Home / Spettacoli / Giulio Scarpati: «Dopo la tv racconto i dolori di Giovanni Pascoli»

Giulio Scarpati: «Dopo la tv racconto i dolori di Giovanni Pascoli»

//?#

L’appuntamento con Giovanni Pascoli non poteva che essere il X agosto, come titola una delle sue più celebri poesie. Quel giorno Giulio Scarpati sarà a Ponte di Legno, ospite della rassegna «Una montagna di cultura – La cultura in montagna» con cui l’associazione Mirella Cultura porta nel borgo camuno musicisti, poeti e attori. Quella sera il volto che tutti associano a «Un medico in famiglia» prenderà la fattezza del poeta, raccontandone gli ultimi giorni e leggendone le poesie con lo spettacolo «Qualcosa di nuovo nel sole».
Qualcuno sarà sorpreso di vederla alle prese con i versi di «Lavandare» o «Sogno».
«Ormai sono identificato con “Un medico in famiglia”, ma ho fatto tanto altro: ho iniziato a sedici anni con Goldoni, Goethe, Euripide; il cinema, con la parte di Rosario Livatino ne “Il giudice ragazzino”, mi ha dato il David di Donatello».
Poi la grande popolarità con la televisione.
«Aiuta, eccome. Ho fatto “L’idiota” di Dostoevskij e c’è stato sempre il tutto esaurito; senza tv non credo sarebbe successo».
E Pascoli?
«L’idea è nata a Pistoia. Portandovi alcuni spettacoli, ho conosciuto Giuseppe Grattacaso, poeta e poi direttore del teatro cittadino. Aveva scritto un libro su Pascoli, l’ho letto, abbiamo discusso e ha preso forma questo spettacolo dove impersono Pascoli che ripercorre gli ultimi momenti della sua vita parlando col suo cane Gulì, che in scena è un cappello posto a terra».
Che figura emerge?
«Diversa da quella che avevo studiato a scuola. C’è l’uomo che si rifugia nel nido, legato morbosamente alle sorelle e con i sensi di colpa verso il padre, ma in questo dramma esistenziale ho visto emergere una domanda di assoluto che squarcia quel guscio. Era molto attento al suo presente, si appassionava alle novità della scienza e della tecnica, le studiava e le inseriva nei suoi versi con una precisione realistica che non annulla il senso di mistero tipico della sua poetica, dove ogni cosa rimanda sempre a un “senso altro” non esplicitato ma presente, percepibile. Andava a caccia imbracciando il fucile, ma piuttosto che sparare ascoltava i canti degli uccelli, che riportava nelle poesie».
Altri progetti?
«Sono fortunato, sono in una fase in cui posso scegliere quello che più mi stimola. Ho partecipato alla nuova serie di “Cuori” interpretando un sensitivo: è stato divertente calarsi in un mondo tutto nuovo».
E nella poesia?
«Mi piacerebbe riprendere Omero, Virgilio, i miti antichi. Ho sempre amato l’Iliade e l’Odissea, l’Eneide è stata una passione tardiva ma oggi più forte dei poemi omerici, ha un’umanità più vicina alla nostra. Con Margherita Hack ho letto dei miti che parlavano delle stelle, lei le spiegava dal punto di vista scientifico: era sorprendente vedere come mito e scienza portino allo stesso punto e abbiano la stessa origine, lo stupore e l’ammirazione per la bellezza del creato. Con Alessandro Barbero ho letto Omero, con lui che lo spiegava dal punto di vista storico».
Lo Scarpati «medico in famiglia» come curerebbe lo Scarpati Pascoli?
«Non lo curerei. Beveva, stava male, ma forse proprio questi stati alterati ne hanno permesso la creatività: spesso l’artista deve sacrificarsi perché l’ispirazione si esprima appieno. Non avesse sofferto così tanto, nel fisico e nell’animo, non avremmo avuto la poesia di Giovanni Pascoli».

2 agosto 2025

2 agosto 2025

Fonte Originale