
Tre cani sfuggiti al controllo della proprietaria durante una passeggiata sono stati salvati ieri sulle montagne sopra a Bardonecchia, in val di Susa, da squadre di intervento del comando provinciale della Guardia di finanza di Torino e da personale del Soccorso Alpino Speleologico del Piemonte. Gli animali erano precipitati in un canalone e non erano stati più in grado di risalire sul sentiero. La donna ha allertato i soccorritori spiegando loro di averli sentiti guaire molti metri più sotto rispetto al punto in cui si trovava, sul versante sud della Punta Quattro Sorelle. Come riporta l’agenzia LaPresse, i militari sono giunti sul posto e hanno individuato la posizione esatta degli animali grazie all’utilizzo di un drone in dotazione al Cnsas. Li hanno raggiunti in quel dirupo molto impervio e li hanno recuperati in sicurezza. Erano per fortuna illesi, anche se molto spaventati.Â
La vicenda in questo si è conclusa con un lieto fine, ma le cose sarebbero potute andare molto diversamente. Ecco perché è importante, quando si va in montagna, seguire buone pratiche di comportamento se si decide, come è giusto, di portare con sé i propri animali. Innanzitutto per tutelare loro. E poi per il rispetto che si deve anche agli altri, siano altri escursionisti che possono avere timore di cani lasciati liberi oppure gli stessi addetti ai soccorsi che impiegano tempo, risorse ed energie per compiere salvataggi che potrebbero essere evitati. Ma questo vale anche per gli stessi escursionisti incauti che affrontano la montagna con eccessiva leggerezza, come raccontano le cronache degli ultimi tempi.
Ma come ci si deve comportare in montagna con il proprio cane? C’è un punto che emerge su tutti quanti gli altri e quindi lo affrontiamo per primo: anche in natura bisognerebbe sempre utilizzare il guinzaglio. Molti proprietari pensano che sia giusto concedere momenti di assoluta libertà ai loro cani. Ed effettivamente è vero. Ma questo può avvenire solo in luoghi controllati, controllabili e assolutamente sicuri. E i sentieri di montagna non lo sono. Per tantissimi motivi. Il più importante – e qui parliamo della tutela degli animali – è che il terreno è spesso insidioso: sassi, rocce, fango alterano la progressione. I cani sono sicuramente più capaci di adattarvisi rispetto a molti esseri umani, soprattutto se questi ultimi affrontano le gite con le sneakers da città anziché con l’equipaggiamento adeguato. Ma l’inconveniente può sempre capitare anche per i quattrozampe, che in molti casi sono essi stessi «cittadini» e non hanno molta dimestichezza con i terreni impervi, soprattutto se il sentiero è stretto e se corre lungo un versante molto ripido.Â
I cani, poi, seguono il loro istinto. Che è quello di esplorare, di annusare, di correre. Quando sono in libertà non tengono un’andatura lineare: si muovono avanti e indietro, scattano, cambiano direzione, si fermano, e ripartono. E vengono attratti dal movimento, perché tutti, anche quelli da compagnia, portano in sé un ancestrale istinto alla predazione, seppure di questi tempi sia qualcosa che si declina sostanzialmente nel gioco. Fondamentale anche questo. Ma sempre se avviene in luoghi sicuri. E, come detto, non possono esserlo i sentieri di montagna. Basta che a destare l’attenzione del cane sia qualcosa sul pendio, ed ecco che l’indole porta il cane in quella direzione. Se il pendio però è scosceso o ricoperto di sfasciumi di roccia facili a franare, anche la destrezza di movimento di un cane può essere messa alla prova. Di conseguenza se l’animale scivola, precipita.Â
C’è poi il tema del rispetto. Per gli altri escursionisti, innanzitutto. Non è detto che tutti abbiano piacere nell’incrociare dei cani. Ci sono persone che ne hanno paura. Se il cane è libero e non c’è nessuno a controllarlo ancora di più. E l’ultima cosa che si vuole è una persona che va in agitazione (legittima peraltro) su un sentiero di montagna. Motivo per cui sui percorsi frequentati da altri non è mai corretto lasciarli liberi.
C’è poi il rispetto per la natura. L’istinto predatorio di cui sopra potrebbe tradursi nell’inseguimento di una marmotta o di un qualunque altro animale selvatico. E l’epilogo potrebbe essere che un roditore, un mustelide, un volatile o perfino un serpentello finisca azzannato. Magari per gioco. Ma intanto è un animale selvatico che è stato disturbato nel suo ambiente. E che per quel gioco ha perso la vita.Â
Il nostro cane poi può essere il più buono e pacifico del mondo. Ma non è detto che nel girovagare libero non possa incontrare altri cani, a loro volta sganciati dai loro proprietari, che potrebbero avere un’indole diversa ed essere dei veri attaccabrighe. In caso di scontro sarebbe difficile intervenire se ci si trova temporaneamente lontani da loro e comunque negli spazi ridotti di un sentiero. Â
E torniamo all’inizio per parlare di un’altra forma di rispetto: quella per gli operatori di soccorso.  È il loro lavoro salvare le persone e anche gli animali. Ma un conto è farlo quando gli incidenti sono frutto di caso fortuito, quando si è fatto di tutto per evitarli e non ci si è messi in situazioni di pericolo o di imprudenza che si potevano evitare. In caso contrario, l’intervento che forze dell’ordine e volontari effettuano comunque – perché sempre si fa di tutto per salvare delle vite, umane o no che siano – finisce con l’essere un impiego insensato di risorse e di personale che, va ricordato, ogni volta che interviene in ambienti estremi mette comunque un poco a repentaglio la propria stessa vita. Sono tutti professionisti e esperti, conoscono le montagne e hanno la competenza tecnica per intervenire in ogni situazione, anche la più ostile. Ma gli incidenti possono capitare anche durante i recuperi. Ridurre quelli non necessari significa preservarle i soccorritori da inutili rischi. Oltre che fare risparmiare alla collettività .
E la libertà che meritano i nostri cani? Semplice: la si va a cercare dove davvero la si può garantire. Dove i proprietari possono sempre controllare i loro animali, che non devono sparire dietro un’ansa del sentiero e chissà dove sono e cosa stanno facendo. E soprattutto dove i proprietari possano anche interagire con loro. Prati, zone isolate, anche boschi, sempre tenendo conto che sono abitati da fauna selvatica che merita a sua volta rispetto e tutela. La libertà del cane non può essere la libertà del suo responsabile umano di disinteressarsene, magari perché intento a chiacchierare con un amico, a guardare dove mette i piedi sul sentiero o, situazione ricorrente, perché impegnato a scrollare compulsivamente lo schermo del cellulare lasciando che il cane si diverta da solo (ma da solo si diverte meno, questo è sicuro).Â
Quindi niente cani in montagna? No, i cani in montagna si possono portare e per loro è un’esperienza appagante, un ambiente nuovo e ricco di odori e di cose nuove da scoprire. Ma la responsabilità non deve mai venire meno. Un impegno che bisogna assumersi se si ama davvero il proprio compagno di vita.Â
5 agosto 2025 ( modifica il 5 agosto 2025 | 09:05)
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