
Nel giorno del passaggio di consegne tra Bruno Mellano e Monica Formaiano, appena nominata garante regionale per le persone private della libertà, scoppia la polemica tra Fratelli d’Italia e chi da sempre ha uno sguardo diretto sui penitenziari: gli avvocati della Camera penale Vittorio Chiusano, il portavoce dei garanti nazionali Samuele Ciambriello, il fronte delle opposizioni in Consiglio regionale.
L’antefatto sono le parole del capogruppo e del vicecapogruppo in Regione di FdI, Carlo Riva Vercellotti e Roberto Ravello. Che, all’indomani della nomina di Formaiano, hanno parlato di «cambio passo» e accusato il predecessore di aver svolto per 11 anni il proprio ruolo con «strabismo ideologico», offrendo «un monologo a senso unico» della narrazione carceraria. A sostegno della tesi, la scelta dell’ex garante di costituirsi parte civile nei processi in cui gli agenti della penitenziaria erano accusati di violenza sui detenuti. Mellano, quindi, avrebbe «interpretato» l’incarico «con scarsa attenzione per le altre figure che vivono e lavorano ogni giorno dentro le carceri. Mentre si invocavano — insistono i due meloniani — diritti, dignità e reinserimento per i detenuti, le condizioni di chi garantisce legalità e sicurezza restavano sistematicamente invisibili».
Giudizi che hanno innescato la risposta sardonica della Camera penale. In un nota — dal titolo «Lacrime d’estate» — di tagliente ironia, si evidenzia che l’ex garante per i detenuti del Piemonte «avrebbe peccato di miopia perché non si sarebbe costituito parte civile nei confronti dei detenuti stessi». I penalisti, poi, evidenziano il «sottile ragionamento giuridico» di FdI «che forse potrà aprire nuove frontiere del diritto e ci porta a chiedere scusa a Norberto Bobbio, Alessandro Galante Garrone, Franco Cordero e a tutti i giuristi che hanno fatto del Piemonte una terra di diritto, per avere consentito che il Consiglio regionale fosse occupato da chi del diritto nulla sa e non ha neppure la creanza di tacere».
In sostanza, spiegano le toghe, la «miopia» imputata a Mellano sarebbe quella «udite udite, di provare a difendere i diritti dei detenuti». Per il portavoce della Conferenza nazionale dei garanti delle carceri Samuele Ciambriello è «un attacco privo di contenuti e populista. I garanti sono autorità indipendenti e legittimati da leggi regionali e delibere. La politica aiuta, coopera, non detta regole e indirizzi alle istituzioni di garanzia» E ricorda: «Per noi garanti delle persone private della libertà personale è la Costituzione il baluardo del nostro agire. Il collega Mellano ha ben esercitato il suo ruolo, con determinazione, responsabilità e spirito di servizio. Il resto è populismo penale, politico e mediatico».
Anche la politica si scaglia contro Riva Vercellotti e Ravello. Il M5S— la capogruppo Sarah Disabato e i consiglieri Alberto Unia e Pasquale Coluccio — parla di attacco «ingiustificato, scorretto e totalmente fuori logico». Alice Ravinale (Avs) ha sollevato la questione a Palazzo Lascaris, chiedendo conto a Ravello, Riva Vercellotti e al presidente Davide Nicco «delle gravi esternazioni». E le compagne di partito Valentina Cera e Giulia Marro insistono: «Derubricare undici anni di esperienza di Mellano, peraltro confermato dalla maggioranza del primo governo Cirio, a unilateralità militante è inopportuno e ingeneroso». L’affondo è di Europa Radicale, che definisce Fdi «indecente»: «Hanno nominato garante una persona chiaramente impreparata (come ha ammesso essa stessa pubblicamente) e ora tentano di allargare e annacquare i suoi compiti per evitarle di dimostrare subito i propri limiti».
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2 agosto 2025
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