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Parla l’ex dirigente Kgb: «La paura dell’Apocalisse: il leader Usa e lo zar usano la stessa strategia»

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«Credo di avere i titoli per parlare…». Sorride amaro Evgenij Savostyanov, che fu capo del Kgb di Mosca e poi un tecnico dall’importante passato militare al servizio dei governi, compresi quelli di Vladimir Putin. Se ne andò da ministro della Cultura nel 2015, denunciando il clima di censura a suo giudizio ormai imperante. Nel fatale 2022, promosse un documento contro l’Operazione militare speciale in Ucraina e poi un altro ancora contro l’uso della minaccia nucleare. Ma nonostante il curriculum di cui sopra, non può mettere piede in Europa. Oggi è considerato uno degli analisti più acuti sulle vicende del suo Paese.

Dobbiamo prendere sul serio il rischio di escalation nucleare?

«Il presidente degli Usa fa un’azione speculare a quella di Vladimir Putin, il quale in questi anni ha cercato più volte di fare pressione sull’opinione pubblica occidentale lasciando intendere la sua determinazione nell’”andare fino all’Apocalisse”, cosa che in realtà non è mai stata vera. Molte volte questa tattica ha dato i suoi frutti. Nella società sorgevano umori di panico, la Casa Bianca iniziava a cercare compromessi, in sostanza venivano fatte concessioni a Putin. È accaduto nel febbraio 2014 durante l’occupazione della Crimea. E poi nel febbraio 2022, all’inizio della guerra con l’Ucraina, e nell’ottobre del 2022, quando Putin doveva salvare le truppe incastrate a Kherson, e nel febbraio 2024, quando bisognava fermare le forniture militari Usa all’Ucraina. Solo per fare degli esempi».

E adesso, con Trump che dice di spostare i sottomarini?

«Le dichiarazioni del presidente Usa sono un chiaro segnale che con lui la tattica di Putin non porterà alcun successo. Ma a differenza dei tempi della crisi di Cuba del 1962 e della guerra dello Yom Kippur del 1973, quando l’Urss e gli Usa dovettero esaminare sul serio tale rischio, in questa fase non c’è un pericolo reale di escalation. L’Ucraina non è sull’orlo di una vera sconfitta militare, come lo erano a suo tempo Cuba o l’Egitto».

Secondo lei, la Russia si lascia spaventare da una delle tante dichiarazioni di Trump?

«Agli analisti del Cremlino non sarà sfuggita la menzione di due sottomarini nucleari, a quanto pare della classe Ohio dotati di armamenti nucleari o convenzionali, il cui potenziale è sufficiente per azzerare la componente strategica terrestre russa con rampe di lancio. Le assicuro che fa un certo effetto».

Medvedev è da prendere sul serio?

«All’inizio, aspirava allo status di un politico moderno e illuminato. Ora viene ostentatamente umiliato, cosa che avveniva anche negli anni della sua presidenza, imponendogli di dare voce alle più idiotiche provocazioni per intimidire gli Usa e l’Europa. Semplicemente, andrebbe trascurato. Da lui, come da tutti gli intimi di Putin, non dipende nulla».

Come finiranno le prove di intesa tra Trump e Putin?

«Questa storia d’amore non c’è mai stata. Abbiamo assistito invece a una delle strategie negoziali di Trump: lusingare, mostrare disponibilità a concessioni, per ottenerne altre a proprio vantaggio. Laddove questa tattica non funziona, Trump smette sempre di adoperarla. Quello che sta accadendo ora. Purtroppo, i leader dei Paesi di quello che io chiamo l’Anello del male, Xi, Putin, Kim, Khamenei, sono persone estremamente ideologizzate che subordinano le vere esigenze dei loro Paesi al delirante intento di “smantellare l’influenza dell’Occidente”. Persuaderli, è impossibile. Si può contrapporre loro solo la forza della deterrenza».

Possiamo catalogare anche il suo discorso come un esempio di russofobia? 

«Apprezzo l’ironia. La propaganda russa cerca di imporre a tutto il mondo una comprensione deformata di questo problema. Vuole far credere che il timore e la diffidenza verso la Russia esistano in Europa non come effetto dell’aggressione contro l’Ucraina e della paura razionale nei suoi confronti, purtroppo non sufficientemente diffusa, ma come il risultato di certi interessi e pregiudizi».

Ha mai provato sulla sua pelle un episodio di presunta russofobia?

«Sto parlando di queste cose con cognizione di causa. A me stesso dal 2014 è precluso l’ingresso in Europa. Ma non lo considero un atto di russofobia. Quello che mi tocca in sorte è una combinazione tra la tassa da pagare sulla mia biografia non proprio ordinaria, e l’inestinguibile e dannoso zelo di alcuni funzionari dei Paesi europei».

Quindi lei ritiene giustificata la paura della Russia in Europa?

«Se un europeo medio sapesse che cosa dicono del suo Paese sia i propagandisti russi che i politici dei più alti ranghi, allora i suoi timori aumenterebbero di qualche ordine di grandezza. E nel sistema dei suoi valori la difesa dell’Europa salirebbe al primo posto. Continuare a proteggere i cittadini dalla realtà che si avvicina alle loro case, come fanno alcuni media e alcuni governi, è un errore colossale». 

2 agosto 2025

2 agosto 2025

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