
Forse non ha la personalità esplosiva di Giovanni Paolo II, la sapienza teologica profondissima di Benedetto XVI e neanche la spontaneità di Francesco (o forse scopriremo in lui tutte queste doti col tempo): ma papa Leone XIV, mite, schivo e schietto, ha saputo subito farsi amare dal milione di giovani arrivati a Roma per il loro Giubileo. La sua prima vera uscita «di popolo» è stata indimenticabile: ha affascinato tutti fin dai primi momenti, dopo il percorso di mezz’ora in papamobile in cui non ha mai smesso di salutare e benedire i ragazzi entusiasti, col suo sorriso quasi timido con cui sembrava volerli abbracciare uno per uno.
Ma il primo Papa americano li aveva già conquistati martedì sera, con la discesa in piazza San Pietro dopo la messa di benvenuto. È stata una sorpresa, il giro in papamobile e il saluto dall’altare non erano in programma: «Siete sale della Terra, luce del mondo, il vostro entusiasmo lo hanno ascoltato fino alla fine del mondo», ha scandito nelle tre lingue che usa abitualmente (inglese, spagnolo e italiano) ai 120 mila ragazzi assiepati anche su via della Conciliazione.
C’è da dire che Leone XIV ha dalla sua una prestanza fisica che i suoi predecessori delle Giornate mondiali della gioventù (Gmg) avevano perso da tempo, per età e malanni vari. Non ha ancora compiuto 70 anni (li farà a settembre, il 14) ed è quindi relativamente giovane per essere un Papa. Dei Pontefici più recenti solo Wojtyla aveva meno anni di lui quando fu eletto, a «soli» 58. Certo, siamo lontani dal «record» di Giovanni XII, arrivato sul soglio pontificio nel lontanissimo 955 a soli 18 anni e vissuto soltanto altri 9: e comunque Joseph Ratzinger diventò Benedetto XVI a 78 anni e Francesco ne aveva già 76. Il Papa cui Prevost si ispira tanto da prenderne il nome, Leone XIII, fu eletto a 68 anni, ma visse fino a 93, diventando uno dei Pontefici più longevi della storia.
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Da buon americano poi, papa Prevost è sempre stato uno sportivo. Ha praticato a un buon livello amatoriale il tennis, tanto da considerarlo una sorta di metafora della vita: dopo la sua elezione ha raccontato che gli ha insegnato ad «accettare la sconfitta, riconoscere i propri limiti e rialzarsi con fede». Ma è anche appassionato di baseball e calcio e in rete circolano foto che lo ritraggono a cavallo.
Già durante la processione del Corpus Domini, lo scorso giugno, sui social si sono letti commenti ammirati per la sua «camminata» dalla basilica di San Giovanni a quella di Santa Maria Maggiore, paludato nei pesanti paramenti sacri e tenendo ben alto l’ostensorio. Il tutto in una giornata in cui a Roma la temperatura toccava i 40 gradi. Né Benedetto, né Francesco avrebbero potuto dare prova di una simile resistenza fisica. Ma a volte a un Papa può non servire: tutti ricordano alla Gmg del 2000 Giovanni Paolo II, già molto provato dal Parkinson e dalle patologie che l’avrebbero ucciso meno di 5 anni dopo, infiammare il cuore e l’anima dei suoi (2 milioni di) ragazzi battendo il tempo dei canti sulla sedia e agitando le braccia sullo stesso loro ritmo.
Dal punto di vista strettamente spirituale, da agostiniano e canonista, Leone XIV ha puntato fin dall’inizio sulla fede, pura e semplice, senza fronzoli o «sbandamenti». La fede nella croce di Cristo, come quella giubilare che ha portato, sempre sorridendo, appena sceso dalla papamobile verso l’enorme palco, col sottofondo musicale del coro della Diocesi di Roma. E forse i ragazzi hanno capito che non si trattava di una semplice «coreografia», sebbene nei secoli la Chiesa cattolica abbia sempre puntato sulla «scenografia» dei riti. Come l’altra immagine da ricordare, immortalata da migliaia di cellulari: lui in mozzetta rossa e stola, inginocchiato davanti all’ostensorio, nel silenzio quasi surreale di Tor Vergata.
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4 agosto 2025
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