
Trema la filiera dei microchip, la «benzina» dell’elettronica e dell’intelligenza artificiale, su cui il Piemonte vuole costruire il futuro della sua manifattura avanzata. Ieri nel giorno in cui sono scattati i dazi al 15% per tutte le merci europee dirette negli Usa, il presidente Trump ha minacciato un’altra gabella in arrivo e molto più pesante di quella che oggi tocca auto, vino, alimentari, farmaceutica e che riguarda 2,8 miliardi di export piemontese in America. «Metteremo una tariffa di circa il 100% su chip e semiconduttori, ma se costruisci negli Stati Uniti, non paghi nulla», ha detto il presidente Usa mettendo in allarme il territorio che attende l’inizio dei cantieri della nuova grande fabbrica di chip a Novara targata Silicon Box. Tre miliardi di investimenti (il 40% di contributi pubblici), 1.600 posti di lavoro. E l’ambizione di costruire una filiera che possa, almeno in parte, supplire, insieme con l’aerospace, al declino dell’automotive.
«E invece oggi ci troviamo a dover immaginare nuovi scenari – spiega Carlo Mezzano, direttore di Confindustria Novara -. La Svizzera, colpita duramente dalle tariffe, non intende acquistare più gli F-35 che sono costruiti a Cameri, in provincia di Novara. E ovviamente siamo preoccupati per l’investimento in corso di Silicon Box a Novara». Il 90% dei chip sono prodotti nel Far East, tra Taiwan, Cina e Giappone. Solo l’8% negli Usa e il 6% in Europa. Bruxelles si è affrettata a specificare che l’intesa commerciale concordata con Washington non supera il 15%. Ma tra annunci e minacce, l’incertezza regna sovrana. «Le imprese non sanno come muoversi, lo scenario è troppo mutevole», conferma Mezzano.
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Il sindaco di Novara Alessandro Canelli che è anche commissario straordinario per il progetto dei chiplet di nuova generazione di Silicon Box invita alla cautela. «Noi siamo pronti a partire con la Conferenza dei servizi e quindi con l’avvio dei lavori per la nuova fabbrica — spiega il primo cittadino —. Il progetto oggi è al ministero: azienda e governo discutono gli ultimi dettagli. Ci auguriamo che non ci siano ritardi né cambiamenti di programma». Sul polo dei chip il Piemonte scommette il rilancio dell’industria. Nel territorio ci sono player di rilievo internazionale come la Spea di Volpiano, Aixtron di Orbassano, e Mem di Novara il maggiore produttore europeo di fette di silicio da 200mm. Ad Agognate dovrebbe sorgere il nuovo impianto di Silicon Box , startup di Singapore, con l’assemblaggio di semiconduttori più efficienti e meno costosi.Â
«Con tariffe al 100% per chi produce fuori dagli Usa si rischia di far deragliare sul nascere una nuova industria, che è l’industria del futuro», dice Luca Caretti, segretario della Cisl. «Questa è una partita che non possiamo perdere. Trovo inutile piangere sul latte versato, sulla grande industria dell’auto che non c’è più — afferma il sindacalista —. Ma il treno dei chip, sui cui siamo salendo è la garanzia industriale per le prossime generazioni».
L’Italia è il terzo paese europeo per produzione di componenti elettronici, con un fatturato che raggiunge i 6-8 miliardi di euro, perlopiù destinato all’export. E le aziende Usa sono i grandi assemblatori, non necessariamente dentro i confini nazionali. della tecnologia: da Apple a Nvidia. «Voglio ricordare che Piemonte e Veneto si sono contese l’arrivo di un produttore di chip per oltre un anno. Ha vinto il Piemonte — spiega Caretti — E bene ha fatto Cirio a mettere attorno a un tavolo tutti gli attori della filiera dei chip. La politica nazionale e quella europea devono proteggere l’industria delle prossime generazioni».
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8 agosto 2025
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