli annali della Nba -, a Varese c’è chi giura di aver letto addirittura 2 metri e 30. Che ballino o meno quei quattro centimetri, rimane il fatto che Podkolzine è diventato il calciatore più alto della Russia e quasi sicuramente del mondo. Nella foto ricordo per la quale ha posato aveva a fianco un ragazzino, tale Vassily Goncharov che avrebbe potuto essere suo figlio: recordman a sua volta, in quanto a 14 anni è diventato il più giovane calciatore professionista russo.

In questo scenario particolare e un po’ strano, l’Amkal ha vinto per 1-0 contro il Kaluga, ma il buon Pavel è stato sostituito dopo 19’ e non era in campo quando il compagno di squadra Papikyan ha segnato il gol del successo permettendo l’avanzamento nel torneo. Diciamo che è stata più che altro una comparsata utile per il Guinness dei primati, anche se Podkolzine merita rispetto perché non si è presentato al test calcistico in condizioni deplorevoli. Anzi, qualche maligno sottolinea come sia meglio oggi rispetto agli anni varesini.

Fu Gianni Chiapparo, già dirigente della Pallacanestro Varese ma nel 2001 general manager dei Lions San Pietroburgo, che erano ospitati nella città lombarda nell’impianto privato del Campus, a scovare il sedicenne Pavel. Chiapparo ha ricordato la vicenda in un’intervista rilasciata un anno fa al sito Varese Sport: «In quel periodo ero legato a Luciano Capicchioni, noto agente di giocatori. Grazie a lui venni a sapere di questo ragazzino che a 16 anni era già alto 2 e 17. Quando lo vidi la prima volta rimasi di stucco: era davvero una pertica. E che fisico. Purtroppo il nostro errore è stato di non educarlo bene. Il suo, invece, di credere che potesse diventare una stella senza lavorare duramente».

Varese aveva conquistato il decimo scudetto nel 1999, ma poi era caduta in un afflosciamento che ricorre spesso dopo vittorie importanti. Quel ragazzo tanto alto e dal potenziale enorme (e dalla mano sufficientemente morbida ed educata) intrigava perché si pensava che potesse essere il fulcro di un nuovo ciclo. Prelevato dal Sibirteleko, entrò nei ranghi del club lombardo, sponsorizzato Metis. Ma non riuscì a sfondare, anche perché impiegò poco a confermare di non essere portato ai sacrifici. Lo si notava più che altro perché girava per la città con una Fiat Punto nella quale entrava a malapena, aggiunto che era stato molto bravo e «diplomatico» a ingraziarsi la famiglia Castiglioni, proprietaria del club, che l’aveva adottato come un figlio.

Alla fine del campionato 2004 Podkolzine, seguito da Chiapparo che si può definire il suo mentore, decise di provare la carta dei professionisti. I suoi diritti erano stati presi dagli Utah Jazz (nel 2004 fu scelto al primo giro, come numero 21 assoluto), ma Pavel fu dirottato a Dallas. Ancora Chiapparo, in retrospettiva: «Già nel 2003 avevamo sondato il mondo Nba, contattando ben 19 franchigie. Un giorno Jerry West, leggenda dei Lakers e a quel tempo g.m. a Memphis, ci disse che a Pavel avevano trovato un tumore alla ghiandola pituitaria, quella che determina il gigantismo. Lo curammo e l’anno dopo fu preso da Utah e girato a Dallas. Ma anche lì non capì che avrebbe dovuto avere un approccio ben diverso nella sua avventura cestistica».

Messo ai margini dai Mavs, nel 2006 fu spedito a Fort Worth nella squadra satellite di Dallas: pochissime partite e fine del cinema. Tornato in Russia, Podkolzine passò al Khimki Mosca, dove fu compagno di squadra di Gianmarco Pozzecco, c.t. dell’Italia ma anche – lui sì – gloria di Varese. Dopo 3 anni a Mosca, il ritorno nella sua Siberia e una serie di «vagabondaggi» tra varie squadre, senza mai raggiungere quella gloria che con un’altra mentalità sarebbe stata alla sua portata. Il paradosso di Podkolzine, cestista dal potenziale infinito, è che passerà alla storia come… centravanti di calcio.

22 agosto 2025

22 agosto 2025

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