
Spiace per chi è convinto che il cinema debba mostrare solo le parti più appetitose della vita (le «fette di torta» di hitchcockiana memoria) perché a volte è proprio la routine quotidiana, il dovere ripetuto ogni giorno a diventare cinema. E grande cinema anche. Come succede in «L’ultimo turno» della svizzera Petra Volpe, che non a caso la regista aveva intitolato in originale «Heldin», cioè eroina.
Perché Floria Lind (la straordinaria Leonie Benesch, vista recentemente in «La sala professori») è una delle tante «eroine» che lavorano giorno dopo giorno negli ospedali pubblici, qui nel reparto di chirurgia. La vediamo arrivare per coprire l’ultimo turno della giornata: chi smonta le dice subito che i letti sono tutti occupati e che dovranno essere solo in due a gestirli, più la stagista Amelie (Selma Jamal Aldin), alle prime armi. Chi doveva fare il turno con lei e la collega Bea (Sonja Riesen) è occupata altrove per impegni sindacali. Ma non c’è nemmeno il tempo per lamentarsi perché il lavoro prende subito il sopravvento.
Con alcuni ricoverati, specie quelli oncologici, il rapporto si è trasformato in consuetudine: il vecchio signor Leu (Urs Bihler) aspetta dalla mattina il risultato delle analisi che devono stabilire il rischio del suo tumore; la rassegnata signora Bilgin (Eva Fredholm) non ha il coraggio di dire alle figlie e al marito che le loro dimostrazioni di affetto la stancano e tocca a Floria intervenire per farla un po’ riposare; la signora Kuhn (Margerita Schoch) non solo non è autosufficiente (e non riconosce la figlia che la chiama dall’America), ma ha bisogno che Floria le canti una ninna nanna per calmarsi. E poi il telefono suona ogni tre minuti, perché bisogna portare un paziente in sala operatoria oppure bisogna riportarlo in stanza per lasciare lo spazio al prossimo intervento. E ci sono i parenti che vorrebbero sapere, quelli che si lamentano delle attese, quelli che scappano sul balcone per fumare, la stagista che sembra prendersela un po’ troppo comoda, chi vuole un analgesico, chi solo una rassicurazione…
Con una macchina da presa che sta addosso alla protagonista e non le lascia scampo, come fa il carico di lavoro e di responsabilità che le cade addosso ad ogni minuto, il film riesce a trasmettere allo spettatore non l’ansia per il risultato di qualche intervento operatorio ma la fatica cui deve far fronte Floria, che cerca di non dimenticare nessuno. Anche se qualche volta succede.
La regista aveva già fatto un film «al femminile», «Contro l’ordine divino» (2017), dove raccontava la lotta delle donne svizzere per ottenere il diritto di voto (l’hanno conquistato nel 1971) dal punto di vista di un piccolo centro di montagna e delle sue tre «attiviste». Ma se là i temi femministi erano affrontati in maniera diretta, qui il racconto non è ideologico, ma solo fattuale. A un certo momento si intuisce la situazione familiare di Floria – separata con una figlia che va alle elementari e con più di un problema con l’ex – ma è una piccolissima parentesi, che poi viene messa da parte dalla richiesta di un malato o dal controllo da effettuare su un altro. Ed è proprio questo modo di raccontare la routine che fa la forza del film.
Sceneggiato dalla regista dopo aver letto il libro dell’infermiera Madeline Calvelage («Unser Beruf ist nicht dal Problema. Es sind die Umstände», Il problema non è la nostra professione, sono le circostanze), che poi ha voluto come consulente, il film coinvolge proprio perché evita qualsiasi picco drammatico, qualsiasi sottolineatura melò (che pure ci potrebbero essere, con tanti pazienti che lottano per la vita). Quando la stanchezza la porta a fare un errore, la dottoressa di turno è la prima a scusarla. E quando l’esasperazione la spinge a fare un dispetto a un paziente solvente, convinto ad avere il diritto di essere servito come in un albergo, sarà la collega Bea a consolarla con una risata. Perché i veri problemi sono altri, quelli che appaiono nelle didascalie finali, dove le previsioni ipotizzano una drammatica carenza di eroine come Floria negli anni a venire.
17 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA