
In bianco e nero, e dunque ancora più suggestive, sembrano più racconti di vita che antiche fotografie. Chi erano, e soprattutto, come vivevano le due contadine caricate di grandi gerli? E quelle sciatrici pioniere sulle piste? E di chi era il sorriso felice su una Vespa guidata in libertà? C’è un potere evocativo che, davanti ad ogni scatto, riavvolge la memoria e l’emozione alla ricerca non solo di un mondo che fu, ma di una dimensione femminile tutta da scoprire. Immergersi ed assaporarla è la mission della mostra fotografica «La montagna al femminile», un’esposizione che raccoglie oltre cento immagini d’epoca capaci di farci scoprire il volto meno conosciuto delle comunità alpine.
Curata da Monica Morazzoni e Valeria Pecorelli del Dipartimento di studi umanistici dell’Università Iulm di Milano, la mostra sarà visitabile dal 2 al 24 agosto all’interno dell’hotel Milano Alpen Spa (tutti i giorni dalle 10 alle 22, ad ingresso gratuito) costruito da, manco a dirlo, Carmela, nonna di Roberto e Fabio Jannotta (che in quell’albergo ci sono nati). Un’antesignana di quella figura femminile imprenditrice che la mostra punta a valorizzare e far conoscere. «È un’iniziativa che abbiamo pensato per attraversare, con centinaia di scatti, l’arco alpino da est ad ovest — spiega Morazzoni — perché ci siamo rese conto di come, secondo stereotipi e pregiudizi, la realtà montana fosse da sempre plasmata su uno sguardo al maschile, lasciando in ombra le donne. Che sono state, invece, protagoniste di un’economia reale, costruita con forza e con un lavoro che ha saputo far crescere e trainare tutto l’ambiente. Questa mostra è stata pensata proprio per omaggiare a 360 gradi il contributo di donne che, variamente, chi viaggiando chi con attività imprenditoriali e di conquista, hanno capito e valorizzato l’attrattività della montagna».
Non è un caso che la mostra, allestita in una delle strutture ricettive iconiche di Castione, possa offrire anche uno spunto prezioso per interrogarsi sul rapporto tra turismo e società locale nei primi decenni del Novecento. «In quegli anni il nostro paese e altri centri alpini — rimarca Roberto Jannotta — iniziarono a ospitare un turismo di tipo elitario, fatto di famiglie borghesi e aristocratiche che costruivano ville con campi da tennis privati e vivevano la villeggiatura come tempo di salute, svago e distinzione sociale. Ma, mentre le figlie e i figli dei villeggianti imparavano a giocare a tennis tra pini e rododendri, il paese reale era abitato prevalentemente da donne». Gli uomini, spesso erano costretti a emigrare per lavoro, lasciando alle mogli, alle madri, alle sorelle la responsabilità piena della casa, dell’economia domestica, dell’educazione dei figli e della gestione del poco che c’era. «Così, dietro le quinte della villeggiatura, si muoveva un’altra geografia sociale, fatta di relazioni, servizi, lavoro manuale e accoglienza, tutta declinata al femminile. Le donne di montagna — osserva Jannotta — non solo sorreggevano le strutture economiche locali, ma resero possibile quella stessa esperienza turistica fornendo servizi, vendendo prodotti, affittando camere e cucinando per gli ospiti. Il turismo, dunque, non fu solo un fenomeno importato, ma — conclude — un’opportunità che le donne seppero interpretare e modellare, trasformando l’accoglienza in competenza, e la necessità in risorsa». Nonna Carmela docet.
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1 agosto 2025
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