
Ci risiamo. Ma il caso Lookman, un anno dopo Koopmeiners, offre una linea di interpretazione più chiara per coloro che pensano che il calcio riveli lo spirito dei tempi. Si tratta di qualcosa che è emerso chiaramente con la rielezione di Donald Trump. Vale a dire: il declino delle regole scritte e condivise a favore di una pura applicazione dei rapporti di forza. Nel mondo civile esistono contratti che obbligano le parti a reciproci impegni: così uno come Lookman gioca per l’Atalanta e l’Atalanta lo paga. Un contratto firmato senza coercizione, come libera scelta: e per scioglierlo è necessaria un’altrettanto comune intenzione. Ma dato che (per ora) non succede così, le regole imporrebbero il loro rispetto. Invece, come già Koop, Lookman punta i piedi. Insomma, vuole l’Inter come già Trump ha detto di volere la Groenlandia; e non conta che il diritto (se non il buon senso) dicano diversamente. Vediamo nel nostro piccolo orticello atalantino ciò che si dispiega in modo più clamoroso a livello globale: una postura del tipo «voglio perché posso, anche se non posso».
Certo, non siamo ingenui e si sa che i calciatori non sono figure ideali, ma «professionisti». Però anche in questo caso assistiamo a un interessante slittamento di significato. La prima volta che sentii parlare di «professioniste» fu da piccolo, in una conversazione (che loro pensavano inascoltata) tra mio padre e suoi amici. Le «professioniste» in questione erano le passeggiatrici di via Paleocapa, allora centro della prostituzione locale. In quei tempi, infatti, il «professionismo» non godeva di una gran fama: all’idea che uno facesse una cosa per i soldi, si preferiva il pensiero romantico di uno che lavorasse per un’idea, per vocazione o per dovere. Infatti, allora, gli atleti erano quasi tutti dilettanti e alle Olimpiadi potevano partecipare solo loro. Ma con gli anni Ottanta e la vittoria globale del neoliberismo essere «professionisti» è diventato positivo, portando con sé l’idea implicita che qualsiasi cosa va bene purché ti diano dei soldi in cambio. Infatti, anche il lavoro delle passeggiatrici, diventate escort, è oggi considerato accettabile. E così nel calcio ci siamo rassegnati al mercenariato della passione, ben sapendo che i nostri idoli di oggi saranno gli avversari di domani. Da cui il ragionamento dell’inizio: mi impegno a giocare con te perché mi paghi. I casi Koopmeiners e Lookman, però, spostano l’idea di «professionismo» più in là. «Professionista» oggi significa qualcuno che vuole andare dove lo pagano di più, anche se impegnato altrove: fatto che viene rivendicato come un diritto superiore a quello che pure sta scritto e firmato. Però il medesimo clima sociale e morale che ci ha portati a questo punto produce un paradosso. Siccome contano solo i soldi e l’Inter non ne ha abbastanza, è l’Atalanta che dice no alla vendita di Lookman. Chi l’avrebbe detto. La bilancia della giustizia si riequilibra con la giustezza dei bilanci.
4 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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