
Dopo La forma dell’acqua del 1994 il commissario Montalbano non era ancora una figura completa. Per questo Andrea Camilleri aveva deciso di proseguire il cammino con il suo personaggio, come raccontava lui stesso: «Ebbi la sensazione che mi era rimasto con un piede alzato. Allora scrissi il secondo della serie che è Il cane di terracotta. A questo punto questo personaggio era diventato un personaggio anche per me».
Il secondo romanzo con Montalbano evidenzia infatti, sin dalle primissime pagine, la necessità di delinearne in modo più puntuale i contorni. L’inizio di una nuova giornata segnata da continui cambiamenti atmosferici, che si riflettono sul suo umore, viene utilizzato da Camilleri per mettere a fuoco le radici del commissario. La matre, «che era cagionevole assai e spesso si serrava nella càmmara di letto, allo scuro, per il malo di testa e allora non bisognava fare rumorata casa casa, camminare a pedi lèggio».
E il patre, che «timpesta o bonazza, sempre la stessa salute manteneva, sempre del medesimo intìfico pinsèro se ne restava, pioggia o sole che fosse». Puntuale anche il riferimento all’origine del nome: «Il commissario stava leggendo un romanzo giallo di uno scrittore barcellonese che l’intricava assai e che portava lo stesso cognome suo, ma spagnolizzato, Montalbán».
Camilleri raddoppia la posta: le indagini sono due, la prima su una pericolosa cosca mafiosa e l’altra su un delitto compiuto nel 1943, durante i confusi giorni che precedono lo sbarco americano in Sicilia. Ed è proprio quest’ultima ad appassionare maggiormente Montalbano. Non solo la sovrapposizione di due trame, e di due delitti, ma l’intrecciarsi di elementi collegati alla leggenda cristiana dei Sette dormienti di Efeso con quelli della versione coranica della stessa tradizione. Contenuti nella diciottesima sura, quella della caverna: «E li avresti creduti svegli, e invece dormivano mentre il loro cane era accucciato con le zampe distese, sulla soglia».
Montalbano indaga stavolta «in pantofole, in case d’altri tempi, davanti a una tazza di caffè». Il romanzo è ambientato nella Vigata degli anni ’90 e sembra essere incentrato su un’indagine classica, un traffico d’armi da parte di organizzazioni mafiose. Tuttavia dopo poche pagine la vicenda lascia posto a un episodio di amore e morte che dominerà l’intera narrazione. All’interno della caverna in cui la malavita nascondeva le armi vengono infatti rinvenuti i corpi di due amanti assassinati.
Il cane di terracotta si apre con l’incontro segreto tra il commissario Montalbano e Gegè, amico d’infanzia e protettore di prostitute. Gegè informa il commissario del fatto che Tano u grecu, pluriomicida ricercato, desidera consegnarsi a lui perché in cattivi rapporti con la nuova malavita della zona. È così che Montalbano arriverà a una grotta segreta, dove troverà non solo le armi ma anche i corpi di due amanti e un cane di terracotta a sorvegliarli.
A Camilleri l’idea era venuta «mentre, per cortesia verso due allievi registi egiziani, studiavamo in classe La gente della caverna di Tawfik al- Hakim, scrittore egiziano scomparso nel 1987». Un testo teatrale pubblicato nel 1933 con buon riscontro di critica, una storia legata alla leggenda dei Sette dormienti di Efeso, presente nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, che riprendeva notizie fornite da Gregorio di Tours e da Paolo Diacono. Per sfuggire alle persecuzioni dei Romani, dei giovani cristiani si rifugiano in una caverna dove dormono per 300 anni. Una volta risvegliati non riescono ad abituarsi alla nuova condizione e decidono di rientrare nella caverna per una morte ristoratrice. Nella versione cristiana non c’è la presenza del cane Kytmyr, citato invece nel Corano, che alcuni studiosi ritengono un’invenzione poetica di Maometto, «che amava tanto gli animali al punto di tagliarsi una manica per non svegliare il gatto che ci dormiva sopra», come rivela il professor Lovecchio, contattato da Montalbano nel romanzo.
Nella rilettura di Camilleri il cane di terracotta, novello Cerbero, è il custode del sonno eterno dei due amanti, la cui storia è stata spezzata da un’orribile violenza familiare. Quando la notizia del loro rinvenimento si diffonde, il vecchio preside della scuola locale si reca da Montalbano per metterlo al corrente di ciò che sa sulla grotta, appartenente alla famiglia di un suo amico di cui non ha più notizie dal 1943, e sulla statua del cane. Per risolvere il rompicapo non basta però conoscere solo il Corano, ma, sottolinea Camilleri, sono decisive «le acquisizioni dovute ad altre culture».
L’immagine della grotta, da Platone in giù, con il suo forte valore simbolico, aveva accompagnato per anni lo scrittore: «In quanto ai miei incubi personali, si tratta di un sogno ricorrente, durato anni, nel corso del quale mi trovavo intrappolato in una caverna senza poterne uscire. La caverna era sempre la stessa».
Nel centenario di Camilleri un libro al mese (a 9,99 euro l’uno)
Nell’anno delle celebrazioni per i cento anni dalla nascita di Andrea Camilleri (Porto Empedocle, Agrigento, 6 settembre 1925 – Roma, 17 luglio 2019), il nostro giornale, in collaborazione con l’editore Sellerio, dedica una collana di 34 volumi a tutte le sue opere che hanno come protagonista il commissario Salvo Montalbano. È, fra l’altro, la prima volta che una serie così completa dedicata a questo personaggio viene pubblicata in abbinamento a un quotidiano. I libri sono acquistabili in edicola — secondo il calendario di uscita rappresentato nel grafico qui a destra — insieme al «Corriere della Sera» al prezzo di e 9,99, oltre al costo del quotidiano.
Mentre è ancora in edicola, e lo sarà fino al 13 di agosto, il primo volume La forma dell’acqua, che ha una nuova introduzione scritta appositamente da Antonio D’Orrico, il 6 agosto ne sarà disponibile già un altro, Il cane di terracotta. Pubblicato nel 1996 da Sellerio, è anche il secondo romanzo ad avere come protagonista il commissario Montalbano e vede il commissario impegnato in una doppia indagine, su un caso attuale su uno che torna dal passato. Tutti i successivi libri della collana saranno in edicola con cadenza settimanale. Camilleri ne Il cane di terracotta annota in ultima pagina: «È noioso ripetere, ad ogni libro che si stampa, che fatti, personaggi e situazioni sono inventati. Ma pare sia necessario farlo. Allora, dato che ci sono, voglio aggiungere che i nomi dei miei personaggi nascono per divertite assonanze, senza nessuna volontà di malizia».
4 agosto 2025 (modifica il 4 agosto 2025 | 21:42)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4 agosto 2025 (modifica il 4 agosto 2025 | 21:42)
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