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Nelle parole latine c’è il mondo: il libro di Nicola Gardini in edicola con il «Corriere»

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Le parole sono piene di ricordi, in particolare quelle di origine latina, che costituiscono la base del nostro lessico. Poiché appartengono normalmente alla nostra esistenza, le crediamo nuove o nuovissime; contemporanee a noi. Nate per noi. E invece risalgono a un antico passato. Per quanto obbedienti, non sono qui per piegarsi ai nostri esclusivi bisogni. Come le persone, intendono più di quel che dicono e sono inevitabilmente molto più libere e complesse e misteriose di quel che immaginiamo. Nessuno è mai svincolato dalla propria storia, e il presente non è mai un presente assoluto. Se le ascoltiamo come si deve, ci riveleranno avventure appassionanti. Hanno attraversato i millenni e hanno viaggiato per molte bocche e per molte penne, innalzandosi, deprimendosi, smarrendosi, ritrovandosi; riflettendo comunque il pensiero, la cultura e il temperamento delle più varie personalità e delle più varie società. I loro significati non sono fermi e definitivi, ma sono una somma di valori, privati e pubblici, che, per quanta strada abbiano già percorso, non sono ancora arrivati alla meta. Le parole hanno varie stagioni. E ogni stagione è una rigenerazione. Forse è così anche per noi, seppure noi individui umani, soggetti alle ragioni del corpo, tendiamo a crederci più portati al decadimento che alla rigenerazione. Dovremmo prendere esempio da loro, e cominciare a considerare la nostra vita un continuo rinnovarsi di possibilità, in qualunque momento.

Qui racconto la storia di dieci parole latine che hanno ancora vasta circolazione nell’italiano, e anche in altre lingue moderne:
ars, signum, modus, stilus, volvo, memoria, virtus, claritas, spiritus, rete
. Sono parole dall’aspetto semplice, sembrano già un pochino italiane, e proprio per questo risultano tanto più sorprendenti e affascinanti quando se ne considerino le vicende. Non ho voluto tanto spiegare la loro origine quanto seguire gli sviluppi delle loro accezioni. Com’è che virtus prima indica la prestanza del maschio guerriero e a un certo punto l’eccellenza morale del filosofo? E stilus come fa da asticciola o palo a diventare addirittura la designazione di quel che è più proprio di una scrittura o di un modo di essere?

L’etimologia, in fondo, più che un’origine, un punto fisso nel tempo e nello spazio, è un destino infinitamente inseguito. Per me il mutare e l’amplificarsi del senso costituiscono l’essenza dell’esplorazione etimologica, alla quale lo studio del latino dovrebbe esser dedicato in buona parte. Ci vorrebbe nelle scuole l’ora delle parole latine. A ogni studente se ne dovrebbe assegnare una per compito, che scopra come cambi da un autore all’altro, a quali altre parole tenda ad associarsi o ad assomigliare, quali derivazioni abbia in italiano e in altre lingue moderne, inglese incluso.

La gente si chiede a che cosa serva il latino. Be’, serve a conoscere moltissime cose, tra cui le cose che diciamo. Esiste una verità delle parole, e questa è costituita dalle loro stratificazioni semantiche, dai loro sedimenti metaforici, dalle loro potenzialità inespresse. Quando parliamo, che lo vogliamo o no, ci rivolgiamo ai secoli. Ogni nostro gesto linguistico, ogni nostra iniziativa verbale ci colloca in un continuum, in una perennità, che ci lega in una volta a quel che è stato e a quel che pretendiamo che sia. Ce ne accorgiamo? Dovremmo, perché non c’è parola che non ci imponga grandi responsabilità, come qualunque essere vivente. Non conoscere le parole ci porterà a commettere prima o poi gravi torti. Non conoscere le parole è tradire la vita.

Lasciatemi insistere sulla verità. Ne abbiamo sempre più bisogno, perché sempre più difficile sarà fidarsi di qualunque forma di comunicazione verbale. Già viviamo in tempi di messaggi depistanti e proditori, di menzogne bell’e buone, di asserzioni inverificabili, di calunnie e di notizie fasulle. Come dare credito all’uno o all’altro? Dove stanno finendo la promessa, la sincerità, la rispettabilità? Le parole in che rapporto stanno ormai con la realtà? Con la mia realtà? E chi parla a chi? Chi è responsabile? Come non cadere negli inganni della parola inconsapevole, anzi consapevolmente inconsapevole? Siamo già entrati nell’era in cui le parole non sono più il risultato di un processo mnemonico personale, di un impegno soggettivo, di un’intenzione, ma sono la contraffazione di dispositivi impersonali che pescano dal già detto e dal già scritto senza che il già detto e il già scritto costituiscano una memoria.

Lo studio del lessico latino non potrà che acquistare importanza e utilità civile, come lo studio delle arti e della musica e di tutte le creazioni dello spirito umano, che resistono a qualunque logica costrittiva o a qualunque standardizzazione meccanica. Apprendiamo le parole di Roma antica; divertiamoci a scoprirne i segreti e le innovazioni. Anche le parole apparentemente più banali ne hanno. Accogliamole con curiosità e con rispetto, come si fa con gli individui che vengono da lontano a portarci la loro esperienza. Lasciamo che ci guidino nella ricerca dell’autenticità, della profondità e della meraviglia.

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Un vocabolario (personale) esplora classici e moderni. Per un mese (in collaborazione con Garzanti) il volume a euro 9,90

A partire da oggi si potrà acquistare in edicola insieme al quotidiano il volume di Nicola Gardini
Le 10 parole latine che raccontano il nostro mondo, che il «Corriere» pubblica in collaborazione con Garzanti. Il titolo rimarrà disponibile in edicola per un mese al prezzo di e 9,90 (oltre al costo del giornale). Per questa speciale edizione, Gardini — molisano, classe 1960, scrittore e docente di Letteratura italiana e comparata all’università di Oxford — ha scritto una nuova introduzione, che si può leggere integralmente qui sopra. In questo personalissimo vocabolario ideale, spaziando dalla storia alla filosofia, dai grandi classici agli scrittori moderni, Gardini sceglie dieci parole che hanno formato e tuttora formano il nostro tempo e la nostra civiltà, e attraverso cui è possibile leggere in controluce frammenti della storia di tutti noi. Il latino — si legge nelle note — non può essere infatti limitato a studio delle nostre origini, di radici che sono per definizione nascoste e sotterranee: il latino è un albero, è dotato di fusto, rami, foglie che tendono verso il cielo. Il latino è una foresta che si è espansa ed è arrivata fino a noi. E certamente non si fermerà qui. Oltre a Viva il latino, uscito nel 2016 e divenuto un bestseller tradotto in numerose lingue, per Garzanti Nicola Gardini ha pubblicato Con Ovidio (2017), questo
Le 10 parole latine che raccontano il nostro mondo
(2018), Rinascere (2019),
Il libro è quella cosa
(2020),
Viva il greco
(2021), Nicolas (2022) e Studiare per amore (2024). Per Ponte alle Grazie ha recentemente tradotto una raccolta di poesie erotiche dell’antichità classica, Voglio fare l’amore con te (2025). È inoltre presidente della casa editrice Salani.

19 agosto 2025 (modifica il 19 agosto 2025 | 22:45)

19 agosto 2025 (modifica il 19 agosto 2025 | 22:45)

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