
Un’euforia breve; una atmosfera pessima. Chi, a cominciare da Leclerc, ha immaginato e poi sperato di consumare una domenica finalmente euforica, ha a che fare oggi con l’immagine di una Ferrari in depressione carsica. Persino Vasseur, appena confermato, ha smesso di ridere una volta incrociato Charles, reduce da un crollo verticale successivo ad un avvio rassicurante.
Abbastanza da riportarlo a quell’espressione da nervi a fior di pelle che abbiamo imparato a interpretare, sipario dopo sipario, da un tempo infinito e sfinente. Con il sospetto, suo e nostro, che ieri gli abbiano raccontato una storia come minimo discutibile a proposito di una macchina improvvisamente mancante di risorse e brio. Una espressione da non se ne può più, preceduta da ennesima tensione via radio durante la gara, doppiata dallo sguardo fisso a terra di Hamilton.
Un fenomeno anche della comunicazione che ormai fatica a parlare, alternando dichiarazioni disarmanti a frasette di circostanza. Lewis sembra uno scolaretto sbucato controvoglia dal retro della lavagna. Con un bisogno estremo di partire per qualunque destinazione sprovvista di curve, cordoli, gente vestita di rosso.
Abbiamo un pilota veloce al quale viene chiesto ripetutamente di rallentare e un pilota lento che non riesce più ad accelerare. Dai e dai, visto che siamo al Gp numero 14, ogni traccia di ottimismo, di fiducia, sembra dispersa, sostituita da un malessere che logora persino due campionissimi, peraltro consapevoli di battersi al massimo per qualche podio basso.
Alla faccia della squadra «coesa», descritta nei giorni scorsi per dipingere in termini super positivi presente e futuro. Questa corsa, questa pista ungherese, rappresentavano una opportunità ingigantita dalla pole di sabato: abbiamo a che fare non solo con un altro bilancio deludente. Troppa amarezza da parte di chi dovrebbe tenere in piedi almeno qualche piccolo sogno e che invece sembra aver voglia soprattutto di scomparire. Con la scusa delle vacanze.
4 agosto 2025 ( modifica il 4 agosto 2025 | 06:55)
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