
«Love is in the air». La bagnina di Baywatch e l’eroe che salvò oltre mille ebrei. Lei 58 anni, lui 73. È l’amore estivo e tardivo di cui si vocifera da qualche tempo, quello tra Pamela Anderson e Liam Neeson, che lei ha confermato sui social con una frase che non lascia dubbi, «l’amore è nell’aria». Due vite che si incontrano oggi, ma che hanno percorso traiettorie opposte.
Liam Neeson ha iniziato come attore impegnato (Mission, Schindler’s List, Michael Collins) per poi cedere alla deriva dei film d’azione tutti uguali con una trama copia e incolla: lui che subisce un «torto» (il rapimento della figlia, l’uccisione della moglie) e va in cerca di vendetta. La parabola di Pamela Anderson invece è stata opposta, nata superficiale — la bellezza prima di tutto — e poi a sorpresa profonda. Prima è stata canone di seduzione, Barbie bikini, sogno e desiderio: «Adoro l’immagine della bionda oca, puoi solo sorprendere se sei un minimo più intelligente di quel che si aspettano». Poi si è dimostrata Barbie per niente oca, ma piuttosto impegnata a scendere in campo contro le ingiustizie, scegliendo la battaglia animalista (la via ideologica più facile) e poi battendosi — in una presa di posizione invece nient’affatto scontata — anche per i diritti di Julian Assange, amico o forse qualcosa di più (lei ha sempre negato), «una delle persone più importanti del pianeta perché ha difeso il nostro diritto di conoscere la verità». Fino a diventare la barricadera che non t’aspetti, come quando ha dichiarato: «Trump, Bolsonaro, Salvini: chiamateli come volete, ma resta fascismo». Nel frattempo anche la sua immagine si è adeguata all’età, niente filtro, zero trucco, non ha inseguito il mito dell’eterna giovinezza, ma ha accettato il passare del tempo.
Pamela Anderson era diventata celebre ben prima di Instagram, ma con le stesse regole di ingaggio: un video virale per diventare famosa. Nel 1989 mentre assisteva a una partita di football era stata inquadrata nel maxischermo con una maglietta della birra Labatt. Boato di apprezzamento dello stadio e contratto da testimonial nel giro di pochi giorni. Quindi arriva la prima copertina di Playboy a cui ne seguiranno altre 13 in cui la sua fisicità diventa ancora più prorompente grazie a due interventi di mastoplastica additiva. Coniglietta anche nel regime alimentare (è vegana), sosteneva che «Playboy mi ha salvato la vita, mi ha restituito la fiducia». Non lo diceva ma forse si riferiva alla sua adolescenza rubata (uno stupro a 12 anni, una violenza di gruppo a 14).
Poi è diventata la sex symbol con il costume rosso da supereroina hot che salvava bagnanti in difficoltà, sempre armata di «rescue can», il galleggiante da salvataggio che si vedeva solo in Baywatch. «Il lavoro più bello del mondo, non potevo credere di essere pagata per realizzare il mio sogno: vivere in spiaggia». Mica scema, a dispetto dell’immagine su cui giocava.
La vita privata è stata un’altalena, love is un colpo di fulmine con il batterista Tommy Lee che sposa quattro giorni dopo averlo conosciuto. Ma il record è con il produttore Jon Peters: love is fast, il matrimonio dura appena 12 giorni. Ma love is anche porno. E in America non sei una celebrità se non hai almeno un sex tape «spaccante» come direbbe il nostro Don Matteo-Don Giovanni Raoul Bova. Pamela Anderson ne ha due: quello che immortala come fosse il filmino delle vacanze la sua prima notte di nozze con Tommy Lee e un altro con il musicista Bret Michaels. In fondo, ci mancherebbe, love is free. Verità o leggenda, pare soffra di «eisoptrofobia», ossia la paura di vedersi allo specchio. E se una come lei è stata insicura sulla sua immagine, allora siamo tutti spacciati.
1 agosto 2025
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