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Esodo estivo, il salasso della benzina: Italia tra le più care in Europa (ed è colpa delle tasse)

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L’Italia è uno dei paesi più cari in Europa. Per la benzina, gli italiani spendono il 6% in più rispetto alla media europea, addirittura il 7% in più per il diesel, valori che fanno guadagnare il quarto e quinto posto tra gli Stati più costosi dell’Ue. D’altronde le imposte (accise+Iva) pesano per il 60% sul prezzo finale (ne abbiamo scritto qui). Al netto delle tasse il carburante potrebbe persino costare meno che nella media europea, ma una volta aggiunto l’onere fiscale il prezzo al consumatore risulta più che raddoppiato e in assoluto fra i più alti dell’Unione. 

La classifica europea

I più fortunati sono gli automobilisti bulgari; per percorrere 2.500 km in auto servono appena 203 euro di benzina, il 30% in meno rispetto all’Italia. Va peggio di noi solo a danesi, olandesi e greci: se per gli ellenici il conto è di poco superiore al nostro (+1%), per un viaggio in auto nel paese dei mulini a vento la cifra sale a 314 euro (+10%) e arriva a sfiorare i 320 euro in Danimarca (+12%). Sono i numeri del comparatore Facile.it, che ha calcolato che per un’auto familiare che percorre 2.500 km in Italia occorrono 285 euro di benzina, 216 euro se la vettura è diesel. Gli austriaci spendono 253 euro in benzina, mentre agli spagnoli, per un tour on the road di pari lunghezza, sono sufficienti 246 euro (-14%). Il prezzo della benzina scende ulteriormente se ci si sposta verso est; in Romania e Polonia per un viaggio in auto da 2.500 km si spendono circa 230 euro, il 19% in meno rispetto al Bel Paese.

Lo scenario col diesel

In Germania si spendono 210 euro col diesel (il 3% in meno), in Svezia 196 euro (-9%), mentre in Spagna sono sufficienti appena 185 euro (-14%).
E se i più sfortunati continuano ad essere i danesi, che per un tragitto di pari lunghezza devono mettere a budget 231 euro (+7% rispetto agli automobilisti italiani), questa volta i più fortunati sono i maltesi, che per spendono appena 157 euro.

La filiera

In termini puramente industriali il carburante che si paga alla stazione di rifornimento dovrebbe riflettere i prezzi del petrolio di un mese prima circa, perché questo è un lasso di tempo che di solito separa l’acquisto del greggio da parte delle società di raffinazione e la vendita della benzina o del gasolio al dettaglio. Nella realtà però l’intera filiera tende a scaricare ai consumatori gli aumenti delle quotazioni del barile prima di subirli: vende il carburante da greggio comprato ai vecchi prezzi più bassi come se lo avesse pagato alle nuove quotazioni aumentate (ne abbiamo scritto qui).

1 agosto 2025

1 agosto 2025

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