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Un paio di mesi fa, a Pechino, era sparito Gao Shanwen, l’economista cinese che aveva definito falsi i dati economici del suo Paese. No, la crescita effettiva non sarebbe al 5% dichiarato dal governo – aveva detto Gao – ma sarebbe di poco sopra al 2%. E no, la disoccupazione giovanile non sarebbe al pur elevato 17%, ma intorno al 40%. Così Gao era sparito, e lo resta.
È passato poco tempo, ma non immaginavo che il prossimo cinese la cui scomparsa avrei raccontato avrebbe portato il nome di Xi Jinping.
Lui, sì: il segretario del partito comunista, il presidente della Repubblica popolare e presidente della Commissione militare centrale, giunto a un terzo mandato senza precedenti dai tempi di Mao Zedong. È sparito, all’età di 72 anni. Poi, chiaro, è riapparso. Ma non è normale che Xi faccia perdere le proprie tracce per ben due settimane e per due volte di seguito, fra maggio e luglio.
È anche la prima volta dal 2012 che Xi rinuncia al vertice annuale dei Bric: in Brasile, una settimana fa, non c’era. Ancora meno normale è che per ben tre giorni di seguito – fra il due e il cinque di giugno scorsi – il Quotidiano del Popolo e l’agenzia ufficiale Xinhua abbiano evitato di citare in qualunque modo il leader del Paese.
Curioso poi è il brusco calo – notato dagli osservatori – dei riferimenti al «Pensiero di Xi Jinping» quale principio-guida del partito nelle comunicazioni del Consiglio di Stato e del ministero degli Esteri. Cosa sta accadendo attorno al leader più potente della prima economia del mondo (in volumi di produzione) dai tempi di Deng Xiaoping?
Nessuno, dall’esterno, può saperlo. Non è affatto probabile che Xi Jinping stia per cadere come Mikhail Gorbaciov cadde nell’agosto del 1991. Ma qualcosa sta succedendo. Vediamo.
I generali scomparsi
Le sparizioni improvvise delle figure di vertice a Pechino sono l’equivalente cinese delle cadute «accidentali» dalle finestre dei manager in Russia. Uno dei gli ultimi casi notevoli è stato quello di Qin Gang, ministro degli Esteri fino a meno di due anni fa e prima ancora ambasciatore cinese a Washington. Sembra che la sua colpa fosse l’essersi legato in un rapporto con una donna cinese non pienamente approvata dal partito, quando egli viveva negli Stati Uniti. Le ultime voci lo danno come riemerso di recente nei panni di funzionario della biblioteca centrale del partito, a Pechino.
Ma quel che sta accadendo a Xi Jinping e ai vertici dell’esercito, di cui egli in teoria è il capo assoluto, appartiene a una categoria diversa. Perché negli ultimi mesi e con crescente intensità fra la tarda primavera e l’estate si sono concentrati molti eventi inusuali.
– Nell’esercito varie figure di vertice considerate storicamente molto vicine a Xi Jinping sono state oggetto di una serie di purghe.
– Lo stesso leader ha fatto perdere le proprie tracce in pubblico prima fra il 21 maggio e il 5 giugno e poi fra il 24 giugno e il 7 luglio.
– Al vertice dei Brics in Brasile, un gruppo di leader dei Paesi emergenti che Xi in persona ha sempre curato molto, per la prima volta il leader cinese ha rinunciato a presentarsi citando «sovrapposizioni nell’agenda» (al suo posto ha mandato il premier Li Qiang).
– Infine, come nota il canale indiano News 18 (che opera in collaborazione con la CNN), per tre lunghi giorni durante la scomparsa di Xi a inizio giugno i media ufficiali di partito non hanno minimamente citato il loro leader.
Strano, no?
Quattro indizi non bastano a decretare la fine o il declino del potere di Xi, giunto ormai a metà del suo terzo mandato e in teoria rieleggibile a oltranza. Ma sono abbastanza per sospettare che le prolungate difficoltà dell’economia e gli esiti contraddittori dei negoziati sui dazi con gli Stati Uniti di Donald Trump stiano producendo – forse per la prima volta – un indebolimento di Xi.
Le purghe ai vertici del potere in Cina sono continue e Xi Jinping per primo vi ha fatto ricorso per asserire il proprio potere. Anche questa volta la scelta di esautorare e punire certi generali potrebbe essere sua, eppure riguarda dei fedelissimi che Xi stesso aveva voluto in quelle posizioni. Di recente un analista cinese per l’Australian Broadcasting Corporation (un equivalente australiano della Bbc) ha osservato che dall’11 marzo non è più apparso in pubblico il generale He Weidong, il secondo militare più in alto nell’esercito e co-vicepresidente della potente Commissione militare centrale. Quanto al suo pari grado Xu Qiliang, è morto ufficialmente il due giugno scorso all’età relativamente giovanile di 75 anni, in circostanze mai precisamente spiegate. La sua dipartita si è consumata negli stessi giorni durante i quali il Quotidiano del Popolo e Xinhua avevano smesso di parlare di Xi.
Chi erano quei due generali? In He Weidong e Xu Qiliang, Xi Jinping sembrava aver trovato due uomini di fiducia per consolidare il proprio controllo sull’esercito. Prima ancora le purghe nell’esercito negli ultimi mesi avevano riguardato il capo dello staff della Marina Li Hanjun, l’ex generale di punta Liu Shipeng (poi al vertice della China National Nuclear Corporation) e un altro generale e membro della Commissione militare centrale di nome Miao Hua. Anche il generale Lin Xiangyang, capo del comando del quadrante orientale è saltato di recente.
Le accuse sono quasi sempre le stesse: «Sospette gravi violazioni della disciplina e della legge», cioè corruzione. È uno degli strumenti con i quali Xi Jinping ha consolidato il proprio potere negli anni ed è possibile che lui stesso abbia voluto le purghe dei suoi, reso paranoico come tutti gli imperatori per il timore di un tradimento. Ma un’altra possibilità è che a far saltare quei generali da sempre vicini al leader sia stato l’uomo che – con lui o forse oggi sopra di lui – è l’uomo più potente della Cina: Zhang Youxia (foto sotto con Vladimir Putin)

Il compagno d’infanzia
Chi è Zhang? Per Xi è il compagno di una vita; il generale più in alto in grado nel partito, che nel 2022 ha contribuito in maniera decisiva alla sua rielezione per la terza volta. Ma Zhang Youxia è anche il nemico più intimo di Xi. C’è un video che video mostra (minuto quattro) come in un importante plenum di partito quest’anno Zhang Youxia dà le spalle e non si prende neanche il disturbo di salutare Xi Jinping, quando invece un anno prima gli si rivolgeva ossequiosamente e gli rendeva omaggio.
Zhang Youxia è il massimo comandante militare del partito ed è vicepresidente (secondo solo a Xi) della Commissione militare centrale. Il padre di Xi e quello di Zhang hanno combattuto insieme nella rivoluzione a fianco di Mao; è quindi estremamente probabile che i due – che sono quasi coetanei – si conoscano dall’infanzia. Ma ora Zhang controlla fra le altre leve di potere anche l’ufficio che garantisce la sicurezza personale di Xi Jinping, in qualche misura facendo del capo del partito un suo potenziale ostaggio.
Le purghe nell’esercito potrebbero essere state avviate da Xi contro Zhang o da Zhang contro Xi.
Di certo esse denotano instabilità al vertice a Pechino, un indebolimento e una messa in discussione del potere incontrastato del segretario.
Non è passato inosservato che durante l’assenza di Xi in maggio-giugno si è tenuto un evento del Consiglio di Stato che – fatto inedito – non ha fatto alcun riferimento a Xi.
Perché tutto questo ci riguarda? Abbiamo già raccontato le difficoltà e le contraddizioni dell’economia cinese, del tutto squilibrata verso la produzione per l’export ma incapace di sostenere i consumi interni e l’occupazione giovanile. Di qui, anche, l’aggressione mercantilista all’Europa e all’Italia (ricordata sul «Corriere»).
Ora l’inasprirsi delle tensioni commerciali, con Donald Trump, non fa che complicare il quadro. Su questo sfondo non sorprende che al vertice del partito e dello Stato si rimetta di discussione la leadership di Xi: si è dimostrato incapace di riequilibrare l’economia, sostenere il reddito delle famiglie, rimuovere le macerie della terribile bolla immobiliare esplosa ormai da anni. Altre fazioni a Pechino vorranno regolare i conti con lui, non ultimi i riformisti moderati sostenitori dell’ex presidente Hu Jintao dallo stesso Xi umiliato pubblicamente nel 2022.
Vuol dire che Xi Jinping sta per perdere ufficialmente il potere? È probabile di no, resta un animale politico con nove vite. Ma sarà bene osservare le prossime curve.
14 luglio 2025
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