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Dazi, Trump avverte: «Se saltano, Grande depressione come nel ‘29»

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In un momento di apparente successo del protezionismo trumpiano – con i mercati ai massimi storici e miliardi di dollari che affluiscono nelle casse del Tesoro grazie ai nuovi dazi – Donald Trump suona un campanello d’allarme. Ieri, dal suo social Truth, con un lungo post dal linguaggio apocalittico, dopo aver lodato le magnifiche conseguenze dei dazi per il popolo americano, ha avvertito che una «Corte radicale di sinistra» potrebbe dichiarare illegali le tariffe reciproche, aprendo la strada a «una Grande Depressione come nel 1929». Sarebbe «impossibile recuperare» quanto costruito finora, scrive Trump, ricordando di conoscere il sistema giudiziario «meglio di chiunque altro», avendo affrontato «prove, tribolazioni e incertezze» come nessuno nella storia, e che «terribili ma anche meravigliose» sorprese possono accadere. 

Corte d’Appello, è illegale il potere del presidente di imporre dazi

Sembra una mossa per mettere le mani avanti nel caso di una sentenza sfavorevole sulla legalità dei dazi reciproci sull’import da 92 Paesi, entrati in vigore alla mezzanotte del 7 agosto. Giovedì 31 luglio, mentre Trump firmava l’Ordine esecutivo che fissava al 15% il dazio omnicomprensivo sulla maggioranza delle importazioni dall’Europa, una Corte d’Appello di Washington discuteva il merito della sentenza del Tribunale del Commercio internazionale, che ha giudicato illegale il potere del presidente di imporre dazi ai sensi dell’Ieepa (International emergency economic powers Act), legge che consente al presidente di adottare misure economiche straordinarie in caso di emergenza nazionale, storicamente usata per sanzioni mirate, non per tariffe generalizzate. Il verdetto è per ora solo sospeso, ma la maggioranza dei giudici (9 su 11 nominati dall’ex presidente Biden) si è detta «scettica» sul considerare il deficit «un’emergenza nazionale», tanto più che l’Ieepa non include neppure, tra le sanzioni, la parola dazi, che – come le tasse – spettano per Costituzione al Congresso. Grazie a Trump, le tariffe medie Usa si attestano oggi al 20,1%, il livello più alto dal 1910 – escluse alcune settimane di quest’anno – secondo le stime aggiornate della Wto e del Fondo monetario internazionale. Erano al 2,4% prima del suo insediamento il 20 gennaio. 

India, tra i paesi più colpiti 

Tra i Paesi più colpiti c’è l’India, al centro di indiscrezioni, poi smentite, secondo cui avrebbe deciso di interrompere l’acquisto di armamenti Usa. Nuova Delhi si prepara a fronteggiare dal 27 agosto un aumento dal 25 al 50% delle tariffe, se non cesserà di comprare petrolio russo. Il governo indiano ha subito detto che non obbedirà al diktat. La telefonata di ieri del premier Modi «all’amico Putin» conferma la posizione di Delhi, che da Mosca compra il 38% del petrolio che importa. Sale l’irritazione verso gli Usa anche in Giappone, alle prese con un problema simile a quello che ha l’Unione europea con Washington. L’accordo commerciale con Tokyo è stato raggiunto, fissando una tariffa al 15%, però Trump non firma la dichiarazione congiunta, così come non promulga l’Ordine esecutivo per abbassare al 15% i dazi sulle automobili, settore cruciale per l’economia giapponese. E se anche Bruxelles aspetta novità, il vicepremier italiano Matteo Salvini minimizza l’impatto per l’Italia: «Sono tutti più danneggiati dalla burocrazia europea che non da questi dazi», ha detto. «Quello che potrebbe fare per esempio l’Ue è stoppare il Green Deal». Secondo il ministro per le infrastrutture, «le imprese italiane possono sostenere il 15% di dazi. E il governo è pronto se ci sarà qualche settore più in difficoltà di altri».

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8 agosto 2025

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