«Mercoledì mattina alle 12.30 ci sarà l’approvazione del progetto definitivo per l’avvio dei lavori del ponte sullo Stretto di Messina. Se ne parla dagli antichi romani, sono le ultime norme e ultime firme per queste quarantotto ore che segneranno una pagina di storia», dice il vicepremier e titolare di Infrastrutture e Trasporti Matteo Salvini. Lo snodo è il Cipess, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile guidato dalla premier Meloni. Settimana scorsa il board della Società Stretto di Messina, presieduto da Giuseppe Recchi, ha approvato gli atti aggiuntivi ai contratti con il contraente generale Eurolink (il consorzio guidato da Webuild), con il project management Parsons Transportation Group, con l’azienda delegata al monitoraggio ambientale Edison Next Environment e con il broker assicurativo Marsh. Ora serve l’ok del Cipess, poi servirà la validazione della Corte dei Conti, per i cantieri si potrebbe partire per fine settembre, ma le incognite sono tante.
Tajani: il Ponte sullo Stretto non è una cosa di partito
La dichiarazione arriva dopo la sortita dell’altro vicepremier, ministro degli Esteri e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, che ha ribadito domenica da Reggio Calabria come «il Ponte sullo Stretto non è una cosa di partito, è un servizio che si rende all’Italia. Le infrastrutture per far crescere soprattutto il Meridione, sono fondamentali». Il ministro ha ricordato quello che fu anche «il sogno di Berlusconi, una battaglia storica di Forza Italia». «Se poi questo governo, dove Forza Italia è forza determinante – ha sottolineato – decide di trasformare» questo progetto «in una scelta concreta, siamo contenti» anche perché questo, ha insistito Tajani, è in linea con un governo che vuole «dare risposte concrete ai cittadini, in questo caso della Calabria e della Sicilia».
I tre chilometri più discussi
Dunque, forse ora ci siamo, ma abbiamo troppa esperienza per non sapere che questo Paese ci prova da anni a far partire i cantieri. Negli ultimi dieci anni abbiamo visto raddoppiare il canale di Suez e quello di Panama, costruire il terzo ponte sul Bosforo sulla città di Istanbul. Da noi i tre chilometri di mare più discussi, studiati, progettati, contestati, infine sono stati annullati nel febbraio 2013 con un tratto di penna dal governo Monti (ne abbiamo scritto qui).
Il riflesso storico dell’anti-berlusconismo
Il governo ora ci riprova, per la verità guida il Paese da quasi tre anni e finora gli scavi non sono ancora partiti. A rispolverare un vecchio sogno nel cassetto. Un vecchio pallino di Silvio Berlusconi: unire la Sicilia alla Calabria con un ponte sullo Stretto di Messina. Siccome il Cavaliere ne è stato un fervente sostenitore (come dimenticare quella puntata di Porta a Porta con Lunardi ministro e Bruno Vespa a vagliarne gli aspetti) per riflesso conveniva smontarla, derubricarla ad opera non più prioritaria (governo Prodi 2006-2008), infine sancirne l’impossibilità di una convergenza programmatica e trasversale in tutto l’arco parlamentare arrivando a sciogliere la società dello Stretto, licenziando il personale, imbarcandosi in penali salate.
La tesi del benaltrismo
Per anni l’infrastruttura è stata vittima di un riflesso ideologico che ha attinto a pieni mani alla tesi del benaltrismo, la corrente di pensiero secondo la quale al Meridione serve prima molto altro e poi forse un Ponte a unire le due costa separate dalla geografia per tre chilometri. Teorema che ha sostenitori obiettivi e sinceri, ma anche preoccupati delle infiltrazioni della malavita di un’opera che costerà più di 12 miliardi. Il resto lo hanno fatto gli ultimi anni: la sindrome nimby dei Cinque Stelle (con Grillo che si è fatto a nuoto lo Stretto per risaltarne la presunta inutilità), i movimenti no ponte sulle due coste, alcuni sindaci refrattari agli interventi per le opere di allacciamento che scontentano in molti.
Le mobilitazioni e le proteste
In questi giorni il movimento No Ponte Calabria sta rilanciando la mobilitazione chiamando alla partecipazione alla manifestazione del prossimo 9 agosto a Messina per «ribadire con forza e determinazione che Calabria e Sicilia non si toccano». «Ci avevano detto – si legge in una nota – che sarebbe stata l’ultima estate senza ponte. Sono passati due anni da quei proclami e ancora non si vede neanche un cantiere, ma le risorse vengono già bruciate in un vortice di progettazioni inutili, consulenze d’oro, spot pubblicitari e finti dibattiti. Mentre rubano futuro a intere generazioni, i governi nazionali e le Regioni giocano con la propaganda, tagliano le opere davvero necessarie e concentrano i fondi su un progetto fallimentare». Anche il passaggio al Cipess rischia di trasformarsi da «atto tecnico a passaggio politico forzato, pur di far avanzare un progetto che non ha i requisiti, non ha i fondi europei, non ha senso. Lo diciamo con chiarezza: Vogliamo acqua, non cemento. Servizi, non armi. Lavoro utile, non cantieri inutili. Rifiutiamo un modello di sviluppo che devasta i territori per arricchire i soliti noti», conclude il Comitato No Ponte Calabria.
Le ragioni per farlo
Ma è altrettanto obiettivo sostenere che senza un Ponte su quei tre chilometri l’alta velocità resta monca. Perché potremmo portare treni Frecciarossa 1000 fino a Reggio (per ora per la verità ci fermiamo a Salerno) e poi non possono attraversare lo Stretto perché non scomponibili? Come può la Sicilia aspirare ad un ruolo di hub nel Mediterraneo se non viene garantita la continuità autostradale e ferroviaria verso i mercati europei? È mai possibile immaginare di continuare ad affidarsi solamente ai trasporti aerei e navali riconosciuti da tutti come in assoluto i più inquinanti per unità trasportata? (ne abbiamo scritto qui)
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4 agosto 2025
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