Home / Politica / Da Bibbiano alle Marche, la svolta di Conte: «La buona politica discerne»

Da Bibbiano alle Marche, la svolta di Conte: «La buona politica discerne»

//?#

«Si ricordi che sono un giurista. E che non ho certo scoperto il garantismo adesso». L’assillo più grande di Giuseppe Conte, nel giorno in cui circondato da famiglia e amici soffia in Puglia su una torta con sessantuno candeline accese sopra, è che le contingenze dell’agenda politica gli appiccichino, un po’ come quei chewing gum che finiscono sotto le scarpe e che non se ne vanno facilmente, gli antichi tormentoni che andavano di moda una volta, quando gli anni avanzavano.

 Storielle come quella dell’incendiario che diventava pompiere, dell’intransigente che si rammolliva, del rivoluzionario che si ammorbidiva, oggi accompagnano l’ex presidente del Consiglio nella fase ultima della sua evoluzione politica; quella in cui, intervallata da una fase interlocutoria in cui ha tenuto sulle spine il Pd spiegando che sulla candidatura nelle Marche «devo prima leggere le carte», s’è ritrovato a confermare il sostegno all’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci, con buona pace di quegli avvisi di garanzia che un tempo, nella casa del Movimento 5 Stelle, valevano espulsioni con ignominia.

«Un avviso di garanzia non è di per sé una buona ragione per chiedere un passo indietro di Ricci», ha scandito l’altro giorno imprimendo al Movimento, di cui nel frattempo è diventato leader unico dopo essersi sbarazzato a colpi di votazioni online persino del fondatore Beppe Grillo, l’ennesima svolta garantista. Di più, «chiedere un passo indietro a Ricci in queste condizioni sarebbe un brutto precedente, significherebbe fare di tutta l’erba un fascio e rinunciare a valutare caso per caso».

L’autoproclamatosi, ai tempi della sua prima esperienza di Palazzo Chigi, «avvocato del popolo», che per anni ha implicitamente costruito la sua immagine pubblica più sulla parte della formula che conteneva il «popolo» che non sull’intestazione «avvocato», cambia sostanzialmente rotta. Era il capo del governo gialloverde che assisteva, tra il complice e il silente, alle bordate che la sua maggioranza composta da Cinque Stelle e Lega indirizzavano al Pd per l’inchiesta di Bibbiano, poi sgretolatasi fin dalle fondamenta sei anni dopo; è diventato il capo partito che sfrutta il caso Ricci per dire che «il Movimento non può permettersi una nuova Bibbiano».

 Un’inversione praticamente a U — anche se diluita in passaggi che hanno richiesto anni, con tanto di modifiche dello statuto e del codice etico — che oggi gli vale diversi mugugni interni, qualche silenzioso mal di pancia e anche la rinuncia futura a utilizzare un avviso di garanzia altrui per regolare conti in sospeso con i soci del campo più o meno largo con cui di volta in volta si costruiscono alleanze, a cominciare dal Pd.

Un cambio di rotta? L’evoluzione di una linea politica? Al Corriere Conte la spiega così: «Appena mi sono insediato ho chiarito subito che dovevamo abbracciare la “cultura delle regole” e i principi di “etica pubblica”, costruendo una differenza tra responsabilità penale e responsabilità politica. La prima la lasciamo ai giudici ma questo non vuol dire che i principi costituzionali della presunzione di innocenza e del giusto processo impediscano un giudizio politico. La buona politica deve assumersi la responsabilità di discernere e può capitare che, quando sono accertati alcuni comportamenti in contrasto con l’etica pubblica, la responsabilità politica imponga un immediato passo di lato, senza attendere le verifiche penali».

 Insomma, prosegue l’ex presidente del Consiglio, «che un avviso di garanzia sia solo un avviso è scontato ma va valutata la vicenda nel merito, considerando che prima della solidarietà di partito viene l’esigenza di difendere il prestigio delle istituzioni. Questa posizione serve, e non è un paradosso, per attribuire alla politica una funzione autonoma rispetto alla magistratura. E nello stesso tempo garantisce autonomia e indipendenza alla magistratura, che deve essere libera di poter indagare anche i politici considerato il principio democratico per cui “la legge è uguale per tutti”».

Principio che alla lunga s’è dimostrato più inossidabile dell’«uno vale uno». Anche per il nuovo M5S. Forse.


Vai a tutte le notizie di Roma

<!–

Corriere della Sera è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati.–>

Iscriviti alla newsletter di Corriere Roma

8 agosto 2025

8 agosto 2025

Fonte Originale